L’origine e il significato
dei cognomi brontesi
di Pietro Spitaleri Perdicaro
Quando nascono i primi cognomi? -
I 119 cognomi analizzati -
Classi cognominali -
L'origine dei toponimi -
L'origine linguistica
Forse pochi sanno che l’Italia
detiene nel mondo il primato per il numero dei cognomi: ben
350.000 forme cognominali, in media un cognome ogni 8600 italiani! Tantissimi, se si pensa che in Cina, a fronte di una popolazione
che ha superato ampiamente il miliardo di abitanti, si riscontrano
appena un migliaio di cognomi.
Quando nascono i primi
cognomi? I Romani per riconoscersi usavano il praenomen
(corrispondente al nostro nome di battesimo) e il nomen (il
nostro cognome), che indicava la gens (la famiglia) di
appartenenza dell’individuo. Solamente in epoca tarda, a partire
dall’età di Silla, al praenomen e al nomen poteva
aggiungersi il cognomen: una sorta di soprannome,
nel caso in cui bisognasse distinguere individui aventi identici
praenomen e nomen. È a partire dalla fine del Medioevo che inizia il processo di
formazione dei moderni cognomi italiani, coprendo un arco
temporale che si concluderà tra il Settecento e l’Ottocento. Dalla
fine della potenza romana e fin verso l’Ottavo secolo, il
riconoscimento di una persona poggiava ancora sull’adozione del
semplice nome di battesimo (l’antico praenomen latino). Tre erano i sostrati
linguistici su cui poggiava il
repertorio onomastico
alto-medievale: al più antico,
quello latino, si era sovrapposta
l’onomastica cristiana, che aveva
mantenuto molti nomi pagani,
integrandoli con l’apporto di nomi
biblici. Infine, il sostrato più
recente, l’onomastica dei popoli
germanici (goti, longobardi,
franchi), che si erano avvicendati
nel dominio della penisola
italiana. Inizialmente, l’uso dei nomi germanici rimase
confinato al loro specifico ambito etnico e ciò permise ancora la
sopravvivenza dei sostrati più antichi (latino e cristiano). Fino all’Ottavo secolo, l’esistenza di tre distinte tradizioni
linguistiche offriva dunque un ben differenziato e articolato
patrimonio onomastico, rendendo ancora possibile, senza incorrere
in frequenti omonimie, l’uso di un solo nome personale. Tale
sistema era sufficiente in una realtà chiusa e statica quale
quella feudale, caratterizzata da uno scarso dinamismo
demografico. Ma, alla fine del primo millennio, la rinascita
demografica della popolazione europea, il rifiorire dei traffici e
dei commerci, la ripresa dell’inurbamento, imporranno un diverso
sistema di identificazione delle persone, che evitasse i sempre
più frequenti fenomeni di omonimia. Anche il progressivo prevalere
dei nomi germanici, e la conseguente decadenza dell’onomastica
latina e cristiana, determinarono una semplificazione nella scelta
dei nomi personali, che contribuì ad alimentare i casi di
confusione nella identificazione delle persone. L’uso del solo
nome di battesimo si rivelò insufficiente. Si impose dunque la
necessità di coniare nuovi epiteti da aggiungere al nome
individuale. I cognomi nacquero come veri e propri soprannomi
personali. Come tali, essi condensavano, nel loro “significato”, un qualche
aspetto della condizione personale degli individui a cui facevano riferimento.
Un individuo che, per esempio, si chiamasse di nome Giorgio ed esercitasse il
mestiere di fabbro, poteva essere soprannominato “Giorgio Ferraro”. I suoi
figli, a loro volta, avrebbero ereditato il soprannome del padre e costoro lo
avrebbero trasmesso ai propri discendenti: nasce la famiglia dei “Ferrari”.
