Certamente quasi nessun agricoltore brontese vive più di solo pistacchio: la coltivazione occupa solo una parte dell'impegno lavorativo e fornisce una fetta di reddito. E' in pratica una seconda attività, ma essenziale per la sopravvivenza della famiglia e della comunità e forse è più la passione che l'economia a spingere i brontesi ad impiantare ancora alberi di pistacchio (che daranno i primi frutti solo dopo circa dieci anni). Nella zona si contano quasi mille produttori, la maggior parte con piccoli e medi appezzamenti di terreno sciaroso di meno di un ettaro e qualche grosso produttore con un multiplo di ettari (Guarda i pistacchieti - i lochi - con Google Maps). Bronte, capitale italiana del pistacchio
Il Mediterraneo è stato da sempre uno dei principali centri di scambio e di valorizzazione delle produzioni agro-alimentari mondiali. È stato, tradizionalmente, il mare del gusto, degli aromi, dei sapori, delle spezie. Una peculiare caratteristica che ha disegnato e formato la cultura, l'economia ed anche il paesaggio, trasformandolo profondamente ed in modo quasi irreversibile. Le spezie in genere ma anche il basilico, il rosmarino, il pepe, l'olivo, gli agrumi, i carciofi, il vino e la vigna e mille altri prodotti e coltivazioni di maggiore o minore diffusione hanno invaso e trasformato questo spazio geografico e culturale, portando allo scambio di merci ma anche al confronto culturale e al mantenimento di un costante valore comune di sapori e tradizioni. I prodotti di origine mediorientale rappresentano un particolare aspetto di questo patrimonio ed hanno avuto una notevole influenza nella cultura gastronomica europea e mediterranea. Il cus cus, il peperone, perfino il vino, la castagna e cento altri prodotti derivano dal progressivo e millenario scambio e il Mediterraneo ne ha rappresentato lo spazio di comunicazione. Il Pistacchio, un frutto dalla storia antichissima, noto ai Babilonesi, Assiri, Giordani, Greci, citato addirittura nel libro della Genesi e riportato nell'obelisco, fatto innalzare dal re dell'Assiria, attorno al VI secolo a.C., è uno di questi prodotti agro-alimentari, che ha contribuito a delineare il patrimonio culturale-gastronomico dei popoli mediterranei. Di questo prezioso frutto, portato in Sicilia dagli Arabi, Bronte rappresenta la capitale italiana. L'Iran è il principale produttore mondiale di pistacchio (56%) con una superficie di 230.000 ettari di terreno coltivato, seguito dalla Turchia, con 39.000 ettari, gli Stati Uniti, 31.000 (dove è presente la cultivar "Bronte") e la Siria, con 20.000. Nell'Unione Europea solo Italia, Grecia e Spagna ne sono produttori (i primi due con circa 9.000 ettari di terreno coltivato e la Spagna con 1.500, di cui 2.000 in Andalucia). In Sicilia il Pistacchio cresce in prevalenza a Bronte con l'80% della superficie regionale coltivata (e nei comuni di Adrano e Ragalna) e nelle province di Agrigento (i cui centri di produzione sono Favara e Raffadali) e di Caltanissetta (S. Cataldo). La produzione biennale media siciliana è di circa 32.000 quintali di prodotto sgusciato, l'80% dei quali viene esportato all'estero. La peculiarità del pistacchio brontese è il colore uniformemente verde vivo della sua pasta, nonchè la sua pronunciata aromaticità, per cui è senz'altro privilegiato nella manifattura dei torroni, dei prodotti dolciari e dei gelati ma soprattutto delle carni insaccate di pregio e nella gastronomia di alta classe. Tali caratteristiche, uniche fra i prodotti similari di altre zone, sono egregiamente valorizzate proprio nel luogo di produzione. Ogni anno, generalmente nell'ultimo week end di di Settembre, in alcune viuzze e piazze del centro storico di Bronte si svolge da parecchi anni una sagra (la Sagra del Pistacchio). Dal pesto alla crema, dalla torta al gelato, dall'arancino alla salsiccia la Sagra è il trionfo del pistacchio brontese in tutte le sue varianti; si celebra nel mese di settembre e nella in alcune edizioni ha richiamato oltre 100 mila visitatori. E' l’occasione che la città offre ai numerosi ospiti per fare conoscere le raffinate prerogative e le proprietà dell'«oro di Bronte». Il clou della Sagra sono le degustazioni del frutto e dei prodotti che vanno dalla salsiccia alla pasta al pistacchio, dalle torte ai torroni, al gelato, alle crepes, alla filletta, oltre a numerose altre prelibate dolcezze (col pistacchio di Bronte viene prodotto anche un liquore, il pesto, una crema da spalmare sul pane, un ottimo arancino, il formaggio, il salame, le classiche antiche fillette, il caffè, ...e numerose altre prelibatezze dal gusto unico). A Bronte alcune cooperative ed una decina di aziende esportatrici, in concorrenza fra loro, alcune ottimamente attrezzate e con avanzata tecnologia, si occupano della lavorazione e della commercializzazione del pistacchio. Si è costituita anche un’associazione di pasticceri che utilizzano il frutto esaltandolo nei loro tradizionali prodotti (paste, torte, gelati, torroni, fillette, panettoni e colombe, torroncini, creme, pesto, ...). La coltura del pistacchio in Sicilia
