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Gli anni del Ciclope

Bronte allo specchio (1946 - 1950)

La Storia di Bronte, insieme a noi

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Spigolando da Il Ciclope, 60 anni dopo

Figure d'altri tempi


Un lampo

Un drammatico racconto di Angelo Mazzola fa da contorno alla precisa descrizione della annuale "cerimonia" che era un tempo la raccolta delle mandorle, una tradizione per le famiglie contadine che vedeva impegnati nelle campagne nipoti, parenti ed amici. Oggi, in qualche maniera, si ripresenta ancora ma sotto gli alberi di pistacchio.

Era già l'alba quando ’u sù Grazianu con i suoi figli, Mariano e Biagino, uscirono dalla loro casetta e s'avviarono in campagna. Il padre aveva svegliato Biagino, il più piccolo, quando già Mariano aveva sellato l’asina e presi i panieri.

Biagino era il più coccolato in casa e tutti cercavano di sciuparlo il meno possibile. Sua madre, la signa Cicca aveva preparato il fagottino e tra il pane e quel pò di ricotta salata che ancora restava aveva aggiunte due belle pere butire. Queste sono per Biagino, aveva raccomandato al marito, e ‘u sù Grazianu aveva abbozzato un lieve sorriso, guardando sottecchi Mariano che toglieva la sacchina all'asina.

Cominciava la campagna delle mandorle e il tempo pareva promettere bene. Erano stati un pò delusi col grano, speravano adesso di rifarsi con le mandorle. Il prezzo era buono.

Due tumoli di terra alla Placa erano un vero giardino di mandorli, che a dire del sù Grazianu, erano delle ninfie, ben cariche di cuzzute, cuvie e giardinelle. Aveva da anni quella quota a due parti con una parte e sempre se l’era cavata col padrone.

Ora s'incamminava e strada facendo guardando i fondi di altri, si rallegravano vedendo un vero solaro di mandorle a piè d'ogni pianta.

- Belle sono quest'anno, carù, alligrizzativi!

E Mariano che seguiva con il virganti alla spalla e un filo di fieno in bocca: - Almeno potremo rifarci la scorta del frumento!

Sull'asina montava Biagino ancora mezzo assonnolito, col taschetto di traverso e con la bunaca nuova; nelle bertole, c'era l'altra per lavoro, ma ora aveva voluto così sua madre: - All'anto poi ti metti l'altra, le scappitte sono dentro le bertole per ora vattene così.

E dalla soglia della porta l'aveva visto allontanare ancora con gli occhi gonfi del sonno, ma con la bunaca nuova, quella mandatagli dall'America dal fratello, e Biagino se n'era andato così, sbadi­gliando e ciondolando le gambe sulla groppa della asina.

Alla «pirciata» volle cedere il posto al padre e questi, che risentiva d'un dolore reumatico alla gamba aveva a malincuore sostituito il figlio sull'animale.

Quando cominciarono a lavorare, il sole era spuntato ed occhieggiava tra i verdi mandorli i cui rami stracarichi si chinavano sino a terra. Un vero tappeto di mandorle era sotto ogni pianta.

Altri contadini avevano già cominciato a sbatacchiare gli alberi coi lunghi bastoni, i virganti, ed una vera grandinata si ripeteva ad ogni colpo di bastone. C'era stata la pioggia giorni prima e poi il sole e le mandorle venivano giù belle e sgusciate.

- Menu mali, carù, non c'è neppure bisogno di sgrullarli, aveva detto ’u sù Grazianu e preso il virganti aveva iniziato a sbatacchiare ramo per ramo, abbassando la testa ad ogni colpo, rice­vendosi quel ben di Dio sul capo e sulle spalle, che popi andava a rotolare per il dolce pendio. Mariano e Biagino carponi, rapidi e muti raccoglievano e riempivano i panieri.

Tutt'occhi, guardando a destra e a sinistra, prendendo una per una le mandorle, sgusciando quelle che avevano ancora la grolla, rovistando tra i rovi e le erbacce, tra i piccoli solchi scavati dall’acqua, tra le pietre de muretti a secco.

- Sono come i peccati, diceva Mariano con voce afona, più ne levi più ne spuntano. E Biagino che lo seguiva ne trovava qualcuna dietro il fratello. A vederli così alla lontana, sembravano due segugi, annusanti per terra, mentre il padre, il vecchio bracconiere, sventava la selvag­gina a suon di legnate.