Nell’arco di non molte generazioni dunque, un soprannome, divenuto ereditario,
si trasformava in cognome. Esso smarriva la sua originaria valenza di
“soprannome personale”. Essendo riferibile a più membri di una medesima
famiglia, la sua funzione era di distinguere, all’interno di comunità cittadine
ormai numerose, non più e non solo le singole persone, quanto piuttosto un
gruppo famigliare. Sarà il Concilio di Trento, a metà del Cinquecento, che imporrà
l’istituzione dei primi registri battesimali, dove, accanto al
nome proprio, veniva fatto obbligo al sacerdote di annotare anche
il casato del neonato. Successivamente, quando con il sorgere
dell’anagrafe, tra Settecento e Ottocento, inizierà la
registrazione civile dei cognomi, il sistema cognominale europeo
sarà quasi del tutto strutturato e stabilizzato.
I 119 cognomi analizzati
I cognomi da me analizzati ascendono a 119. Basandomi sul criterio
della frequenza, sono stati rilevati dall’elenco telefonico del
2007/2008, dunque essi non esauriscono la totalità dei cognomi
presenti a Bronte (sulle forme omesse, mi riprometto di tornare
successivamente, scusandomi anticipatamente con quei lettori che
non troveranno il loro cognome).
Di ogni forma, ho tentato di suggerire una esplicazione
etimologica, ovvero il significato originario, nonché la probabile
origine linguistica.
Per alcuni si forniscono più spiegazioni,
disposte in ordine di decrescente plausibilità esplicativa (dalla
più probabile alle meno convincente).
Pochi sono invece
accompagnati da un punto di domanda (?), a voler significare che
l’indicazione esplicativa del significato rimane dubbiosa.
Mi preme di ricordare che, non essendo l’onomastica una scienza
esatta, i dati riportati possono essere suscettibili, sulla scorta
di indagini e ricerche nuove e più approfondite, di correzioni e
revisioni.
Ecco l’elenco dei cognomi con la
relativa esplicazione del significato:
AMATO: (dal latino Amatus), “amato da Dio”. Cognome diffuso
tra gli ebrei (in ebraico Chabib, da cui la forma
cognominale “Cabibbo”, diffusa in Sicilia nelle provincie di SR e
RG). È anche nome di un fiume e di una località in provincia di
Catanzaro. ANASTASI: (dal greco tardo), “risorto”. ATTINA’: (dal greco tardo), “colui che pettina”. In Grecia esiste
il cognome Ktenàs. AVELLINA: dal nome della città Avellino. AZZARA: (dall’arabo), “fiore”. Cognome presente anche tra gli
ebrei.BARBAGIOVANNI: nome composto da “barba” (dal latino, “uomo
barbuto, autorevole”) e “Giovanni”; dunque, “saggio Giovanni”. BASILE: (dal greco medievale), “regale”. BATTICANI: nome composto di origine araba : wadi
(“vallone”) e ayn (“sorgente”); dunque, “sorgente nel
vallone”. In Sicilia esiste un torrente Batticani, affluente del
Belice. BERTOLONE: accrescitivo del sic. bertula (“bisaccia”),
dunque “grossa bisaccia”. In senso figurato, “uomo grasso”. BIUSO: nome proprio (dal lat. medievale), Abiosus. BONACCORSO: nome augurale di origine medievale, “Buon aiuto”
oppure “bene accolto”. BONINA: diminutivo del nome proprio medievale Bona. BONSIGNORE: dal latino medievale “Buon signore”. BURRELLO: in siciliano bureddu, “intestino”. Oppure dal
francese borrel: “carnefice”. CALA’: (dal greco), “Bello”. CALANNA: (dal greco), “buona Anna” (nome augurale). CALI’: (dal greco medievale), “Buona” (nome augurale).
CAMUTO: (dall’arabo), “grazie a dio”.