La coltura del pistacchio in Sicilia, è caratterizzata da alcune peculiarità che la distinguono nettamente da quella di altre specie arboree da frutto, in particolare per la tipologia degli impianti, “naturali” o “artificiali”. I pistacchieti della zona di Bronte e aree limitrofe sono innestati sui terebinti spontanei, mentre quelli di Agrigento e Caltanissetta sono stati ottenuti previa piantagione del terebinto e successivo innesto. Nonostante le sue doti di rusticità e di frugalità il pistacchio risponde bene all’irrigazione, alla concimazione e alla potatura con significativi innalzamenti e stabilizzazione delle rese e miglioramenti sotto il profilo della qualità. Ciò appare con molta evidenza nelle province di Agrigento e Caltanissetta, zone in cui il pistacchio è coltivato su terreni con buone caratteristiche agronomiche, potenzialmente idonei a tecniche di meccanizzazione avanzata, ed in alcuni casi anche irrigui. Uno dei più gravi problemi fisiologici del pistacchio è certamente l’alternanza di produzione, ciò comporta la ciclica alternanza tra anni di “carica” ed anni di “scarica” in cui la produzione può abbassarsi sino al 20%. Sebbene i meccanismi specifici di tale fenomeno non siano ancora del tutto chiari, molte ricerche suggeriscono un coinvolgimento di fattori nutrizionali, come carboidrati ed elementi minerali. Attualmente non esistono rimedi all’alternanza di produzione e non si conoscono cultivar che sfuggono a tale comportamento. A Bronte, ed in genere nella zona etnea, nelle annate di scarica è pratica comune eliminare le poche gemme a frutto per impedire che esse possano ospitare il foragemme (Chaetoptelius vestitus), in questo modo si ritiene di poter interrompere il ciclo biologico dell’insetto. (Fonte Following Pistachio Footprints) La Dop Pistacchio verde di Bronte
Il "pistacchio verde di Bronte", perennemente minacciato da importazioni di qualità assolutamente inferiore, ha oggi conquistato il dovuto riconoscimento europeo di prodotto DOP. Dopo otto anni di protezione nazionale transitoria (Ottobre 2001) e la costituzione del Consorzio di tutela (3 novembre 2004) il 9 Giugno 2009 il traguardo è stato raggiunto: la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (2009/C 130/09), ha pubblicato il il Disciplinare di produzione che conferisce al “Pistacchio verde di Bronte” la Denominazione di origine protetta. L'obiettivo che, dopo molte peripezie, i coltivatori brontesi, ed anche i consumatori, inseguivano da quasi dieci anni è stato centrato. Ora i produttori brontesi potrebbero intravedere un futuro più roseo per il loro pistacchio ed i consumatori dovrebbero essere più tutelati (il condizionale ci sembra ancora quasi un obbligo). Ora potranno vedere il pistacchio di Bronte identificato e protetto con il simbolo comunitario della DOP negli imballaggi o nelle etichette contro gli abusi e le continue contraffazioni. Adesso potrà essere perseguito il comportamento fraudolento di chi lusingato dagli ingenti guadagni che ci sono nell’acquistare a poco prezzo e vendere a caro, cerca di “nazionalizzare” un prodotto importato dall’estero vendendolo come brontese, solo perché Bronte è stata una tappa del viaggio che ha portato questi pistacchi dall’Iran o da altre nazioni sino a noi. E potrà essere punito ancora più duramente, non solo dal punto di vista amministrativo con le sanzioni pecuniarie previste dal D. L. n. 297 del 2004, ma anche dal punto di vista penale quando si accerta che l’illecito comportamento configuri il reato previsto dall’art. 517 del codice penale “Vendita di prodotti industriali con segni mendaci” con l’aggravante del successivo art. 517 bis per prodotti la cui “denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigenti”. Pertanto, è consigliabile a chiunque acquisti pistacchi o semilavorati che utilizzano diciture inerenti la produzione brontese l'accertamento che possano lecitamente rivendicare questa origine, che è legata a un frutto ottenuto con notevoli sacrifici, di grande pregio e storia che consente la produzione di prodotti (dolci, salumi, gelati) di alta qualità sempre molto apprezzati dai consumatori. Ora, sopratutto, il Consorzio di tutela non ha più alibi. Può cominciare veramente e seriamente a perseguire i fini per i quali è stato costituito. La Denominazione d'Origine Protetta riguarda una zona di produzione, compresa fra i 300 e i 900 metri s.l.m., che ricade nei territori di Bronte, Adrano e Biancavilla.
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