Sono nata a Bronte il 29 Giugno 1945. Ho frequentato la scuola elementare Edificio Scolastico di Piazza Spedalieri. Di me dicevano che ero la prima della classe, ma questo non mi ha mai montato la testa. Nel settembre 2009 sono andata a Bronte a trovare una mia zia carissima e ne ho approfittato per salutare la mia maestra Sig.ra Zina Avellino, la quale con mio grande piacere non si è dimenticata di me. Alla fine delle elementari il mio desiderio era di continuare la scuola accedendo al famoso Real Collegio Capizzi, ma siccome allora si pagavano le tasse ho dovuto rinunciare perché i miei genitori non avevano le possibilità economiche. Mi sono iscritta all’ avviamento Professionale, ma dopo il primo anno mi sono ritirata perché non lo trovavo, a mio parere una scuola seria. Però so di non aver fatto una scelta giusta ritirandomi. Fino a vent’anni sono rimasta a Bronte, ma non ho avuto amiche di quelle che frequentavano il collegio Capizzi, le quali si davano un sacco di arie (eccetto Antonina Bertino, mia compagna delle elementari) e questo mi faceva soffrire. Ecco professore. Io e tante come me, figli di contadini, non avevamo nemmeno il saluto da questi ragazzi e ricordo bene chi erano. Nemmeno una sua forse parente, vicina di casa mia porta a porta, mi salutava. Non parliamo poi dei ragazzi ai quali potevo piacere, loro non si avvicinavano se erano di famiglie note, perché non avevo la famosa casa come dote (adesso ne ho più di una). Però, mentre scrivo queste cose mi accorgo di avere le lacrime agli occhi e anche amare. L’unica mia amica studentessa era Zina Rappazzo (sorella di Mario anche lui amico mio) che quando veniva in vacanza dal collegio dove studiava, entrava a casa mia per salutarmi. Ancora oggi a distanza di 50 anni siamo veramente amiche. Nel 1965 parto per Torino e poco dopo ci siamo trasferiti tutti, ma ci è stato detto dalle malelingue che eravamo degli zingari. Sono sposata da 43 anni compiuti in questi giorni, ho due meravigliose figlie, 4 nipoti (quasi 5) amo leggere, cucio, faccio la nonna e vado a ballare. Professore, benedico il giorno che sono partita per Torino, perché Torino città meravigliosa mi ha dato molto di quello che non mi ha dato Bronte, però Bronte rimane sempre nel mio cuore, nei miei pensieri, nei miei sogni, nei miei ricordi e soprattutto nelle conversazioni dei miei amici Brontesi. A Natale appena passato mi è stato regalato da mia figlia Eliana Fantasmi, perché io parlo spesso di Bronte, di cose belle e meno belle. Appena ho iniziato a leggere sono tornata indietro di almeno 60 anni, e mentre Lei parla di burle e battute che fanno ridere, io accolgo il suo invito per raccontare altri episodi da me vissuti, anche tristi. Ecco professore, le classi sociali a Bronte si distinguevano molto, e appartenendo io alla classe contadina mi facevano sentire emarginata. Però come Lei mi insegna le sommosse ci sono sempre state per come venivano trattati i contadini, ma con questo non voglio criticare ciò che Lei ha scritto. E’ solo che i miei ricordi sono un po’ tristi. Evidentemente ciò che sto raccontando stasera sono cose che mi sento sempre dentro ed ho avuto lo spunto per sfogarmi. Avrei tanti episodi da citare come quando uno dei miei quattro fratelli (figlioccio di Don Tino il tipografo ) lavorava come apprendista muratore dal maestro […] uomo di alta e imponente statura e avendo mio fratello dimenticato la giacca, il maestro l’ha presa con un pezzo di carta per non sporcarsi le mani e gliela gettata dalla cima delle scale di casa sua. Dal suo Fantasmi mi è rimasto impresso ciò che fa suo padre a Maletto dove con l’aiuto di sua madre portandogli del sapone e asciugamani fa lavare gli scolari sotto la grondaia. Ricordo a casa mia - Via Gabriele D’ Annunzio, 18 - quando veniva un omone detto Mangiatumazzu per pignorare i mobili (motivo tasse scadute) e mia madre implorandolo otteneva la proroga. Ricordo quando Don Mimì […] sparava ai conigli a Chiana, conigli che mio fratello allevava con tanto amore e lui gli diceva: “Ciccino! metti quel coniglio là” e gli sparava per vedere se era capace a face centro, incurante del pianto di mio fratello. Ricordo quando raccoglievamo le olive, mandorle, pistacchi dalle terre in affitto da Donna Anna, nobile senza figli, [… ] e il raccolto si divideva tre parti la padrona e una parte chi lavorava tutto l’anno e dovevamo dare ‘u tiraggiu pattuito anche se il raccolto era scarso. Ma quello che ci umiliava di più era che la padrona ci mandava ‘u camperi per controllare se rubavamo il raccolto. Una volta mio padre ha portato un pò di olive raccolte da terra per salarle e mangiarle come companatico, ma un ruffiano ha fatto la spia e mio padre è stato denunciato, portato in tribunale e grazie alla difesa dell’avvocato Vincenzo Castiglione è stato assolto e per poco non è stato condannato per un pugno di olive… Vergogna! Oggi uno dei miei fratelli è proprietario di quei terreni comprati con dei grossi sacrifici e si sente riscattato per le umiliazioni subite. |