CANNATA: “vaso di creta per acqua” (dal siciliano, derivato però
dal greco medievale). CAPACE: “abile” (dal latino). È il nome di
una località del Palermitano nella forma “Capaci”. CAPIZZI: dal nome (di origine tardo greca) del centro montano del
Messinese. CARACI: (dal greco) “Grazia di Dio” (nome augurale). CARTILLONE: accrescitivo di “Cartello” (nome proprio di origine
tardo greca). CARUSO: (dal siciliano carusu, derivato dal verbo
accarusare, “capitozzare”, ovvero “potare gli alberi al
tronco”): “garzone”, “ragazzo inesperto”. CASERTA: dal nome della città campana (dal latino medievale “casa
irta”: “borgo situato in un sito impervio”). CASSARA’: (dall’arabo), venditore di stuoie”. CASTIGLIONE: (dal latino medievale) “piccolo castello”. Esistono
diverse località italiane con questo nome; la più vicina a Bronte
è Castiglione di Sicilia. CATANIA: dal nome (di origine greca) della città etnea; oppure,
dall’arabo, “granone”. È il quarto cognome per diffusione a
Bronte. CIMBALI: dal siciliano (cìmbalu), “cembalo”. CIPOLLA: (dal latino) “cipolla”. CIRALDO: variante del termine siciliano ceraulo (in
calabrese ceravularu, ciaraulu). Esso deriva dal greco e
significa “suonatore di corno”, strumento con il quale tale
misterioso personaggio attirava su di sé l’attenzione della gente.
Sorta di stregone-guaritore, figura erratica, il ceraulo
andava girando di paese in paese (è attestata la sua presenza in
tutta l’Italia meridionale), recando con sé dei serpenti che
adoperava a scopo terapeutico. In particolare, nell’ambito delle
credenze popolari legate alla civiltà agricola, si riteneva che i
cerauli possedessero poteri soprannaturali tali da poter
guarire gli uomini dai morsi degli animali velenosi. Ad accrescere
l’aura mitica che circondava la figura dei cerauli
concorreva anche la credenza che essi fossero diretti discendenti
di S. Paolo, colui che per primo aveva domato il serpente (per
antonomasia, simbolo del male nella mentalità popolare). Il
prestigio del ceraulo decadde con il tramonto delle
credenze dell’arcaico mondo contadino e con la scomparsa delle
pratiche magiche. Il termine andò acquisendo, nel suo nuovo
significato figurato, la valenza negativa di “imbroglione”,
“ciarlatano”. CIRAMI: nome siciliano di Cerami, località dell’Ennese (dal greco,
“vaso di terracotta”). CONTI: (dal latino), “compagno”. Il cognome è di origine
tortoriciana. CORDARO: (dal latino medievale), “fabbricante di corde”. COSTANZO: nome proprio derivante dal latino “Costantino”: “che è
dotato di forza, di tenacia” (cognome di origine tortoriciana). CURRENTI: “colui che corre” (dal verbo latino currere). D’AQUINO: “proveniente da Aquino”, centro della provincia di
Frosinone. DE LUCA: “di Luca”; in origine “figlio di Luca”, poi “appartenente
alla famiglia dei Luca” (nome di origine latina). DESTRO: “abile” (dal latino). DI MARCO: (nome di origine latina) “di Marco”; in origine “figlio
di Marco”, poi “colui che appartiene alla famiglia dei Marco”. DI SANO: (nome di origine latina) “che è figlio di genitori
integri fisicamente e moralmente”. DI VINCENZO: “figlio di Vincenzo”; in seguito “membro della
famiglia dei Vincenzo” (dal latino: “colui che risulta
vincitore”). FALLICO: (dal greco), “ciottolo”. FARANDA: nome proprio greco, Farandas. FAVAZZA: dispregiativo di “fava”. FAZIO: nome proprio derivante dall’abbreviazione di “Bonifazio”
(dal latino: “colui che fa del bene”). FOTI: (dal greco), “luce”. Il cognome potrebbe derivare da
mestieri che hanno attinenza con la “luce” e col “fuoco”. FRANCO: (dal germanico), “libero”; oppure dal nome di una località
