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Vincenzo Schilirò

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Vincenzo Schilirò, Educatore e Letterato

(Bronte 1883 - Catania 1950)

di Nicola Lupo

8. Altre opere di Vincenzo Schilirò


LA «ANTOLOGIA MIGNOSIANA»

Dall'Antologia Mignosiana ricaviamo le seguenti notizie: in primo luogo quelle sulla vita e le opere del Mignosi e poi una scelta di brani di esse, suddivisa fra narrativa, filosofia, poesia e critica.

Pietro Mignosi nacque e Palermo il 28 giugno 1895. Rivelò fin da ragazzo vivido ingegno e carattere ardente. Il movimento democristiano lo ebbe, nell'anteguerra (1915-18) animatore di svariate iniziative, presidente di circoli giovanili, campione fedele e battagliero. Conseguita la licenza liceale, egli si presentò, per desiderio del padre, al concorso per le segreterie e cancellerie dello Stato, riuscendo primo in gra­duatoria. E, nonostante gli impegni derivantigli dall'ufficio assunto, seguitò ad attendere agli studi universitari, che interruppe solo nel 1916, quando venne chiamato sotto le armi.

Durante la grande guerra, tanto deprecata dal suo magnanimo cuore di cristiano, fece intero il suo dovere, da ufficiale intrepido e perspi­cace. Lo scoppio di una granata lo ferì gravemente ad una gamba e ad un orecchio, cui causò la rottura del timpano e una lunga otite purulenta.
Appena laureato vinse la cattedra di storia e filosofia nei Licei, e cominciò ad insegnare nel Vittorio Emanuele di Palermo, dove svolse la sua brillante carriera, amato dagli alunni e stimato dal suo Preside, che gli fece conferire il merito distinto.

Il suo ritorno alla filosofia cattolica, dopo le giovanili esperienze bergsoniane ed hegeliane, lo rese inviso agli alti papaveri dell'idealismo nostrano: e, se non gli ostacolò il conseguimento della libera docenza, lo tenne fuori dal ruolo universitario.
Ciò non fu gran danno per Pietro Mignosi, che, libero da ogni impaccio accademico, ebbe miglior agio di guadagnarsi, con la penna e con la parola, le simpatie dell'Italia colta. Parlatore facile e scrittore inesauribile, fece notare la sua presenza in tutti i campi del pensiero e della letteratura, nei congressi di filosofia e nell'apostolato dell'Azione Cattolica, nell'attività giornalistica e nei convegni dell'Associazione italiana per l'Oriente Cristiano.

Nel 1928 fondò la rivista «La Tradizione» strumento di efficace penetrazione che cominciò a creare degli utili e vivaci contatti fra la cultura religiosa e quella laica.

Logorato dalle eccessive fatiche e assalito da disturbi nervosi che troppo tardi lasciarono comprendere la insidiosa gravità del male, egli, con dolce e fraterna violenza, addossò la rivista, sua creatura prediletta, a Vincenzo Schilirò che stimava il più vicino al suo pensiero e alla sua anima, e nell'estate del 1936 si trasferì a Milano, con la speranza di potersi rimettere in salute. Ma non seppe, nella metropoli lombar­da, moderare il suo lavoro (accettò anzi un altro incarico presso l'Università del S. Cuore) e le sue condizioni precipitarono.

Si spense cristianamente, come cristianamente era vissuto, il 15 luglio 1937.

Delle opere di narrativa del Mignosi lo Schilirò propone e commenta brani di Perfetta letizia (capp. X-XI, XXXII, XLIII, di Gioia d'Agave il cap. IV e poi le novelle Il novizio e Il professore.



 










Pietro Mignosi

Del Mignosi filosofo espone: Filosofia e verità, Coscienza e contrarietà, Soggetto ed oggetto, Fede e conoscenza, L'illuminazione poetica e Il primato della poesia.
Delle poesie del Mignosi vengono presentate: Poesia, Peso, Bestemmia, Speranza, Figlia, Tempi di primavera, Estate, Autunno e Inverno.
Del Mignosi critico letterario sono citati i seguenti lavori: Preparazione del romanticismo italiano, Romanticismo e Risor­gi­mento, La personalità del Carducci, Borgese al bivio, Moralità e oggettivismo manzoniano, Superamento del crocismo, Il segreto di Pirandello, Pippo Rizzo, e Schilirò o della poesia nova.

