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L'economia brontese

Il Pistacchio verde di Bronte

Bronte, capitale italiana del pistacchio

Le foto dell'«oro di Bronte»

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IL PISTACCHIO -  LA STORIA  -  LA PIANTA  -  IL FRUTTO  -  LA RACCOLTA  -  LE RICETTE  -  LA SAGRA  -  LA DOP  -  IL CONSORZIO


Dolce, delicato, aromatico dall'intensa colorazione verde

Il "pistacchio verde di Bronte"

Pistacchio verde di Bronte, tignosellaLa Sicilia è l'unica regione italiana dove si produce il pistacchio (della specie botan­ica "pistacia vera") e la cittadina etnea, con circa 3.500 ettari in coltura spe­cializ­zata (di cui 415 ricadono nel Parco del­l'Etna), ne esprime l'area di coltiva­zione princi­pale (più dell'80% della super­ficie re­gionale) con una produzione dalle carat­teristiche peculiari.

Bronte, Eden di pistacchio, con un frutto dal gusto e dall'aroma univer­sal­mente ri­co­nosciuti come unici e particolari ed un colore - il verde smeraldo - unico e par­ticolare.

L'«oro verde», così è denomi­nato il "pistac­chio verde di Bronte", rap­presenta la princi­pale risorsa econo­mica del vasto e variegato territorio della cittadina etnea.

Concorreranno la terra e le sciare del­l'Etna, il clima tem­pe­rato o il por­tainnesto, le tradi­zioni di coltura tra­man­date da padre in figlio, fatto è che la pistac­chi­coltura bron­tese, a differenza dei prodotti di pro­venienza ameri­cana o asiatica, in mas­si­ma parte con semi di colore giallo, produ­ce frutti di alto pregio. Il pistacchio verde di Bronte è dolce, deli­cato, aromatico. Soprattutto è unico e per questo molto ap­prez­zato e richiesto nei mercati europei ed orientali (in primo luogo giapponesi) per le dimensioni e l'intensa colorazione verde.

Fra le varie qualità coltivate nel Mediterraneo e nelle Americhe possiede colori e qualità organolettiche che ne fanno un unicum in tutto il mondo con un suo sapore soave che i frutti prodotti altrove non hanno.

Viene apprezzato nei mercati italiani ed esteri per l'originalità del gusto e l'adat­tabilità in cucina e in pasticceria.

E' usato nell'in­dustria dolciaria sopratutto per preparare torte, paste, torroni, mousse, confetti, gelati, e granite, ma è squisito anche nei primi e secondi piatti o arancini; è utilizzato anche nella preparazione degli insaccati (ottimo nelle mortadelle e nelle sop­pressate) e nel settore cosmetico.

A Bronte se ne raccolgono circa 30 mila quintali (20.000 la produ­zio­ne siciliana nel 1985, di cui 18.000 a Bronte, 31.070 quella del 2007 e 27.760 quella del 2009). Una ricchezza che rappresenta poco più dell’1% della produzione mondiale di pistacchi con un business comples­sivo che nel giro di poche decine di anni è passato da circa 20 ai 90 milioni di euro calcolato nel 2023.

A fine anno 2010 il prezzo del pistacchio verde di Bronte (o "puro brontese", come riportato da qualche quotidiano con una dicitura a dir poco ambigua) con guscio («'a tignuszella») era di circa 8,00/9,00 euro al chilo e di 21,00/25,00 quello senza guscio ("sgusciato").

Nello stesso periodo il pistacchio estero sgusciato si vendeva ben al di sotto della metà: 11,00/12,00 euro al Kg. Un anno dopo (novembre 2011) lo stesso quotidiano riportava i seguenti prezzi: Pistacchio pure brontese sgusciato 34,00/35,00; tignosella 11,00/11,50 dando al pistacchio estero sgusciato un prezzo di 16,00 euro al chilo.

A fine 2023 un chilo di pistacchio di Bronte (sgusciato) sul piano commerciale è arrivato ad una media intorno ai 40/50 euro, con punte di oltre 70/80 euro.

