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Nicola Lupo

Fantasmi - Storiette paesane

422 FOTO DI BRONTE, insieme

Le carte, i luoghi, la memoria

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Voci di Bronte

Circa settant'anni fa a Bronte c'erano almeno sei personaggi caratteristici che potremmo definire minori, ma che rappresentano le voci di Bronte:


U Beccu

L'ultima bombetta che si vedeva in giro in paese a fine degli anni Venti era quella di don Antuninu u Beccu. Il quale era un signore anziano che in gioventù doveva essere stato un bell'uomo e che, allora, al tramonto, sembrava portare malvolentieri il peso di quella ingiuria che forse non meritava.

La bombetta, retaggio forse degli inglesi della Ducea Nelson di Maniace, era usata in paese dalle persone di un certo rango, ma io ne trovai diverse e di vario colore in casa di mio nonno paterno, in occasione del Carnevale del 1938 che rimase memorabile nei nostri ricordi, perché fu l'ultimo di un periodo di pace, di spensieratezza e di innamoramento.

Questo signore andava bofonchiando contro i ragazzini che di solito lo deridevano e per la bombetta e per il soprannome, anche quando essi non c'erano o non gli badavano.


U Bandiatùri

Il banditore era di Maletto da dove veniva a Bronte percorrendo i sei kilometri di strada a piedi, come del resto facevano quasi tutti i suoi concittadini, molti dei quali portavano a tracolla le scarpe che poi calzavano all'ingresso del nostro paese, e ciò naturalmente per non consumare su quella strada bianca e pietrosa quelle che erano le uniche scarpe della festa.

Salvatore u bandiaturi veniva a Bronte per far conoscere ai cittadini tutte le disposizioni delle autorità o i prodotti (per esempio il pesce) arrivati da fuori e in vendita in piazza. Per gli avvisi delle autorità la formula usata da Salvatore era la seguente: «Ordine superiore»... introdotta da un suono di trombetta e seguita da un rullo di tamburo, strumenti che portava appesi alla spalla.

A proposito della sua formula di comunicazione, gli si attribuiva un lapsus freudiano che gli aveva fatto invertire i termini, per cui invece di dire: per ordine dei superiori, chi ha porci li tenga chiusi, aveva detto: «per ordine dei porci, chi ha superiori li tenga chiusi !»

U su Savvaturi (il signor Salvatore) era privo di un occhio, perduto nella prima guerra mondiale sul Carso, ma aveva un fisico resistente a tutte le fatiche e alle intemperie, che lo faceva assomigliare a una statua lignea di quelle che si trovano in alcune delle nostre chiese.
Egli era il capofila di tutti gli ambulanti che si vedevano e si sentivano per le vie del paese, chi di giorno e chi di sera fino a tardi.


Il merciaio

Uno di questi era un giovane merciaio che girava di giorno per il paese reclamizzando la sua merce cantilenando: «Cipria, curdella, elasticu; haiu (ho) spirugghiatùri (pettinelle) e pèttini!»
Di lui si diceva che fosse un gran donnaiolo che assomigliava al venditore napoletano di spìnguli francesi della canzone omonima.


U Cutillèri

Un vecchio forestiero, dalla barba bianca e dagli occhi di brace, andava girando per vendere: «fòbbici (forbici) e coltelli di Campobasso», ma veniva sistematicamente spernacchiato dai numerosi calzolai che lavoravano al deschetto davanti alle loro botteghe. Al che il vecchietto, imperterrito, rispondeva con frasi oscene irripetibili.


U luppinàru

La sera entrava in scena il venditore di lupini, il quale, specie nelle serate invernali andava su e giù per la via principale proponendo i suoi lupini con una voce roca cantilenante: «U luppinàru! u luppinàru!» che metteva più tristezza che la sera fredda e piovosa.

Anche questo ambulante era forestiero, non so di dove, ed era massiccio e pure lui guercio, dal passo appesantito dalla bisaccia piena di lupini appesa a tracolla.


U Laccarìsi

Il sesto (fra cotanto senno) era anche lui ambulante, ma si fermava sulla via principale all'incrocio con la discesa del Municipio (vecchio) davanti 'a Saranèlla, per vendere carciofini lessi che teneva in un cuffìnu (grande cesto) coperto da uno straccio di sacco, affinché si mantenessero caldi e li reclamizzava con questa cantilena: «U vecchiu Laccarìsi (forse perché proveniente da Lercara Friddi, vicino Palermo?) 'a motti ru vinu/» per significare che essi si sposavano bene con un buon bicchiere di vino!

Questo venditore apparteneva ad una famiglia residente i cui membri si alternavano alla vendita, mentre gli altri componenti avevano curato la raccolta e le donne ne avevano effettuato la cottura.

Le suddette cantilene serali mi furono ricordate tanti anni dopo a Milano nell' inverno '40-41, dalla voce di una strillona di un giornale della sera, che si diffondeva nella notte buia, fredda e piovosa di una città, oscurata per la guerra, ovattata dalla nebbia e che metteva una tristezza infinita!






 

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"U bandiaturi"
Una rarissima foto scat­tata nel 1890: ritrae due banditori pubblici lungo il Corso Umberto di Bronte.




MESTIERI E FIGURE D'ALTRI TEMPI
(di F. Cimbali)






Un saccu 'i luppini



Piccolo vocabolario brontese di N. Lupo


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Nicola Lupo: "Fantasmi"