Quando il primo sacco fu pieno, il vecchio diede l'alt e allora Mariano andò alla casotta a prender le vettovaglie e la brocca dell'acqua. Il fiaschetto col vino l'aveva-portato avanti ’u sù Grazianu, perché con il sudore è bene togliersi l'arsura col vino, di tanto intanto, coll'acqua c'è pericolo di qualche malanno.

Zitti zitti, tutti e tre poi presero a mangiare. Gli occhi però vagavano dalle piante alla terra, cercando di scoprire le mandorle rimaste attaccate ai rami e quelle dimenticate per terra. E di tanto in tanto s'alzava o Mariano o Biagino e giù un colpo di virgante a quel ramo lassù in alto o prendere quella mandorla che sembrava una grolla vuota.

- Accampàmuli puliti, carù, disse ’u sù Grazianu, e tundi i manu. Dentro quattro giorni dob­biamo uscircene. Il tempo è buono, ma ho paura di qualche mutazione con la fatta di luna!

Biagino, col boccone pieno, guardò verso la Montagna e si stette zitto. Mariano in piedi vicino un mandorlo si abbassò e sgusciò una cuvia ancora chiusa nel suo guscio verde.

- Ce ne sono molte pipi, disse, queste ci faranno perdere tempo!

- Le sgrolleremo poi, rispose ’u sù Grazianu. E finita la sua parca colazione, asciugò la lama del coltello sul ginocchio e serrato ch'ebbe il suo fido temperino se lo mise in tasca. Bevve poi un altro sorso, mentre i figlioli s'abbeveravano alla brocca e indi ripresero il lavoro.

Ora Biagino cominciava a canticchiare, prima, a voce bassa, poi a mano a mano più alta.

Era una di quelle canzoni che i contadini soli sanno cantare con passione e che danno un senso di dolce abbandono tra la campagna assolata, coi grilli che stridono e le cicale che rispondono dai rami degli alberi, mentre lontana in un azzurro intenso si staglia nel cielo la sagoma del­l'Etna con su un lieve pennacchio di fumo grigiognolo.

Mariano faceva il contracanto mentre alla batteria stava ’u sù Grazianu che non perdeva il tempo.

A sera consegnarono i sacchi alla roba e si riportarono indietro la loro parte. Stanchi si ad­dos­sarono poi al muretto della casotta e videro spuntare la luna laggiù dietro la Montagna.

Uno zufolo accompagnato da un tamburello suonava nella notte, mentre i cani si richiama­vano coi latrati lunghi e rabbiosi. Il cielo però s'era coperto e la l'una aveva attorno un largo alone. Il vento s'era alzato e da levante veniva a folate a rinfrescare l'aria.

- Mutazione c'è; lo dicevo io. E ’u sù Grazianu, spense la pipa e si alzò. Da buon contadino era certo di non ingannarsi.

Diede uno sguardo verso la Montagna e poi disse:
- Domani avremo l'acqua!

- Queste mandorle ho paura che non le raccoglieremo tanto presto. Poi andarono a dormire sul rustico giaciglio montato sui trespoli e si coprirono con i sacchi. Mariano aveva pensato a fare abbeverare l'asina e ora questa nella piccola stalla vicina ruminava la paglia nella mangia­toia.

La mattina dopo il cielo era già nuvolo e l'aria molto più gelida. Lontano rotolò un tuono, poi altri ancora.

– Lesti carù, ci siamo, disse ’u sù Grazianu, mentre in cima ad un albero batac­chiava di gran lena.

I due ragazzi sembrava avessero quattro mani e gli occhi s'erano ingranditi a dismisura nelle orbite. I panieri avanzavano a scatti sul terreno argilloso e le dita indolenzite sembravano essere diventate calamite. Non fiatavano. A salti come capre, sempre curvi sul terreno pro­cedevano a zig zag sotto ogni pianta e poi di corsa all'altra pianta, e una volta pieno il paniere, giù nel sacco.

Una goccia cadde su una pietra e svanì subito assorbita dal masso. Poi il tuono s'avvicinò e una saetta balenò vicina. Una fitta pioggia cadde improvvisa, in una allo scoppio del tuono.

- Santa Barbaruzza aiutaci Tu! e ’u sù Grazianu, buttato via il virganti, venne giù dalla pianta.

- Curremu, carù, curremu, ’inta casotta prestu! Mariano cercava di prendere il sacco ma il padre se lo caricò sulle spalle e cominciò a scendere pel pendio che portava alla casotta, mentre la pioggia gli cadeva sul viso.