Quasi tutto sul Pistacchio verde di Bronte

sul Pistacchio e le sue Sagre

2010/Il pistacchio e la sua sagra

2009/La festa - 2008/'U diamanti virdi

2007/L'oro verde

2006/Dalla raccolta alla Sagra

2005/Pistacchi ed altro

«E’ nato - scrive il Corriere della Sera - un brand che spopola. Quello di Bronte è il più ricercato del globo terrestre, anche i cinesi hanno puntato la loro attenzione sul fenomeno dell’oro verde etneo. L’uso del pistacchio in molti ambiti della gastro­nomia è un must. Ed è un prodotto DOP.»

Circa l'ottanta per cento del prodotto brontese è esportato al­l'estero, sopratutto in Europa (nell'ordine Francia, Germania, Sviz­zera, Stati Uniti, Giappone), il restante 20% trova impiego nell'in­dustria nazionale (il 55% industria delle carni insaccate, il 30% nell'industria dolciaria ed il 15% nell'industria gelatiera, con un rapporto gela­teria industriale/arti­gianale che potrebbe essere del 60/40%).

Il frutto viene commercializzato sotto diverse forme: Tignosella (pistacchio secco non sgusciato, i brontesi lo chiamano "babbalucella"), pelato (sgusciato e privato del­l'endocarpo), granella, farina, bastoncini, affettato o pasta di pistacchio.

La pistacchicoltura brontese riveste anche una rilevante impor­tan­za dal punto di vista paesaggistico e ambientale ma, anche per il fatto della raccolta biennale, continua a sostenere alti costi di produzione, rischi elevati e prezzi alla vendita poco remune­rativi; tutto ciò si traduce per le aziende agricole in bassi margini di guadagno.

Sarebbe auspi­cabile una maggiore equità nella distribuzione dei redditi tra gli operatori “a monte” e quelli “a valle”, onde evitare la pericolosa tendenza ad abbandonare lentamente (ma inesorabil­mente) i piccoli pistacchieti da parte delle nuove generazioni.

L'Oro Verde di Bronte nelle diverse fasi di maturazione (in fioritura ad aprile, nel mese di maggio ed a fine agosto).
A destra in basso una vecchia macchina  per rimuovere ("sgrul­làri") il mallo, l’involucro coriaceo che ricopre il frutto. Sulla sinistra della «màchina ppi sgrullàri i frastùchi», due antichi reci­pienti della tradizione locale: "u stutafòcu" (si riem­piva di brace ardente per ottenere la carbonella)Piccolo vocabolario brontese di N. Lupo e «u menza­ràngiu» (grosso recipiente di rame usa­to per bollire alimenti o, an­che, fare la mostarda di fichidindia).

Certamente quasi nessun agricoltore brontese vive più di solo pistacchio: la coltivazione occupa solo una parte dell'impegno lavorativo e fornisce una fetta di reddito. E' in pratica una seconda attività, ma essenziale per la sopravvivenza della famiglia e della comunità e forse è più la passione che l'economia a spingere i brontesi ad impiantare ancora alberi di pistacchio (che daranno i primi frutti solo dopo circa dieci anni).

Nella zona si contano quasi mille produttori, la maggior parte con piccoli e medi appezzamenti di terreno sciaroso di meno di un ettaro e qualche grosso produt­tore con un multiplo di ettari (Guarda i pistacchieti - i lochi - con Google Maps).


Bronte, capitale italiana del pistacchio

Bronte, capitale italiana del pistacchioIl Mediterraneo è stato da sempre uno dei principali centri di scambio e di valoriz­zazione delle produzioni agro-alimentari mondiali. È stato, tradizionalmente, il mare del gusto, degli aromi, dei sapori, delle spezie.

Una peculiare caratteristica che ha disegnato e formato la cultura, l'economia ed anche il paesaggio, trasformandolo profondamente ed in modo quasi irreversibile.