navarrina. È cognome ricorrente anche presso gli ebrei (un esempio
famoso è quello di Anna Frank, autrice del famoso “Diario”). GALATI: dall’omonimo comune messinese (dal greco medievale,
“latte”). Il cognome è originario di Tortorici. GALVAGNO: nel Messinese esiste una località con questo nome, che
deriva dal nome proprio “Galvano”. GANGI: dall’omonimo comune palermitano (parola di probabile
origine tardo greca). GATTO: (dal latino tardo), “gatto”. GERMANA’: (dal greco) “campo di segale”. GORGONE: dal greco, “mostro” ; oppure dal francese, “baratro” (?). GRASSIA: (dal greco), “obliquo”, “trasversale”(?). GRECO: (dal latino), “greco”. In epoca medievale, gricu,
nel dialetto siculo, era sinonimo di “albanese”. Nel significato
figurato vuoi dire “uomo astuto, furbo”. GRIGOLI: nome proprio,”Gregorio” (dal greco medievale). GULINO: nome proprio derivante dall’abbreviazione di “Ugolino”. GULLOTTO/I: in greco: “mutilo”, “storto”. In calabrese gullu
significa “senza corna”. IMBROSCIANO: variante di “Ambrosiano” (dal nome proprio, di
origine greca, “Ambrogio”: “Immortale”). INCOGNITO: “non conosciuto”. Ha il medesimo significato di cognomi
quali: Diolosà, Esposito, Degli Esposti, Trovato, Innocenti,
Diotallevi. ISOLA: nome proprio femminile, “Isola”. LAGANA’: (tardo greco), “ortolano”, “erbivendolo”. LAZZARO: nome personale di origine ebraica: “Eleazaro”, “colui che
è assistito da Dio”.. LEANZA: “da lianza” (siciliano), “dall’alleanza” , ovvero
“colui che proviene dalla (o che appartiene alla) “Alleanza” tra
Dio e il popolo ebraico”. Oppure, dall’italiano antico leanza:
“lealtà”. LEMBO: “catino di terracotta” (termine siciliano).
LIUZZO: vezzeggiativo dei nomi propri “Leo”o “Elia”. A Messina
esiste un rione con questo nome. Cognome diffuso anche a
Tortorici.
LOMBARDO: in età normanna, i “lombardi” erano indistintamente
tutti gli immigrati in Sicilia provenienti dall’Italia
nord-occidentale. Ma nel siciliano antico lummardu era
sinonimo di “droghiere”, “venditore di alimenti”, poiché molti
erano i lombardi che venivano in Sicilia ad esercitare tale
mestiere. |
RUBINO: “rosso” (dal latino rubeus). In senso figurato
“bello come un rubino”. Ma potrebbe anche derivare dall’ebraico
ruben, “figlio della Provvidenza” (cfr. il cognome ebraico
Rubinstein: “pietra rossa” “rubino”).
RUSSO: dal siciliano russu, “rosso (di carnagione, di
capelli).
SACCULLO: “piccolo sacco” (dal siciliano).
SAITTA (dal siciliano): “fulmine”, ma anche “trottola”; oppure
(dall’arabo sayyd), “signore”. È il terzo cognome per
frequenza a Bronte.
SANFILIPPO: dal nome del comune dell’ennese S. Filippo d’Agira.
SCALISI: “proveniente da Scalea” (località calabrese).
SCHILIRO’: cognome di origine albanese, “duro, forte” (dal greco).
È il quinto cognome per frequenza a Bronte.
SCIACCA: dal nome della cittadina agrigentina. Ma anche,
“fenditura” (dal siciliano sciaccare: “spaccare”, “fendere”,
verbo di origine araba, shaqqah). SPITALERI: (parola siciliana) dal latino medievale
hospitalarius, derivato da hospitium, termine con cui
si designavano le strutture di ospitalità per i viandanti e i
forestieri, ma anche gli asili per gli orfani. L’hospitalarius
era dunque l’addetto a tali ricoveri. Posteriore ad
hospitium è invece il termine hospitalis, che indicava
il luogo di cura per i malati. Di conseguenza,
il termine
“spitaleri” assumerà il significato più moderno di “servente di un
ospedale”. In epoca medievale l’ospitalità e l’assistenza agli
infermi, agli orfani e ai trovatelli, era prerogativa degli ordini
monastici e delle chiese principali.
