Con questa definizione, Sciascia intendeva condensare l’aspetto mutevole e cangiante di questa terra ricca di storia e di mistero, difficile da interpretare perfino da quelli che in essa hanno trascorso un’esistenza intera. È impossibile, infatti, sintetizzare i mille volti dell’isola: chiunque trascorra del tempo tra le sue ricchezze porterà comunque con sé una convinzione: la Sicilia è un luogo dell’anima, che ognuno avrà dentro, per sempre. Eppure, è possibile operare una semplificazione. Esistono, infatti, oltre tutto e sopra tutto, due Sicilie. La prima è quella della costa, del mare, quella che vive nell’immagina rio collettivo dei continentali, come qua definiamo coloro che vivono oltre il limite di quel braccio di mare che è lo Stretto di Messina. La seconda è, invece, la Sicilia più vera, quella attraverso cui è possibile cogliere la sua stessa essenza, quella che altri brillantemente definirono sicilitudine: è quella della montagna, dell’entroterra, della campagna, dove il mare è un sentore astratto e distante, attraente e pericoloso insieme per coloro che, vivendone lontano, ancora oggi, non l’hanno mai visto. E, tra le montagne siciliane vive la muntagna per antonomasia, il venerabile Etna, il più emblematico abitante dell’isola, con la sua natura fatta di fuoco, silenzio e fatalismo. All'ombra dell'Etna
Salendo sul pendio lavico della zona nordovest, tra i campi giallastri nella pianura e i boschi cupi sui fianchi dell’Etna (per utilizzare la descrizione che ne fa Verga) ci si imbatte nell'abitato di Bronte, che dall’alto dei suoi 800 metri domina l’alta valle del fiume Simeto. Con i suoi 20 mila abitanti, Bronte è uno dei comuni più estesi della provincia di Catania, città da cui dista una cinquantina di chilometri. All’osservatore che si trovi a godere dello splendido panorama offerto da questa collina si mostrano, ovunque volga lo sguardo, lo spettacolo dei monti Nebrodi e le immagini della lussureggiante e variegata campagna siciliana che, senza soluzione di continuità, si proietta verso il cielo. Costituito nel 1535 su un nucleo originale di 24 casali, secondo la tradizione il paese prenderebbe il nome dal figlio di Nettuno, il ciclope Bronte, che in greco vuol dire "tuono", con evidente riferimento alla vicinanza dell’Etna. Il centro abitato ha una pianta geografica irregolare, con strade tormentose ed arabeggianti, ripide scalinate, case addossate le une alle altre. È attraversato da corso Umberto, con le sue caratteristiche basole squadrate in pietra lavica, la prima strada che si incontra venendo da Catania. Tutt’intorno, ulivi, aranci, fichi d’India, mandorli, castagni, noccioli, viti, peri convivono su un suolo contraddistinto da terre vulcaniche e argillose. La capitale del diamanti virdi
Ma Bronte è famosa soprattutto per essere la capitale mondiale del pistacchio puro, dal tipico colore verde smeraldo. Nell’ostile terreno sciaroso, anche dove successive eruzioni hanno ricoperto il territorio di roccia lavica, i contadini brontesi sono riusciti ad impiantare alberi di pistacchio che crescono rigogliosi: anzi, proprio in questo habitat, proibitivo per qualsiasi altro tipo di vegetazione, si produce la migliore qualità di pistacchio presente sui mercati mondiali. La pianta, contorta, dalla corteccia rossiccia che diventa grigia quando è adulta, trae alimento quasi miracolosamente dalla pietra lavica, bonificata dalla cenere espulsa continuamente dal vulcano. Per ovviare alle difficoltà di raccolta dettate da questi terreni impervi, ai pistacchieti etnei è imposto un ciclo di produzione biennale. Le piante di pistacchio fruttificano solo una volta ogni due anni e i pistacchi vengono raccolti tra settembre e ottobre, con un metodo antico, tramandato di padre in figlio. I chicchi vengono staccati rigorosamente a mano, uno ad uno, tenendosi in equilibrio fra i massi di lava nera, con sacchi di tela legati al collo. Dopo la raccolta, i frutti vengono privati del mallo e lasciati asciugare al sole per cinque o sei giorni, quindi messi in contenitori nuovi di juta, carta o polietilene. Il risultato di tanta fatica viene presentato ogni autunno, in occasione della Sagra del Pistacchio, allestita in alcune piazze e vie del centro storico, tra il quartiere Annunziata e corso Umberto. Si tratta, senza dubbio, della più popolare manifestazione organizzata dall’Amministrazione Comunale, che ogni anno porta nel paese etneo moltissimi turisti. Ad attrarre è il carattere stesso dell'evento che, per quattro giorni tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre, trasforma Bronte in un luogo unico, dove vengono ricreate alcune ambientazioni tipiche dell’antica civiltà contadina. La Sagra del Pistacchio
A segnare l'inizio della Sagra è il consueto appuntamento a viale Catania, tra i discorsi del sindaco, le grida entusiaste dei bambini e la musica della banda, immancabile segno di festa per ogni paese siciliano che si rispetti. Subito dopo, prendono il via di concorsi di pasticceria e gelateria, convegni, mostre, sfilate, esposizioni, parate, spettacoli musicali, folkloristici e di teatro di strada, allestiti tra le bellezze artistico architettoniche del centro storico. |