Le spezie in genere ma anche il basilico, il rosmarino, il pepe, l'olivo, gli agrumi, i carciofi, il vino e la vigna e mille altri prodotti e coltivazioni di maggiore o minore diffusione hanno invaso e trasformato questo spazio geografico e culturale, por­tando allo scambio di merci ma anche al confronto culturale e al mantenimento di un costante valore comune di sapori e tradizioni.

I prodotti di origine mediorientale rappresentano un particolare aspetto di questo patrimonio ed hanno avuto una notevole influenza nella cultura gastronomica europea e mediterranea. Il cus cus, il peperone, perfino il vino, la castagna e cento altri prodotti derivano dal progres­sivo e millenario scambio e il Mediterraneo ne ha rappresentato lo spazio di comunicazione.

Il Pistacchio, un frutto dalla storia antichissima, noto ai Babilonesi, Assiri, Giordani, Greci, citato addirittura nel libro della Genesi e riportato nell'obelisco, fatto innal­zare dal re dell'Assiria, attorno al VI secolo a.C., è uno di questi prodotti agro-ali­mentari, che ha contribuito a delineare il patrimonio culturale-gastronomico dei popoli mediterranei. Di questo prezioso frutto, portato in Sicilia dagli Arabi, Bronte rappresenta la capitale italiana.

L'Iran è il principale produttore mondiale di pistacchio (56%) con una superficie di 230.000 ettari di terreno coltivato, seguito dalla Turchia, con 39.000 ettari, gli Stati Uniti, 31.000 (dove è presente la cultivar "Bronte") e la Siria, con 20.000.

Nell'Unione Europea solo Italia, Grecia e Spagna ne sono produttori (i primi due con circa 9.000 ettari di terreno coltivato e la Spagna con 1.500, di cui 2.000 in Andalucia).

In Sicilia il Pistacchio cresce in prevalenza a Bronte con l'80% della superficie regionale coltivata (e nei comuni di Adrano e Ragalna) e nelle province di Agrigento (i cui centri di produzione sono Favara e Raffadali) e di Caltanissetta (S. Cataldo). La produzione biennale media siciliana è di circa 32.000 quintali di prodotto sgusciato, l'80% dei quali viene esportato all'estero.

La peculiarità del pistacchio brontese è il colore uniformemente verde vivo della sua pasta, nonchè la sua pronunciata aromaticità, per cui è senz'altro pri­vilegiato nella manifattura dei torroni, dei prodotti dolciari e dei gelati ma soprattutto delle carni insaccate di pregio e nella gastronomia di alta classe.

Tali caratteristiche, uniche fra i prodotti similari di altre zone, sono egregiamente valorizzate proprio nel luogo di produzione.

Ogni anno, generalmente nell'ultimo week end di di Settembre, in alcune viuzze e piazze del centro storico di Bronte si svolge da parecchi anni una sagra (la Sagra del Pistacchio).

Dal pesto alla crema, dalla torta al gelato, dall'arancino alla salsiccia la Sagra è il trionfo del pistacchio brontese in tutte le sue varianti; si celebra nel mese di settembre e nella in alcune edizioni ha richiamato oltre 100 mila visitatori.

E' l’occasione che la città offre ai numerosi ospiti per fare conoscere le raffinate prerogative e le proprietà dell'«oro di Bronte».

Il clou della Sagra sono le degustazioni del frutto e dei prodotti che vanno dalla salsiccia alla pasta al pistacchio, dalle torte ai torroni, al gelato, alle crepes, alla filletta, oltre a numerose altre prelibate dolcezze (col pistac­chio di Bronte viene prodotto anche un liquo­re, il pesto, una crema da spalmare sul pane, un ottimo arancino, il formaggio, il salame, le classiche antiche fillette, il caffè, ...e nume­rose altre preliba­tezze dal gusto unico).