Dal che si evince la grande affinità con lo Schilirò e la sua, quasi diretta, derivazione da quest'ultimo per quanto riguarda gli argomenti letterari Romanticismo, Carducci, Pirandello ecc.

Il libro dà l'impressione sintetica della varietà dell'opera mignosiana, ma il carattere di frammentarietà proprio di ogni antologia non permette che di intravvedere soltanto - specialmente per quel che concerne la narrativa e la filosofia - il grado a cui è salito lo scrittore. E una degustazione saporosa, ma che alla fine lascia insoddisfatti, perché viene meno bruscamente, quando già si cominciava a pigliare gusto. L'effetto, quindi, è che siamo spinti a ricorrere al libro da cui i brani sono stati tratti. Il che non è piccolo successo dell'Antologia, anzi è l'intento principale del compilatore.

La narrativa del Mignosi procede con una concretezza espressiva che è l'effetto di uno sguardo realistico posato sulle cose. [...] Il Mignosi reagisce apertamente al frammentario intimismo e autobiografismo, insinuandosi in tanta parte della letteratura narrativa contemporanea. L'ansia di realismo e di oggettività [...] si traduce in un'arte la cui fisionomia è data dalla evidenza e plasticità delle rappresentazioni. In essa le cose hanno un' importanza e un risalto tutto particolare, si illuminano di una luce viva che le colpisce in pieno, le fruga implacabilmente, ne mette in rilievo le dimensioni e la massa. [...]

Tutta la vita dei personaggi, anche la più segreta e la più fonda, è trasfusa nei loro discorsi e riprodotta dalle loro azioni. Si direbbe che le persone vengano trattate come se fossero cose anch'esse. Ma il realismo della narrativa mignosiana non si ispira ad un motivo aridamente naturalistico [...]. Alla radice di esso si trova un motivo profondamente cristiano [...], il senso della carità.

Il processo dell'arte mignosiana ha [...] una certa parentela coll'arte di G. Verga e di L. Pirandello. Il Verga, davanti al mistero della sofferenza, rimane chiuso in una disperazione muta e contenuta, che gli ispira quel narrare scarno e ferrigno, tragica­mente calmo e interiore. Sorgono, così, creazioni di una grandiosità eschilea. Nel Pirandello il senso penoso della contrad­dizione insita nel mondo delle creature umane, il dissidio tragico tra l'elevatezza della creatura intelligente [...] e la sua effettiva condizione, dà luogo ad un dramma che si condensa tutto nella ironia. [...]

Il Mignosi riesce ad evitare quel tono di accasciante nichilismo che così spesso intride le pagine pirandelliane [...] e coglie e rappresenta non poche volte con una sottile, ma incisiva punta di caricatura, le deficienze e le limitatezze della creatura umana, per superare l'angustia delle apparenze meschine. [...] Egli ha un senso più concreto del dover essere, perché è più distaccato dal mondo che non Verga e Pirandello. Egli ha saputo trovare la via della liberazione abbracciando una concezione più integralmente religiosa. [...]

La poesia mignosiana, quantunque non sviluppi gran varietà di motivi, è suggestiva per la purezza di sentimento pensoso che la investe, perciò dobbiamo essere grati allo Schilirò del piacere che con la sua Antologia ci procura. Poesia scavata nella tenace pietra grigia, poesia dall'andamento umile, dal profilo nobilmente ascetico, luccicante di bontà dolcemente virile. di compren­sione e di tenerezza.
Quella linea scarna, quel tono brunito, sono l'espressione di un sentimento profondamente religioso, chiuso nel suo lirismo diamantino che ripugna ad ogni contaminazione retorica.
La filosofia del Mignosi meriterebbe più lunga considerazione che non sia possibile qui dedicarle. È istruttivo seguire, nelle varie opere, l'evolversi del suo pensiero, che va laboriosamente conquistando la posizione realista. Meravigliano sempre - anche se qualche volta non persuadono - quella vivacità dialettica, quelle ardite escursioni attraverso tutti i sistemi, quegli audaci accostamenti di cui si intessono i suoi libri filosofici.
Contro il principio dell'idealismo [...] il Mignosi insiste nell'opposizione [...] esistente fra pensiero e cosa, tra conoscente e conosciuto. [...] Su questo fondamento, il Mignosi costruisce la sua dottrina della verità di fede e della verità di ragione [...] per arrivare alla stessa verità: meglio dire, secondo il Mignosi, verità secondo la fede e verità secondo la ragione. [...]