Nei
registri parrocchiali più
antichi della Chiesa Matrice di Bronte, il cognome Spitaleri è
diffusissimo ed ho motivo di supporre, sulla scorta delle mie
ricerche d’archivio, che Bronte abbia costituito l’“epicentro”, il
fulcro dell’irraggiamento di tale forma cognominale negli altri
paesi etnei. Proprio per l’alta diffusività del cognome, il
filosofo brontese Nicola Spitaleri e i suoi familiari, per
esigenze di distinzione di ceto, adottarono la forma “Spedalieri”,
che è la versione toscanizzata della primitiva versione
“Spitaleri”, dando così origine ad una nuova casata. TIRENDI: nome proprio (dal greco), “Terenzio”. UCCELLATORE: (dall’italiano), “chi pratica l’uccellagione” VITANZA: nome astratto derivato da “vita”(?).
ZERBO: (dal greco medievale), “mancino”. ZINGALE: (dal greco medievale), “calzolaio”.
Classi cognominali Sulle base del loro significato originario, le 119 forme
cognominali brontesi esaminate sono state ripartite in “classi”
(per i cognomi di cui sono stati indicati più possibili
significati, questi sono stati considerati integralmente e come
tali classificati, per cui capiterà di vedere alcune forme
cognominali inserite in più gruppi): - Cognomi derivanti da nomi personali:
Amato, Anastasi, Barbagiovanni, Basile, Biuso, Bonaccorso,
Bonina, Calanna, Camuto, Caraci, Costanzo, Faranda, Fazio, Grìgoli,
Gulino, Imbrosciano, Isola, Lazzaro, Liuzzo, Luca, Marcantonio,
Marino, Martelli, Meli, Pace, Pafumi, Politi, Ponzo, Prestianni,
Rubino, Tirendi (totale n. 31). - Cognomi derivanti da soprannomi scherzosi, spregiativi,
ironici, centrati su caratteristiche fisiche o caratteriali o
comportamentali riferibili al singolo:
Bertolone, Bonsignore, Calà, Calì, Capace, Cartillone, Caruso,
Conti, Currenti, Destro, Di Sano, Foti, Franco, Gorgone, Grassia,
Gullotto, Incognito, Meli, Musarra, Mirenda, Papotto, Pappalardo,
Petronaci, Politi, Reale, Rubino, Russo, Saitta, Schilirò, Zerbo
(totale nn. 30). - Cognomi toponimi ed etnici. I toponimi indicano la località
di provenienza, gli etnici l’appartenenza a etnìa:
Toponimi brontesi sono: Avellina, Batticani, Capizzi, Caserta,
Castiglione, Catania, Cirami, D’Aquino, Franco, Galati, Galvagno,
Messina, Minio, Pace, Palermo, Piazza, Sanfilippo, Sciacca. Etnici
sono invece: Greco, Lombardo, Longhitano, Messineo, Romano, Scalisi (totale nn. 24).
- Cognomi tratti dal mondo della natura:
Azzara, Catania, Cipolla, Favazza, Gatto, Germanà, Lùpica,
Lupo, Marullo, Meli, Montagno, Pàparo, Pecorino, Pinzone, Rappazzo,
Rizzo, Saitta (totale nn. 17). - Cognomi indicanti un mestiere, una professione, una carica:
Attinà, Burrello, Cassarà, Ciraldo, Cordaro, Laganà, Lombardo,
Màncani, Minissale, Orèfice, Portaro, Spitaleri, Uccellatore,
Zingale, (totale nn. 14). - Cognomi tratti da oggetti del mondo del lavoro e della casa:
Bertolone, Cannata, Cìmbali, Fàllico, Lembo, Pruiti, Romano,
Saccullo, Saitta (totale nn.9). - Cognomi patronimici o matronimici (derivano dal nome del
padre o della madre):
De Luca, Di Marco, Di Vincenzo (totale nn.3).
- Cognomi indicanti parte del corpo umano: Burrello, Marullo (totale nn. 2).
- Cognomi derivanti da nomi astratti:
Lenza, Vitanza (totale nn. 2). Come si può facilmente osservare, più del cinquanta per cento dei
cognomi brontesi analizzati deriva da nomi personali, soprannomi e
patronimici. All’origine della nascita dei cognomi spesso
concorreva la “cristallizzazione” di un nome proprio o di un
soprannome personale, che da un individuo si trasmetteva ai suoi
discendenti, dando origine ad una famiglia ben distinta (in parte,
qualcosa di simile accade ancora oggi, nei nostri paesi, con
i
soprannomi -
’ngiurii o pecchi - mediante i quali,
soprattutto gli anziani, identificano persone e famiglie, senza
far ricorso in alcun modo ai “cognomi ufficiali” dell’anagrafe). Variegato è l’universo dei cognomi brontesi
derivati da nomi
propri.