A Bronte alcune cooperative ed una decina di aziende esportatrici, in concorrenza fra loro, alcune ottima­mente attrezzate e con avanzata tecnologia, si occu­pano della lavorazione e della commercializzazione del pistacchio. Si è costituita anche un’associazione di pasticceri che utilizzano il frutto esaltan­dolo nei loro tradizionali prodotti (paste, torte, gelati, torroni, fillette, panettoni e colombe, torroncini, creme, pesto, ...).


La coltura del pistacchio in Sicilia

La coltura del pistacchio in Sicilia, è caratterizzata da alcune pecu­liarità che la distin­guono nettamente da quella di altre specie arboree da frutto, in particolare per la tipologia degli impianti, “naturali” o “artificiali”. I pistacchieti della zona di Bronte e aree limitrofe sono innestati sui te­re­binti spontanei, mentre quelli di Agrigento e Calta­nissetta sono stati otte­nuti previa piantagione del terebinto e successivo innesto.

Nono­stan­te le sue doti di rusticità e di frugalità il pistacchio risponde bene all’irrigazione, alla concimazione e alla potatura con significativi innal­za­menti e stabilizzazione delle rese e miglioramenti sotto il profilo della qualità.
Ciò appare con molta evidenza nelle province di Agrigento e Calta­nis­setta, zone in cui il pistacchio è coltivato su terreni con buone caratteri­stiche agronomiche, potenzialmente idonei a tecniche di meccanizza­zione avanzata, ed in alcuni casi anche irrigui.

Uno dei più gravi problemi fisiologici del pistacchio è certamente l’alternanza di produzione, ciò comporta la ciclica alternanza tra anni di “carica” ed anni di “scarica” in cui la produzione può abbassarsi sino al 20%. Sebbene i meccanismi specifici di tale fenomeno non siano ancora del tutto chiari, molte ricerche suggeriscono un coinvolgimento di fattori nutrizionali, come carboidrati ed elementi minerali.

Attualmente non esistono rimedi all’alternanza di produzione e non si conoscono cultivar che sfuggono a tale comportamento.
A Bronte, ed in genere nella zona etnea, nelle annate di scarica è pra­tica comune eliminare le poche gemme a frutto per impedire che esse possano ospitare il foragemme (Chaetoptelius vestitus), in questo mo­do si ritiene di poter interrompere il ciclo biologico dell’insetto. (Fonte Following Pistachio Footprints)


La Dop Pistacchio verde di Bronte

Il "pistacchio verde di Bronte", perennemente minacciato da impor­ta­zioni di qualità assolutamente inferiore, ha oggi conquistato il dovuto riconoscimento europeo di prodotto DOP.

Dopo otto anni di protezione nazionale transitoria (Ottobre 2001) e la costituzione del Consorzio di tutela (3 novembre 2004) il 9 Giugno 2009 il traguardo è stato raggiunto: la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (2009/C 130/09), ha pubblicato il il Disciplinare di produzione che conferisce al “Pistacchio verde di Bronte” la Denominazione di origine protetta.

L'obiettivo che, dopo molte peripezie, i coltivatori brontesi, ed anche i consumatori, inseguivano da quasi dieci anni è stato centrato.

Ora i produttori brontesi potrebbero intravedere un futuro più roseo per il loro pistacchio ed i consumatori dovrebbero essere più tutelati (il condizionale ci sembra ancora quasi un obbligo).

Ora potranno vedere il pistacchio di Bronte identificato e protetto con il simbolo comunitario della DOP negli imballaggi o nelle etichette contro gli abusi e le continue contraffazioni. Adesso potrà essere perseguito il comportamento fraudolento di chi lusingato dagli ingenti gua­dagni che ci sono nell’acquistare a poco prezzo e vendere a caro, cerca di “nazio­nalizzare” un prodotto importato dall’estero vendendolo come bron­tese, solo perché Bronte è stata una tappa del viaggio che ha portato questi pistacchi dall’Iran o da altre nazioni sino a noi.