- Lesti carù, i lampi non scherzano, e correva svelto cercando di non scivolare con le sue scappitte di gomma.

Ad una svolta si girò e vide dietro Mariano con un paniere colmo in mano, mentre più lontano Biagino era chino intento a raccogliere qualche mandorla dimenticata.

- Lestu, Biagì, lestu, lascia perdere! E sotto il peso del sacco aveva ripresa la sua corsa.

Un fragore ad un tratto lo stordì, mentre chino sotto il sacco sentì abbagliarsi la vista. Buttò giù il peso e accasciato si girò per capire cos'era successo. Laggiù, sotto un mandorlo Biagino era a terra col capo bocconi, il paniere rovesciato vicino il petto; Mariano stava per rialzarsi e cercava di correre verso il fratello; ma non si reggeva in piedi.

Allora ’u su Grazianu capì immediatamente.

- ’U lampu, ’u lampu!

E mentre un altro fragore l'assordava, con la pioggia che fitta cadeva intorno a lui, s'alzò, ince­spicò, tornò ad alzarsi e corse verso la sua creatura che boccheggiava.

Il viso nero, impiastricciato di fango era irriconoscibile. Due rivoletti di sangue correvano dalle narici, mentre un acre odor di zolfo aleggiava nell'aria. Impazzito dal terrore e dal dolore il povero padre s'accasciò per terra vicino al suo Biagino fulminato che stringeva ancora nel pugno una manciata di mandorle.

- ’U lampu, ’u lampu!, gridava il vecchio nel suo urlo straziante, e i singhiozzi, gli facevano scandire la parola: ’U lampu…’u lampu!... La sua creatura era lì carbonizzata sotto il mandorlo carico che fumigava dalla sua larga ferita annerita.

Lontano una nuvola s'era squarciata ed un raggio di sole faceva scintillare le foglie degli alberi. [A. Mazzola]

[Il Ciclope, numero unico, Domenica 12 Ottobre 1947, direttore Giuseppe Bonina]


 

Galleria degli uomini illustri!?!

Molti dei suoi alunni lo ricor­dano ancora:
il maestro Castiglione Pellicrapettu, qui ritratto dalla felice matita del cancelliere  An­ge­lo Mazzola mentre "col taschetto, il pa­strano e l'om­brel­lo" si avvia verso le Scuole elemen­tari di  Piazza Speda­lieri. Anche la breve poesia che accompagna la vignetta ne fa un ritratto a tutto tondo

Il maestro Castiglione

Il maestro Castiglione

«Col taschetto e col pastrano,
con l'ombrello «a pastorale»,
stretto il naso dall'occhiale,
dritto e muto a scuola va.
Non c'è bimbo che l'aiuti,
che lo segua per la via
per portar ...la libreria
del modesto professor.
Paziente e scrupoloso
cura i bimbi con passione
il maestro Castiglione
gloria e vanto del saper»

 
 

Galleria dei goliardi!?!

Nel 1947 il futuro vete­rinario Ugo Marcantonio è ancora un "goliardo" ed Il Ciclope inseren­dolo nella sua apposita Galleria, la butta in politica:

Ugo Marcantonio, veterinario, 1947

«Non è Caio nè Sempronio:
non puoi aver confusione...
... questo è Ugo Marcantonio,
detto pure Gino Morfione!
Per la destra fu fervente,
fischiettava «Biancofiore»...
oggi e rosso, rosso ardente...
ma non fischia... (per pudore?)
E' studente in medicina,
sarà un medico modello...
ma che curi «l'asinina»...
senza falce nè martello!»

 
 

Galleria dei trampolieri!?

Un altro "tram­poliere" nella Galleria del Ciclope: trattasi del prof. Anto­nino Minis­sale. Null'altro sap­pia­mo di lui se non quel­lo che disegna Ange­lo Mazzola e che recita la poesiola:

Il prof. antonino Minissale

«Spirito avventuroso eppur pacato
è quello di Antonino Minissale,
dall'Africa da poco ritornato
dando un addio al sole coloniale!
E' dritto... anche in senso figurato:
come il Dottor Trippili... padre suo.
quello curava il fisico malato,
questi lettere insegna al figlio tuo.
Nel cuore suo calmata or è la smania;
gli affiora a volte qualche nostalgia
dall'alto della Cattedra in Catania
se tratta l'Abissinia in Geografia»



 

 

 

 

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