Degni di nota, in particolare, gli “augurali” e i
“granulatori” (nomi indicanti buoni auspici per il nascituro o
l’infante) - tra cui, l’“amato da Dio” (“Amato”), il “risorto”
(“Anastasi”), il “ben accolto” (“Bonaccorso”), l’ “assistito da
Dio” (“Làzzaro”), il “figlio della Provvidenza” (“Rubino”), (il
bimbo) “dolce come il miele” (“Meli”), che è, per i genitori,
“felicità” (“Musarra”). Tra i soprannomi personali, ritroviamo: un grassone
(“Bertolone”), un mangione (“Pappalardo”), un “mostro” di
bruttezza (“Gorgone”), uno storpio (“Gullotto”), un mancino
(“Zerbo”), un “dritto” (“Schilirò”), un “poco di buono”
(“Grassia”), un ragazzo imberbe (“Caruso”), un “signore
benevolente (“Bonsignore”), oppure, semplicemente, un “signore”
(“Saitta”), un tipo con l’aspetto da “pretino” (“Papotto”), un
“compagnone” (“Conti”), uno “bello come un rubino” (“Rubino”),
etc. Un’ultima osservazione per
i patronimici. Dei tre
considerati solo uno, “De Luca”, possiede la particella “de”
anziché “di” (come per “Di Vincenzo”e “Di Marco”). Spesso, per
alcuni cognomi italiani, tale particella è indicativa di nobiltà.
Il cognome brontese “De Luca”, come è attestato nei registri
parrocchiali più antichi, risulta trascritto semplicemente come
“Luca” o “di Luca”. Il “de” è dunque una variazione postuma,
probabilmente sorta, ancora una volta, per distinguere una
famiglia che ha raggiunto un elevato status socio-economico dalle
omonime. Al secondo posto, per consistenza, troviamo i
cognomi toponimi
ed etnici. Tra i toponimi rileviamo 14 località siciliane.
Diffusissimo il cognome “Catania”; molto meno la forma “Messina”;
segue, per ultimo, il cognome “Palermo”. Cirami (Cerami), Piazza
(Armerina), Sanfilippo (d’Agira) appartengono all’Ennese; Gangi
alla Sicilia occidentale. Diversi i centri del Messinese: Capizzi,
Castiglione di Sicilia, Galati, Galvagno, Pace (del Mela). Alla
Sicilia del centro-sud appartengono i toponimi Sciacca e Minìo
(Mineo). Toponimi non siciliani sono: Avellina (Avellino) e
Caserta (Campania), D’Aquino (Lazio) e Franco (Navarra, Spagna). Toponimi ed etnici sono cognomi indicatori per lo più di movimenti
migratori. Con il nome della località di provenienza, o con
l’indicazione di una etnìa, infatti potevano essere designati
gruppi più o meno consistenti di persone, che, per differenti
motivi (persecuzioni, ricerca di lavoro, etc.), migravano verso
nuove località. È noto, per esempio, che numerosi cognomi ebraici
siano toponimi: le continue persecuzioni cui erano sottoposti,
costringevano gli ebrei a continui spostamenti verso centri più
sicuri e tolleranti. Qui, essi perdevano i loro cognomi originari,
per assumere il nome della città di provenienza. In effetti, i
toponimi brontesi Catania, Messina, Palermo, Minio (Mineo),
Sciacca, rinviano a città e paesi nei quali esistevano fiorenti
comunità ebraiche ed è probabile dunque che possano essere cognomi
di origine ebraica. È però altrettanto vero che anche immigrati
non ebrei, principalmente i lavoratori stagionali, accolti in un
nuovo paese, potevano essere indistintamente denominati con il
nome delle località d’origine (per esempio, “i Longhitano”, da Longi; “gli Scalisi”, da Scalea, etc).