E potrà essere punito ancora più duramente, non solo dal punto di vista amministrativo con le sanzioni pecuniarie previste dal D. L. n. 297 del 2004, ma anche dal punto di vista penale quando si accerta che l’illecito comportamento configuri il reato previsto dall’art. 517 del codice penale “Vendita di prodotti industriali con segni mendaci” con l’aggravante del successivo art. 517 bis per prodotti la cui “denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigenti”.

Pertanto, è consigliabile a chiunque acquisti pistacchi o semilavorati che utilizzano diciture inerenti la produzione brontese l'accertamento che possano lecitamente rivendicare questa origine, che è legata a un frutto ottenuto con notevoli sacrifici, di grande pregio e storia che consente la produ­zione di prodotti (dolci, salumi, gelati) di alta qualità sempre molto apprezzati dai consumatori.

Ora, sopratutto, il Consorzio di tutela non ha più alibi. Può cominciare veramente e seriamente a perseguire i fini per i quali è stato costituito.

La Denominazione d'Origine Protetta riguarda una zona di produzione, compresa fra i 300 e i 900 metri s.l.m., che ricade nei territori di Bronte, Adrano e Biancavilla.

 

Le quattro iniziali fasi di lavorazione e di trasformazione

Pistacchio di Bronte appena raccolto1) Appena raccolto: il pistac­chio di Bronte, appena raccolto è ancora ricoperto da un morbido mallo gommoso e resinoso dal colore bianco-rossastro (esocarpo), la parte più esterna del frutto che avvolge il guscio legnoso molto resistente; si sgretola facilmente e deve essere subito tolto me­dian­te sfregatura meccanica.
Tolto il mallo si ottiene il pistacchio in guscio (endocarpo, localmente chiamato Tignosella); il frutto è ancora molto umido e deve quindi essere subito essiccato al sole o con altri moderni procedi­menti; i frutti vuoti sono eli­minati con apposite lavorazioni.

Pistacchio di Bronte (tignosella)2) Pistacchio in guscio o Tigno­sella: privato del mal­lo ed asciu­gato al sole per 2-3 giorni (i bron­tesi lo chiamano anche "'a bab­ba­lucèlla", pic­cola lumaca). Il frutto è racchiu­so ancora nel suo caratteristico guscio che ne pre­serva la fra­granza ed il sapo­re.
Queste due prime lavorazio­ni sono a cura del produttore. il frutto è affusolato, slanciato e si sviluppa in lunghezza con drupe quasi appuntite; non è mai di forma rotondeggiante (se lo è non è di sicuro pistacchio di Bronte).
Si sviluppa soprattutto in lunghezza  con un rapporto lunghezza/larghezza del gheriglio compreso tra 1,5 e 1,9; la estremità del guscio è poco pronunciata o rivolta all’insù ma piuttosto concava a protezione dell’endocarpo.

Pistacchio di Bronte sgusciato3) Sgusciato: privato del guscio, con le tipiche scre­zia­ture viola­cee della sua pellicola protettiva (testa) (per i brontesi è "u garìgghiu"); in genere questa fase di lavora­zione è eseguita dai commer­cianti.
La pellicina della buccia ha un colore che tende al violaceo o meglio al viola melanzana, con riflessi verde chiaro. Il frutto ha il tipico colore verde smeraldo a volte acceso, a volte più tenue ma mai giallo, tipico dei pistacchi di provenienza straniera: questo deriva dall’elevata concentrazione di clorofilla.
Il gusto è tendente al dolce con un sapore aromatico forte, senza inflessione di muffa o sapori estranei. La componente aromatica è così spiccata e persistente da non necessitare salature. Il pistacchio di Bronte, infatti, non si trova mai in commercio tostato e salato, proprio perché una delle sue caratteristiche più note è la dolcezza.

