La chiesa, a navata unica rettangolare (vedi mappa a destra), ha otto altari e due Cappelle, l'una dirimpetto all'altra, un presbiterio quadrato ante coro, e in fondo al coro uno stupendo arco (della stessa pietra arenaria della porta d'ingresso) che racchiude le due statue della Madonna e dell'angelo. Nella chiesa sono custoditi capolavori d’inestimabile valore: opere di gusto rinascimentale degne di essere segnalate fra le espressioni artistiche più belle della Sicilia. La navata, con soffitto a cassettoni policromi con dorature, è interrotta dagli ingressi di due cappelle dedicate al Cristo alla Colonna e a San Giuseppe. Il transetto a pianta quadrata che precede il coro è sormontato da un tamburo circolare finestrato su cui si erge la cupola. I grandi archi delle cappelle e degli altari, che simmetricamente adornano le pareti, sono ricchi di plastici ornamenti e racchiudono preziosi quadri. Gli altari
Tutti gli altari sono adornati da grandi ed artistiche opere d'arte. Molto bello il quadro della Madonna delle Grazie con Santi (del 1646, attribuito a G. Tommasio, posizione n. 11 nella mappa a destra). Notevoli anche il quadro di Gesù e Maria (n. 7), primo e secondo entrando da sinistra, e quelli, posti ai lati dell'entrata dirimpetto all'altare maggiore che rappresentano Sant'Orsola (n. 13, del 1580) e la Madonna degli Angeli (n. 14) con S. Francesco e Santa Chiara e fra di loro il paese di Bronte salvato dall'ira devastatrice dell'Etna (l'opera, del pittore Tommasio, è del 1650). Di tutti vi diamo di seguito un breve cenno Entrando, da destra si trovano
il dipinto della Madonna degli Angeli (vedi n. 14 nella mappa a destra). Raffigura la Vergine, seduta su una nube ed incoronata dagli angeli, che tiene ritto sulla gamba sinistra il Bambino benedicente. Inferiormente, vestiti del saio francescano i due santi di Assisi: S. Francesco e Santa Chiara (raffigurata anche in un bassorilievo della cappella di S. Giuseppe) e, in basso al centro, uno scorcio del paese di Bronte miracolosamente salvato dalla furia dell'Etna. La tela misura 276 cm x 170 ed è opera del pittore Giuseppe Tommasi (1610-1672) da Tortorici, come si legge in basso a sinistra nel quadro: "Joseph Thomasius pingebat 1650". Un altro bel quadro di G. Tommasi (S. Benedetto) è conservato nella chiesa di San Silvestro, mentre in quella di Santa Maria della Catena trovasi il Martirio di Santo Stefano, una copia eseguita nel 1876 da Agostino Attinà da un originale di Giuseppe Tommasi del 1646. Subito dopo, nella parete laterale (dove un tempo era la porta del campanile) si trova l’altare della Natività di Gesù con l'omonimo quadro (n. 12 della mappa); l'altare di San Martino di Tours (punto 8) con un bellissimo dipinto di San Martino (raffigurato ai piedi della Madonna tra San Giacinto e Santa Barbara). Scrive il Radice nelle sue Memorie... che il quadro è stato «fatto per incarico del procuratore Sac. Giacinto Naviga. Alla sinistra di S. Martino è Santa Barbara, a destra è S. Giacinto, nella parte bassa del dipinto è uno stemma: una barca a tre remi, che naviga nel mare in tempesta; parte dell'iscrizione è coperta dalla cornice, solo leggesi: D. Hiacyntus P. Viator fieri curavit. Quel "P." s'interpreta Pelagi viator, e significherebbe il nome "Naviga: capricci del reverendo che ha artisticamente simboleggiato il suo nome.» la cappella del Cristo alla Colonna (numero 6 della mappa, qualcuno scrive che preesisteva alla costruzione della chiesa) e l’altare di S. Ignazio di Lojola (4), racchiuso dentro un pregevole arco di gusto rinascimentale, con la statua settecentesca. Degna di nota l'artistica testa del Santo: rappresenta, particolarmente negli occhi, un mirabile esempio di perfezione raffigurativa. Il quadro, appeso in una nicchia subito dopo l'altare di S. Ignazio, rappresenta Santa Apollonia, la Patrona dei dentisti e di coloro che soffrono di mal di denti. Proviene, probabilmente, dalla ormai scomparsa chiesa di S. Maria della Venia o della Vina, un piccolo santuario (così lo definisce B. Radice), posto un pò più su del cimitero, dove esisteva un altare dedicato a Santa Apollonia. E' opera, come si legge, in basso al centro, di Sebastianus Calanna. A sinistra della navata si vedono