L'origine dei toponimi Un’ultima osservazione, infine, sull’origine dei toponimi: un
toponimo poteva anche essere assegnato ad un trovatello, che
veniva così cognominato con il nome del luogo dove era nato. Analizzando
gli etnici “Lombardo” e “Greco”, ci imbattiamo in
significativi marcatori linguistici nei quali leggiamo, ancora un
volta, importanti pagine della storia siciliana. I “lombardi”
erano infatti popolazioni provenienti dalla Italia
nord-occidentale, che, sotto gli auspici dei Normanni e degli
Svevi, migrarono in Sicilia, con lo scopo di colonizzare e
rinvigorire demograficamente le zone spopolate e più impervie
dell’isola. Nuclei consistenti di “lombardi” si attestarono lungo
tutta la dorsale peloritana del Messinese, dando origine al
sorgere di interessanti realtà economiche e culturali (si pensi,
per rimanere in ambito linguistico, al dialetto gallo-italico di
S. Fratello). Per quanto concerne il toponimo “Greco” (in
siciliano, “gricu”), esso non deve far pensare ad una memoria
linguistica che ricordi la presenza degli antichi greci a Bronte.
La colonizzazione greca interessò e influenzò in maniera
preponderante altre zone della Sicilia orientale. Tale termine
connotava, invece, in epoca medievale e moderna, genti provenienti
dai Balcani, per lo più di origine albanese. La
presenza degli
albanesi nell’Italia meridionale rimonterebbe, per la prima volta,
al tardo Trecento, come mercenari nelle lotte intestine tra la
grande feudalità, la monarchia angioina e la corona aragonese. Altri importanti flussi migratori avverranno nel 1500 a seguito
dell’avanzata turca nel Balcani. Consistenti gruppi di albanesi
rappresentarono una importante componente etnica che costituì,
insieme ad altre popolazioni, in età moderna, il nucleo originario
di Bronte. Variegato è l’ambito dei cognomi brontesi
indicanti i mestieri:
tra gli artigiani e i commercianti ritroviamo i calzolai
(“Zingale”), i venditori di stuoie (“Cassarà”), i “Cordari”; non
mancano gli “Orefice” (cognome presente anche tra i cognomi
ebraici), i droghieri (“Lombardo”), gli operai tessili (“Mancani”)
e i parrucchieri (“Attinà”). Tra le attività
legate al mondo della natura annoveriamo i mielai
(“Minissale”), gli ortolani (“Laganà”) e i cacciatori di uccelli
(“Uccellatore”). In ambito medico-assistenziale troviamo gli
“Spitaleri” e i “Ciraldo. Completano l’elenco dei cognomi di
mestiere i “custodi di ingressi conventuali” (“portaro”) e i
“carnefici” (“Burrello”), se facciamo discendere tale forma
linguistica dal termine francese borrel. Per quanto riguarda i cognomi
tratti dal mondo della natura,
in ambito vegetale non potevano mancare i fiori (“Azzara”), il
grano (“Catania”), le cipolle (“Cipolla”), le fave (“Favazza”), la
lattuga (“Marullo”), la vite (“Rappazzo”) e, derivato dai fiori,
il miele (“Meli”). Nel mondo animale rileviamo i gatti (“Gatto”),
l’ùpupa (“Lupica”), il lupo (“Lupo”), il merlo (“Marullo”), l’oca
(“pàparo”), la pecora (“Pecorino”), il fringuello (“Pinzone”), il
riccio (“Rizzo”). I fulmini (“Saitta”) e i monti (“Montagno”)
fanno da sfondo a tale panorama. Non è improbabile che molti di
tali cognomi fossero usati in senso figurato, dato che l’uomo ha
da sempre tessuto delle corrispondenze e delle analogie con il
mondo animale e vegetale, proiettandovi attributi psicologici e
fisici. Animali, piante ed eventi naturali, finiscono così per
trasformarsi in simboli o metafore di determinate qualità
antropomorfiche. Tra i cognomi
riferibili agli oggetti, reperiamo bisaccie
di grandi dimensioni (“Bertolone”) e, all’opposto, sacchi di
picco- le dimensioni (“Saccullo”). Ancora: recipien- ti vari di
terracotta (“Cannata”, “Lembo”, “Pruiti”) e poi dei semplici
ciottoli (“Fallico”), ma anche parti delle stadere (“Romano”) e,
infine, addirittura, dei cem- bali (“Cimbali”). I cognomi
indicanti parti del corpo sono solamente due, ma
fanno significativamente riferimento a due organi di vitale
importanza per l’uomo, ovvero l’intestino (“Burrello”) e il
cervello (“Ma rullo”). Alla “vita” e alla “lealtà” (o all”‘alleanza”)
fanno infine riferimento gli unici due cognomi brontesi derivanti
da nomi astratti.