Pistacchio di Bronte pelato4) Pelato: la rimozione dell'endocarpo, la sottile pelle di colore viola-rossastro, la fase più delicata del processo di prima trasformazione, avviene con un procedimento molto tecnologico: breve esposizione del frutto a vapore acqueo (circa 90 C°) ad alta pres­sione; la pellicola che avvolge il seme si rigonfia e passando attraverso cilindri gommati che ruotano a velocità differenziata, per sfregamento, viene lacerata e distaccata. Segue l'asciugatura e la selezione elettronica per scartare gli eventuali acini di colore improprio.
Questo procedimento, celere e delicato, mette a nudo il verde smeraldo dei frutti, il colore del­l'auten­tico pistacchio di Bronte. Col confezionamento del prodotto ormai asciutto (umidità 5-6%) in cartoni da 12,5 Kg. si conclude il ciclo di lavorazione.
Il pistacchio pelato (embrione) è la forma prevalente utilizzata nell'espor­ta­zione, pesa più o meno quanto il guscio duro, ne autentica alla vista genuinità e origine ed è una delizia. Con altre lavorazioni succes­sive si ottiene la granella (pistacchio tritato in diversi calibri, adatto per decorare dolci e primi o per la panatura di secondi piatti), la farina (utilizzata negli impa­sti dolci e salati o per preparare salse e creme) e la pasta di pistac­chio (do­ve il prezioso frutto tostato lieve­mente, tritato e raffinato diventa una pasta pura per la preparazione di gelati o l'uso in gastro­nomia).

La DOP: il nome corretto è Pistacchio Verde di Bronte Dop; qualsiasi altra variazione o gioco di parole è fuorviante e fuori disciplinare. Spesso sulla confezione si leggono diciture diverse e generi­che (pistacchio di Bronte, pistacchio, pistacchio di Sicilia o siciliano, od altro) in questo caso si tratta di un prodotto diverso.
Altre volte da qualche parte leggerete la parola “Bronte” magari come sede dell’azienda che lo trasforma, il che è ovviamente legittimo ma non vi assicura certamente che il frutto provenga dalla città etnea ma soprattutto che sia Pistacchio verde di Bronte dop. Per essere sicuri di acquistare l'originale è importante leggere le etichette e farlo bene.

GUARDA I PISTACCHIETI CON GOOGLE MAPS


 

Parlano del Pistacchio di Bronte

Report-Rai3 (Re­port indaga sul pistacchio Dop) | La Repubblica (Non è tutto verde ciò che luccica: il pistac­chio di Bronte è uno dei prodotti più con­traffatti d'Italia) | National Geographic Italia (Piccola storia di una tradi­zione secolare) | Di Blasi Prod. (The green gold of Bron­te) | Evergreen (Dalla raccolta, alla trasformazione e vendita).

Latitudinex: L'oro verde e viola del pistacchio, A Bronte il tesoro dell'Etna | La Pistacheraie: Les pistaches de Bronte | National Geographic Italia: Pistacchio di Bronte, l'oro verde di Sicilia | National Geographic Russia: Pistacchi, figli della miseria | The New York Times: Sicily's Emerald Green | WwdScoop: Nut Job | Cote Sud: Pistaches, pépites de Sicile | Turismo.it: Lo smeraldo di Bronte | Terra: E il pistacchio diventò cosmetico.

Corriere della Sera: Il business vale 90 milioni di euro | Fresh Plaza: Prezzi alti per il pistacchio di Bronte DOP |  Vice Media Group: Siamo andati a vedere dove cresce e come si coltiva il pistacchio di Bronte (quello vero), Ma da dove arriva tutto questo Pistacchio Verde di Bronte? | Cookist.it: Come viene contraffatto un prodotto d’eccel­lenza | La Repubblica: Non è tutto verde ciò che luccica: il pistacchio di Bronte è uno dei prodotti più contraffatti d'Italia | Academia Barilla: Eccel­lenze italiane dell'arte gastronomica | Agi Live: Tutta la verità sull'oro verde | Agrodolce: Pistacchio di Bronte: come funziona la raccolta e 10 piatti che dovresti assaggiare | Dissapore: Come riconoscere il pistacchio di Bronte senza passare per fessi, Il pistacchio di Bronte conquista gli chef Usa | Famiglia Cristiana: Vale oro il verde pistacchio | Il sole 24Ore: L'oro verde di Bronte | La Stampa: Il vulcano che sa di pistacchio | Lezioni Europa: Pistacchi: Proprietà, Benefici e Controindicazioni | Vie del Gusto: Intervista ad Andrea Anastasi.

