Don Giovanni Cimbali (Figurine antiche) Don Giovanni Cimbali era un galantuomo. E' inutile dire di più. A Bronte tutti lo conoscevano e sapevano della sua vita di uomo dabbene, dedito al suo «frastucheto» a Malaga. Sul suo ronzinante, col fucile a bacchetta a tracolla, i suoi occhialoni grossi come fari d'auto, se ne scendeva, al «loco», ossequiato a destra ed a manca da amici e conoscenti. Il «loco» era il suo paradiso terrestre. Lì, nella sua forte miopia, vedeva tutto. Vedeva i grappoli opimi delle frastuche, ora che lo scornabecco aveva tutto dato da buon padre affettuoso. Tra la ricotta fresca e le buone sparacogne, aggiungeva ancora altri anni ai numerosi che gli gravavano sulle spalle. - Baciu li mani don Giuvanni. - Cu siti, cu siti? - Ju sugnu, Lorenzu De Luca, don Giovanni, sebbenedica! E l'allora giovincello don Lorenzo si avvicinava al vegliardo, intrattenendosi a parlare della buona annata dei pistacchi. Felice e raggiante, era don Giovanni quando si parlava del suo fondo cosi rigoglioso. Ospitando gli amici nella sua «casotta», offriva di tutto cuore le amarognole sparacogne e il buon vino. Nella «casotta» pernottava per tutto il tempo della raccolta delle «frastuche» solo ma bene armato. Un pistolone a due canne faceva compagnia al fucilone a bacchetta, e con quel pò di arsenale neanche il più malintenzionato si sarebbe azzardato a varcare la soglia del reame di don Giovanni Cimbali. Il vecchio non aveva nemici, ma... «dagli amici mi guardi Iddio» dice il proverbIo, e difatti una volta... Una volta alcuni amici vollero ridere alle sue spalle e messo su un bel piano, la sera stessa lo misero in atto. Il figlio di Rosa l’orba, uno scapestrato che bazzicava nel fondo del Cimbali, sarebbe salito sul tetto e dopo aver tolto alcune tegole, avrebbe... fatto un atto piccolo... in direzione del sottostante capezzale ove riposava il galantuomo. E cosi fece. La notte era serena, le stelle palpitavano nell'afa estiva e i «marranzani» si scambiavano cifrati messaggi... Don Giovanni smise di russare, si portò una mano al viso, al petto, poi ancora al viso e messosi a sedere sul letto disse: O bella, piove! Ma ieri sera il tempo, bello era! Si alzò, e senza inforcare gli occhiali si fece sulla soglia per interrogare il cielo. Ma nulla scopri. Mise fuori il braccio ma nessuna goccia di acqua lo bagnò. Il vecchio capi subito la beffa, anche perchè udì dei passi tra le frasche. Questo è quel fetentone del figlio di Rosa l'orba. Domani l'aggiusto io! L'indomani, don Lorenzo De Luca ed altri amici vennero a trovare con una scusa don Giovanni. Il discorso cadde sull'avvenimento poco pulito della notte passata. Don Giovanni era furente. L'avrebbe ammazzato, lo giurava e indicava il pezzo d'artiglieria che troneggiava nell'angolo della casa, vicino al lettuccio. Alcuni amici lo intrattennero poi a discorrere sull'aia, mentre Lorenzo De Luca, con abile mossa, scaricò il fucile togliendovi pallini e palla di piombo, lasciandolo caricato con la sola polvere e i tappi di stoppa. Lo stesso giorno, dopo aver organizzato la seconda parte del programma, fecero presentare al «loco» il figlio dell'orba che da lontano gridò: - Baciamu li mani don Giovanni, com'è vossia? Don Giovanili stava seduto su d'un «forrizzu », avanti la casotta, il fucile a portata di mano. Aveva l'animo in tempesta, per l'onta subita, ed a sentire quella voce s'alzò di scatto, cercando di sbirciare chi fosse l'uomo che lo salutava. Proteso il collo in avanti, gli occhi socchiusi dietro i grossi vetri, rispose: - Cu siti? - Don Giovanili, iu sugnu! - A tu si? 'u figghiu di Rosa l'orba ? Aspetta, aspetta! E fatto un passo indietro, prese il fucile, e giratosi, cosi, a casaccio fece partire il colpo. - Ahi ...m'ammazzau!, urlò quell'altro, e finse di stramazzare al suolo, mentre poi, carponi, si allontanò. Don Giovanni rimase col fucile ancora puntato, il cuore in tumulto, gli occhi fuori dell'orbita. Poi cercò d'avvicinarsi sul posto ove credeva fosse caduto fulminato l'uomo. Ma vinto dallo spavento ritornò alla casotta gridando: «L'ammazzai, l'ammazzai!» Gli amici, nascosti nelle vicinanze, se la squagliarono andando a portare la notizia in paese. Don Giovanni depose l'arma, si calcò il taschetto in testa ed a piedi, fuggi verso Bronte. - L'ammazzai! Quel grido, grido di morte fu!, l'ammazzai! Sugnu cunsumatu! E arrancava verso il paese in cerca di asilo per sfuggire alla giustizia. Molta gente che l'incontrò lo vide casi sgomento e gli chiese cosa fosse accaduto. - Nulla nulla, rispondeva. Poi a sua volta chiedeva: Avete visto trasportare un defunto? - No don Giovanni, nessun defunto abbiamo visto. E così arrivò al dazio, allo Scialandro, ove gli amici avevano preparato la trappola. - Baciamu, don Giuvanni, vossia a piedi si n'acchianò du' locu? Don Giovanni ripetè: Avete visto passare un defunto? - Si don Giovanni, a momenti son passati quattro carabinieri che seguivano un asino su cui era legato il figlio di Rosa l'orba. Aveva un buco cosi nel petto! A don Giovanni venne un «tramuto», ma si seppe dominare. Mise le ali ai piedi e come un bolide corse a casa sua per vie traverse, mormorando: «'U spurtusai, 'u spurtusai!». Alla vecchia cameriera che lo vide arrivare così stravolto, invecchiato di cent'anni non disse altro: - Chiudi cretina; chiudi la bocca e la porta e a chiunque domandi di me di' che non ci sono! E vacillando, col cuore in gola andò a buttarsi in mezzo alle frasche del tetto morto. Dopo cinque giorni la pietà dei buoni amici lo fece tornare alla luce del sole, con tanto di barba e con gli occhi strabuzzati. E allorchè seppe la verità, anzicchè placarsi giurò che stavolta l'avrebbe "spurtusatu" davvero quel cane maledetto. [A. Mazzola] (Il Ciclope, anno II, n. 7 (19), domenica 13 Aprile 1947, Direttore Luigi Margaglio Cesare)
Zagarazzabuz (Figure di altri tempi) Chi dovesse ricordare il vecchio ufficio postale sito nel vicoletto in fondo a Piazza Viviani, potrà ricordare senz'altro la tipica figura dello Ufficiale postale don Antuninu Brisca. |