L'altare con il quadro di Sant'Orsola del 1580 (posto nella parete accanto alla porta, n. 13 nella mappa). La Santa, attorniata dalle sue compagne e da Papa Ciriaco, secondo l'iconografia tradizionale è rappresentata come una principessa, in abiti regali, con la corona in testa e con un vessillo bianco con croce rossa, come segno di vittoria sulla morte per mezzo del martirio. Nella parte destra in basso il pittore (Sebastiano De Torres per p. G. De Luca) ha dipinto il suo autoritratto nell'atto di pregare (foto a destra). L’altare della Madonna della Grazie (primo altare a sinistra, vedi n. 11): molto bello il quadro, del 1646, attribuito a Giuseppe Tomasio; raffigura la Madonna con, ai suoi piedi, a sinistra Sant'Andrea apostolo e S. Benigno di Digione, prete e martire, e, a destra, S. Domenico e S. Francesco. «Credo - scrive il Radice - che autore del dipinto sia quel Giuseppe Tommasio, che in quel tempo dipinse il bel quadro di S. Benedetto nel Monastero di Santa Scolastica e i quadri di S. Filippo Neri e di S. Stefano alla Chiesa della Catena.» In basso a sinistra il pittore ha dipinto ai piedi di Sant'Andrea il ritratto del cappellano della chiesa e committente del quadro, il sac. D. Francesco Lazzaro, con questa epigrafe: "c opus fieri fecit rev. Dominus Franciscus Lazzaro 1646". Con questo suo nobile gesto, in qualche modo, questo mecenate vive ancora e noi ve lo mostriamo nella foto a destra. Per altro D. Francesco Lazzaro è colui che, con atto solenne datato «Die 29 Julii X Ind. 1642 in civitate Montis Regalis» ricevette la reliquia del Santo Capello da «exponersi in detta Chiesa dell’Annuntiatione di essa terra, e conducerlo processionalmente quante volte sarà necessario, acciò sii adorato e venerato dalli fedeli dell’uno e dell’altro sesso, tanto in detta Chiesa, quanto in tutte e qual meglio altra Chiesa di detta terra.» L'altare di Gesù e Maria (punto 7) con l'omonimo dipinto che simboleggia la Redenzione (vi sono riprodotti tutti i simboli della Passione di Cristo). la Cappella di San Giuseppe (foto a destra, n. 5 della mappa): i due bassorilievi, alla base delle colonne laterali, rappresentano a sinistra Sant'Agnese (raffigurata iconograficamente con la palma del suo martirio e un agnello in braccio ) e a destra Santa Chiara, che nella mano sinistra tiene una lanterna (il suo simbolo) e con la destra mostra tre dita a simboleggiare la Santa Trinità (Santa Chiara è anche raffigurata con S. Francesco nel quadro della Madonna degli Angeli); da ammirare nella parte frontale dell'altare un delizioso bassorilievo raffigurante la "fuga in egitto". L’altare di San Michele Arcangelo (foto a destra, n. 3 nella mappa) con un pregevole arco d’elegante stile barocco; i due bassorilievi, alla base delle colonne laterali, rappresentano, sorretti da due angeli, S. Ignazio vescovo di Antiochia (a destra), e S. Policarpo vescovo di Smirne (a sinistra). La statua dell'Arcangelo richiama tanto l'omologa statua della chiesa Matrice ed a tutte e due le statue si ispira l'arcangelo (impersonato da un bambino) che al monotono ritmo di un tamburo, apre ogni anno la processione del Venerdì Santo. subito dopo l'altare di S. Michele Arcangelo trovasi la porta d'ingresso della sacrestia (2). In fondo al coro si erge l’altare maggiore dedicato all’Annunziata (1). La Cappella del Cristo alla colonna (6), detta prima la cappella della disciplina o dei flagellanti, un tempo si apriva con il prezioso arco di travertino che oggi, smontato e rimontato nell'altare maggiore tra la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni 90, fa da cornice al gruppo marmoreo dell'Annunciazione. Nella nicchia dell'altare si trova la bella statua del Cristo alla colonna, secondo alcuni proveniente dalla chiesa del SS. Cristo, sopra San Vito, sepolta dalla lava. La tradizione dice che sia opera di un pastore brontese. Scrive il Radice che «…essa è di carta pesta, ma la leggenda popolare vuole che sia di legno, fatta da un pastore brontese, al quale, tre giorni dopo aver finito la statua, apparve il Cristo in sogno; e quegli mori dalla contentezza, colla promessa del paradiso per averlo scolpito bene». La statua mostra in grandezza naturale il Cristo con le mani legate dietro la schiena ad una colonna, il corpo piagato e sanguinante ed il viso pieno di umana sofferenza. Evoca con grande realismo il dramma della passione; ogni anno, nella processione del Venerdì Santo viene portata a spalla, su un pesantissimo fercolo in legno; precede le altre statue statue del Crocifisso, del Cristo morto e dell’Addolorata. Accanto alla cappella si trova un balconcino ligneo rettangolare sostenuto da grossi mensoloni all’altare e, sulla sinistra, un pulpito ligneo con baldacchino. |