Gardenia | Oggi | Il Turismo Culturale | Gusto filatelico | I bucatini di Garibaldi | Il Pistacchio di Bronte simbolo della Sicilia | Linea diretta | Pistacchio di Bronte, quando i conti non tornano | Tuttifrutti | Vie del gusto | Vita in campagna.


Proposte di lettura

Il pistacchio nel territorio di Bronte (di S. Martelli e L. Longhitano, 1987, Pdf)

Sulle origini e la fortuna del pistacchio verde di Bronte (Agorà, nn. 63-64/2018, Pdf)

Pistachio, the green gold of Sicily
Tourism and circular Economy

di Cecilia Foti,

Corso di Laurea Magistrale in Design of Sustainable Tourism Systems - Scuola di Economia e Manage­ment dell’Uni­versità di Firen­ze - 2023.

Cecilia Foti ama viaggiare e ama le cul­ture straniere, ma l’amore e la no­stal­gia verso la sua Sicilia nel tempo sono rima­ste inva­riate, anzi spera un giorno di poter con­tri­buire concreta­mente alla sua valorizza­zio­ne e promo­zione grazie alle esperienze e agli studi fatti.

E’ nata e cresciuta a Ragusa fino alla fine del liceo linguistico, poi ha in­tra­preso il percorso universitario che l’ha portato a vivere a Sie­na, ad Ovie­do, a Sevilla e a Firenze. Nel corso di questi anni ha maturato un forte interes­se verso il settore turi­stico, in par­ti­co­lare verso quello della gastro­nomia tanto da elaborare la tesi trien­nale sulla gastro­nomia asturiana (Spagna) perché poco cono­sciuta ma molto ricca.

In seguito, nel corso desti studi magistrali ha avuto la possi­bi­lità di cono­scere di più il settore del food applicato al turi­smo, così in modo naturale e spontaneo ha puntato sulla Si­cilia per la tesi che ha dedicato alla sua terra, «un'isola ric­chis­sima di cultura, storia e prodotti, ma che non è ben pub­bliciz­zata» con «l'obiet­tivo di far conoscere un prodotto unico al mondo ed estre­ma­mente amato», il Pistacchio di Bron­te DOP, «mo­stran­done le carat­teri­stiche prin­cipali per preser­varlo da false certi­ficazioni ter­ritoriali». Analizza il turismo che gra­vita intorno al pistac­chio, propone alcu­ne strate­gie per incre­men­tarne l'uso soste­ni­bile, e pro­pone un progetto com­pletamente innovativo: un “boutique hotel” a tema pistacchio, fonte turi­stica di singolare carattere per avvi­cinare i visitatori al mondo del pistacchio di Bronte.

«Da forte amante del pistacchio di Bronte - ci scrive - ho volu­to intra­pren­dere un progetto per diffondere la cono­scenza di que­sto prodotto unico e valorizzarlo ancora di più, così l’oro verde sici­liano è stato il prota­gonista delle mie ricerche per vari mesi fino alla concretizzazione in tesi. Spero che il mio lavoro possa aiu­ta­re il territorio Brontese a far splendere ancora di più il suo “oro”».


La Fondazione Slow Food per la Bio­diversità, con un pro­prio presidio, tutela e vuo­le salva­guardare la piccola pro­duzione del­l’ec­cellente pistac­chio bron­te­se «non equi­para­bile a nessun altro pistacchio medi­terraneo e che cresce esclu­si­vamente a Bronte, nel Cata­nese».

Respon­sabile Slow Food del Presidio del pistacchio di Bronte, è Annamaria Grasso. Referente dei produttori è Antonino Nunzio Caudullo. Fra i produttori Pietro Bonac­corso (zona artigianale, capannone 22, Bronte).
 


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