Anche la teoria dell'arte, proposta dal Mignosi come rivelazione, ci sembra che si appoggi su di un fondamento filosoficamente poco stabile. Egli si rifà alla concezione platonica dell'arte, intesa come retto e verace intuito [...], perciò l'atto logico e l'atto estetico differiscono per il Mignosi, non per l'oggetto proprio [...] ma solo per i mezzi, con cui raggiungono la stessa conoscenza. [...] La concezione è tipicamente platonica [...] e l'illuminazione diretta della ragione apparisce contraddittoria e trascina nella sua caduta anche quella rivolta alle cose. [...]
L'argomento è così ampio e complesso, da richiedere una trattazione a parte. Qui abbiamo voluto soltanto accennarla, per mostrare a quanti problemi apre quest'antologia.[1]

[1] G. Croci S.J., In mar­gine a un'An­tologia Mignosiana, in «La Civiltà Cattolica», 20.1.1940.

Leggiamo ora cosa scrive su questa antologia Antos nel suo manoscritto:

Antologia Mignosiana
(Società Editrice Internazionale, giugno 1939)

Il titolo dice già che questo è un lavoro unilaterale, in quanto cioè intende far conoscere il Mi­gno­si nella sua molteplice e indefessa attività. A riuscir a questo scopo, lo Schilirò premet­te a ogni categoria di quell'attività una specie di prefazione: quattro articoli del Casnati, di se stesso, lo Schilirò, del Castiglia e del Magrì -, tratto dal numero unico, che «La Tradizione» dedicò a Pietro Mignosi dopo la morte. La più bella commemorazione che se ne potesse fare.
L'articolo dello Schilirò (pp. 81-90) è un'abile presentazione del pensiero del Mignosi in quanto filosofo. Dico abile; perché, a dir la verità, Mignosi fu sì, un pensatore; ma il suo pensiero - o ch'egli parlasse o scrivesse - rimase sempre avviluppato in una dialettica, ch'egli mutuò sem­pre, fino all'ultimo giorno, dai moderni pensatori, specie dagli idealisti, non sappiamo se fosse riuscito a rinunziare in tutto col suo formale ritorno alla tradizione italica.
E chi non conosca nulla delle opere filosofiche di lui, resta preso da ammirazione per le sue idee, quali vengono esposte dallo Schilirò che vi spiega tutta la dovizia della sua dialettica lim­pida ed avvincente e dello stile venato di quella poesia, che avvolge il pensiero del Mignosi e lo fa chiaro ed amabile.
Per tutti - anche per coloro, che non conoscono nulla del Mignosi - è bella e interessante la prefazione dello Schilirò a tutto il volume.
Qui, se pur è ricordata e illustrata sobriamente la varia attività del Mignosi, c'è però soprattutto un articolo che varrebbe una vera commemorazione.
Lo Schilirò l'ha scritto quando il lutto recen­te e le lagrime sulla bara dell'amico sono passati, e restano in una commozione com­pas­sata e serena i ricordi di lui.
Perciò il lettore può lasciarsi facilmente avvincere dalla verve che scaturisce spontanea dalla narrazione dei vari episodi, che a volta a volta riguardano l'uno o l'altro amico o tutt'e due. E la narrazione forma una delle parti più belle e aggiornate, che siano uscite dalla penna dello Schilirò.
È pertanto mia ferma convinzione che Mignosi sarà sempre ricordato o magari conosciuto per questa e per altre pagine, che lo Schilirò gli dedicò ne «La Tradizione» con animo sempre fraterno. [13.11.1943. S]

La seguente lettera del 7.9.1939 può essere definita «de ami­ci­tia», perché lo Schilirò racco­manda alla Negri un nipote del Migno­si perché ottenga la cattedra di Storia e Filo­sofia a Mila­no per poter stare vicino alla zia vedova. E chiude con un accenno alla «tragedia che incombe sul­l’Euro­pa» (infatti la seconda guerra mondiale era scop­piata sei giorni prima!).
Eccone il testo completo:

Catania, 7.9.1939
Mia buona amica,
scusatemi se vengo a tediarvi spinto da un caso pietoso.
Il nipote della vedova Mignosi, Manlio Buccellato, ha vinto, tra i primissimi, il concorso di Filosofia e Storia presso i Licei e ha chiesto per sede Milano, per non lasciar sola la zia.
Pare che cattedre vacanti ve ne siano a Milano, e che il Buc­cellato, data la classifica raggiunta, possa essere ac­con­ten­tato. Vogliate dunque spenderla qualche vostra effica­ce parola.
Iddio ve ne ripagherà. Vi accludo, a ogni buon fine, la let­tera della Vedova.
lo sono tuttora sofferente e penso con rammarico al viag­get­to fallito. Ma che cosa sono le nostre sofferenze a confronto della tragedia che incombe sull'Europa?

Vogliatemi bene e credetemi vostro dev.mo e aff.mo

V. Schilirò


 NICOLA SPEDALIERI E LA SUA CONCEZIONE DEL DIRITTO

Nicola Spedalieri fu congeniale a Vincenzo Schilirò, perché egli fonda il diritto sulla natura sociale dell'uomo, concetto base dello Schilirò che lo applicò in tutta la vita con la sua lotta, il suo lavoro e le sue numerose opere di vario genere.

La recensione di padre Brucculeri S. J. de «La Civiltà Cattolica» parla non solo di questo, ma contrappone lo Spedalieri a Hobbes e a Rousseau e rileva che ci sarebbe voluto maggiore approfondimento di alcune concezioni spedalierane.
Vediamo il testo integrale della breve ma dotta critica:

V. Schilirò, Nicola Spedalieri e la sua concezione del diritto,
SEI, Catania 1940, in 16°, 136 pp., L. 6.
Il prof. Schilirò in questo lavoro ci dimostra come il grande Siciliano Nicola Spedalieri seppe fondare il diritto sulla vera sua base: sulla natura sociale dell'uomo. Saldo su questo perno lo Spedalieri sfuggì alle esecrabili sequele dell'Hobbes e del Rousseau, dei quali il primo è costret­to a giustificare il più esoso assolutismo, mentre il secondo distrugge la società coll'individualismo.
Buon lavoro questo dello Schilirò che invoglia a studiare le opere dell'eminente pensatore brontese. Alcuni punti discutibili della concezione spedalierana meritavano un esame più approfondito.
Lo studio è preceduto da un capitolo biografico sullo Spedalieri e seguito da alcuni articoli di occasione, scritti dallo Schilirò in difesa di lui. (P. Brucculeri)[2]







[2] «La Civiltà Cattoli­ca», 16.10.1943.

E così lo giudica la Negri nel novembre del 1939:

Dello Spedalieri non conoscevo che il nome. Ve lo confesso. Dalle vostre pagine m'è balzata dinanzi una figura assolutamente di primo piano, compatta e magnifica: degna di stare accanto ai più grandi pensatori, filosofi e giuristi d'ogni tempo. Per quanto breve e succinto, questo mi sembra uno dei vostri libri più chiari, precisi, ricchi di forza polemica e di persuasione. E quali grandi parole, quelle con cui lo Spedalieri chiude la sua opera: «Ho detto la verità, quale l'ho conosciuta nella solitudine in che vivo a me stesso [...]. E che deggio io temere?». Monito a tutti noi.
Caro Schilirò, vi ringrazio d'avere scritto questa apologia [...] e di avermela fatto conoscere.

La lettera di Vincenzo Schilirò alla Negri, datata Bronte 8.7.XVIII (1940), dà notizie sulla sua salute, sugli effetti della guerra, ma anche sulla accoglienza de L'Itinerario... da parte della «Rivista Rosminiana».

Eccone la trascrizione integrale:

Bronte, 8.7.XVIII [1940]
Carissima,
sono stato a Catania per farmi visitare. S'insiste sulla solita diagnosi. Mi troverei in un vicolo chiuso. L'atonia gastrica accentua il grave esau­rimento nervoso, e questo impedisce la cura dell'atonia.
Il neurologo mi ha ordinato due mesi di riposo assoluto in campagna e iniezioni e medicinali per bocca. Tenterò, ma con scarsa fiducia.
Temo che quanto guadagnerò con la cura lo perderò con l'ozio forzato: che per me è peggio della malattia. I miei lutti recenti, lo stato della sorella e il clima di guerra (anche l'aereoporto di Catania ha avuto le sue vittime) non possono lasciarmi tranquillo.

