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Le continue trasformazioni ne hanno stravolto l'aspetto originario Il Monumento ai Caduti, Il Teatro Comunale, Santa Scolastica, Il Viale di Rimembranza Alcune immagini (antiche e nuove) dell'aspetto e delle trasformazioni subite dalla Piazza dedicata a Nicola Spedalieri (prima denominata Largo del Monastero di Santa Scolastica) il luogo simbolo della vita sociale brontese, delle feste e di tutte le manifestazioni pubbliche. L'immagine più antica è riportata a destra: presumibilmente è della prima metà del 1800; non vi si vede, infatti, ancora sulla sinistra il Teatro comunale completato sotto la sindacatura di Antonino Cimbali nella seconda metà dello stesso secolo (clicca sull'immagine per vederla in una buona risoluzione e colorata). |
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Non vide mai la luce e finì in una lunga controversia fra l’impresa appaltatrice ed il Comitato Il monumento ai caduti della Guerra del 1915/18 non ebbe, come abbiamo visto, una buona fortuna. Alla fine servì per fare cannoni ed oggi ne restano solo poche rovine accatastate alla meno peggio accanto alla Chiesa di S. Silvestro sotto un arco che sembra stato costruito apposta per deturpare la linea armoniosa dell'antica "Batìa". Peggiore fortuna ebbe anche un'altra idea nata subito dopo la guerra per ricordare i caduti: il Parco (o Viale) di Rimembranza. La proposta di creare in tutti i centri abitati d’Italia un Parco o un Viale della Rimembranza, per ricordare e onorare i caduti della prima guerra mondiale, fu lanciata nel 1922 dal Ministero della Pubblica Istruzione. Un manifesto dell'epoca (foto a destra) che ne pubblicizzava l’iniziativa portava la pomposa scritta «Le madri, gli eroi, i pietosi alberi simbolici e il nostro santo tricolore, sono altrettanti amori che fecondano e maturano in petto il nuovo destino della Giovinezza Italiana» (in ricordo e onore di S.E. Dario Lupi ispiratore sapiente della gentile iniziativa). «... Noi - scriveva il Radice nel 1923, in un articolo ("I viali della Rimembranza") pubblicato su L'Ora di Palermo, - dedichiamo ai nostri eroi, morti nella grande guerra del mondo, viali e parchi, vivi monumenti, più venerandi, più perenni della fragile opera dell'uomo, che la natura, artefice e suprema immortale innalza, alimenta, nutre colla sua linfa divina, come la madre nutre i suoi nati. Ogni albero mormora un nome, ogni albero ci narra il glorioso trapasso dell’eroe, il giorno e il luogo ove cadde anelando alla vittoria. E visioni di battaglia passano innanzi agli occhi: corruscare d’armi, tuonare d'artiglierie; accorrere ansante di truppe agli assalti delle trincee; drappelli sgominati, sbandati ripiegare sotto l’urto incalzante del nemico; ambulanze e carriaggi di munizioni, di membra stroncate, maciullate, squassate rotolare per vie sconvolte; l'Isonzo e il Piave scorrere colorati in rosso; monti sforacchiati come corpi morali, rosseggiare il Montesanto, il Sabotino, il Faiti, il Veliki, il Grappa e tutti i calvarii della nostra redenzione; fumare di sangue italico la terra di Francia; fra alalà di gioia echeggiare la vittoria (...). O santa “primavera di bellezza”! o passione o martirio glorioso d'Italia! E la piantagione si faccia nel giorno della nostra vittoria, piantagione sacra, augusta, non meno sacra della seminagione a cui con religione intendono i sacerdoti di Cerere, gittando ai solchi i semi della messe futura. E non si pongano funebri cipressi, né lacrimosi salici, ché luoghi di morte non son questi ma querce, palme cedri simboli di perennità, di robustezza, di vittorie. E vi crescano lauri innaffiati di lacrime materne e di lacrime di vedove per farne corone e appenderle agli alberi degli eroi; vi crescano gigli e d’ogni generazione fiori per imbalsamare con tutti gli odori la loro memoria. Nessuno schianti, nessuno scerpi l’albero sacro, nessuno osi porre la scure sull’albero che si illumina di affetti, di ricordanze eroiche di gloria; la patria lo vieta, griderebbe al sacrilegio....». Non c'è che dire, una bella tiritera di patrio eroismo quella del Radice. Ma quelli erano i tempi e lo storico brontese credeva a quel che scriveva e si impegnò, infatti, strenuamente per la realizzazione del Monumento ai caduti e del Parco di Rimembranza, una iniziativa sorta in Italia nel 1922 e voluta dal Governo dittatoriale fascista. Del primo sappiamo come andò a finire. Il secondo non vide nemmeno la luce ma ce ne dà qualche ragguaglio Franco Cimbali. A Bronte, il luogo dove doveva sorgere era stato identificato allo Scialandro, dove oggi c’è la Villa comunale (foto a destra). Il progetto, redatto dall’ing. Salvatore Russo, era pronto sin dall’Ottobre dello stesso anno. Nel Dicembre successivo si era costituito un Comitato composto da 22 nominativi (presidente il rettore del Capizzi sac. Vincenzo Portaro). Nel Settembre del 1924 nell’Aula Magna del Real Collegio Capizzi si era espletata la gara di appalto, a mezzo di asta pubblica, delle “opere di costruzione, muri di cinta del ingresso principale con cancello in ferro” per un importo di Lire 8.154,25. Vinse la gara il Diolosà con un’offerta al ribasso di L. 7.700. I lavori, consegnati ufficialmente un mese dopo, il 21 Ottobre 1924, dovevano essere portati a compimento “entro 60 giorni, penalità di L. 10 per ogni giorno di ritardo”. In conclusione, non c’è dato sapere a chi delle due parti in causa la Corte di Appello di Catania, II Sezione, abbia dato ragione nel 1928. Il Parco non venne realizzato e l’iniziativa che si proponeva di rendere onore a coloro che alla Patria avevano offerto la propria vita finì nel dimenticatoio.» (aL) | ||||||
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