A Fede Biraghi avevo fatto spedire il libro e non comprendo perché non l'abbia ricevuto. Ha forse cambiato domicilio?

Avete letta la recensione dell'Itinerario sul numero di giugno della «Rivista Rosminiana»?

Fatemi sentire il vostro affetto - la sola medicina a cui credo – e abbiatemi vostro dev.mo
V. Schilirò


IL FONDATORE DELLA COMPAGNIA DI GESU'

Il fondatore della compagnia di Gesù, di Vincenzo Schilirò è una volgarizzazione in forma viva e attraente» del Loyola, come ben dimostra padre Franceschini S.J. che lo recensisce così:

V. Schilirò, Il fondatore della Compagnia di Gesù, SEI, Torino 1940, in 8°, 260 pp., L. 10.
Il profilo ignaziano, maestrevolmente tracciato dal ben noto scrittore Schilirò, non è altro che una volgarizzazione in forma viva e attraente dei risultati di tanti studi che in questo ultimo mezzo secolo si sono fatti intorno al Loyola. L'A. anche in questo come in altri suoi volumi (vedine un breve elenco a p. 263) si addimostra critico acuto e severo. Né quando dice (p. 11) di essersi largamente servito dello studio del P. Dudon, vuol dire che egli l'abbia fatto a chiusi-occhi, ma ha consultato i Monumenta historica, traendone specialmente l'ambiente nel quale visse S. Ignazio.

Tuttavia siamo certi che anch'egli avrebbe modificate alcune sue sentenze, se avesse avuto innanzi il coscienzioso lavoro del P. Leturia S.J. sopracitato; come ad esempio il tentativo di decifrare questo nome di casato (pp. 13 e 16) col castigliano, mentre Loyola è nome certa­mente basco; e l'identificazione della señora con Germana de Foix (p. 25) priva di fondamento storico; o la incertezza sui «primi abboz­zi degli Eser­cizi spirituali.. (pp. 69 e 110-16). In ogni modo, l'A. ha messo bene in risalto i tratti più caratteristici della figura di Ignazio. [Franceschini][3]


[3] Franceschini, «La Civiltà Cattolica», 20 luglio 1940.


GIOVENTU' IN CAMMINO

Nel 1941, sempre edito della SEI, ma stampato a Catania dalla tipografia La Stampa, Vincenzo Schilirò pubblica il suo primo romanzo dal titolo Gioventù in cammino, di cui Franco Cimbali mi scrive:

Il libro non contiene né prefazione né appendice. Sono 334 pagine in tutto che presentano un quadro di vita familiare di fine secolo.
In esse l’Autore trasmette la profonda cultura, l'esperienza di vita vissuta, la maturità stilistica e i suoi principi morali.
Io l'ho trovato molto bello, riflessivo e formativo, soprattutto per i giovani.

«La Civiltà Cattolica», pur avendola nella sua ricca biblioteca, non ne ha fatto alcuna recensione.

Ecco come lo Schilirò ne dà notizia alla Negri con il «biglietto postale» inviato da Bronte il 4.7.1941 comunicandole che invierà una copia perché «potrebbe essere utile ai vostri nipoti».

Eccone il breve testo:

Alla poetessa Ada Negri
Viale dei Mille, 7 – Milano
rispedito a Villa Massimo - Villasanta (MI)
Gentile Amica,
per fuggire il caldo di Catania son venuto a Bronte e vi passerò tutta l'estate. Il mio esaurimento non accenna a lasciarmi e vivo periodi penosi.
Coi tipi della SEI uscirà in questi giorni un mio romanzo pei giovani scritto nel 1934. Ho raccomandato alla libreria che ve lo mandino. Potrebbe essere utile ai vostri nipoti.
Saluti cordialissimi, vostro aff.mo
Bronte, 4.7.1941
V. Schilirò
 



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VINCENZO SCHILIRO' EDUCATORE E LETTERATO
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