L'origine linguistica
Dopo averne considerato l’aspetto semantico (relativo al
significato), completiamo la nostra ricognizione onomastica,
analizzando l’origine linguistica dei cognomi brontesi.
Ecco l’elenco dettagliato per cognome dei suddetti sostrati
linguistici: - Cognomi di origine latina (nn. 39):
Amato, Barbagiovanni, Bonsignore, Biuso, Capace, Caserta,
Castiglione, Cipolla, Conti, Cordaro, Costanzo, Correnti, Destro,
Luca (De), Favazza, Fazio, Gatto, Greco, Isola, Lupo, Uccellatore,
Màncani, Marco (Di), Marcantonio, Marino, Martelli, Marullo,
Mirenda, Montagno, Orèfice, Pace, Pecorino, Piazza, Ponzo, Reale,
Romano, Rubino, Sano (Di), Vincenzo (Di). - Cognomi di origine greca, tardo-greca, bizantina, albanese (nn.
40):
Anastasi, Attinà, Basile, Calà, Calì, Calanna, Cannata,
Capizzi, Caraci, Catania, Cartillone, Ciraldo, Cirami, Fàllico,
Faranda, Foti, Galati, Gangi, Germanà, Gorgone, Grassia, Grìgoli,
Gullotto, Imbrosciano, Laganà, Messina, Messineo, Minissale,
Pafumi, Palermo, Papotto, Petronaci, Politi, Pruiti, Sanfilippo,
Scalisi, Schilirò, Tirendi, Zerbo, Zingale. - Cognomi di origine siciliana (nn. 20): Bertolone, Burrello, Cannata, Caruso, Cìmbali, Ciraldo, Lembo,
Meli, Minio, Mirenda, Pàparo, Pinzone, Portaro, Rappazzo, Rizzo,
Russo, Saccullo, Saitta, Sciacca, Spitaleri. - Cognomi hanno invece origine da sostrati linguistici
medievali di origine normanna, longobarda, germanica,
gallo-italica (nn. 12): Bonaccorso, Bonina, Burrello, Franco, Galvagno, Gulino, Lenza,
Lombardo, Pappalardo, Prestianni, Uccellatore, Vitanza.
- Cognomi di origine araba (nn. 9):
Azzara, Batticani, Camuto, Caraci, Cassarà, Catania, Musarra,
Saitta, Sciacca.
- Cognomi ebraici (nn. 3):
Làzzaro, Liuzzo, Rubino. Di probabile origine napoletana è invece Lùpica. I sostrati linguistici dominanti sono dunque il latino e il greco
(incluso il greco medievale e il bizantino), a conferma del
profondo radicamento di queste civiltà nel corso degli eventi
storici della Sicilia. Seguono poi i cognomi siciliani, (alcuni
dei quali sono comunque di derivazione latina o greca); poi,
quelli derivanti dal sostrato nordico (germanico, gallo-italico,
longobardo). Chiudono l’elenco le forme di origine araba, ebraica
e una di ascendenza napoletana.
P.S. Postilla minima di riflessione sul significato del
presente articolo.
Uno degli esiti del processo di “massificazione”
nell’ambito della società post-moderna, connesso al fenomeno di
una onnipervasiva “globalizzazione”, alimenta, in termini
problematici, la questione della definizione delle nostre matrici individuali in
relazione al confronto-scontro tra identità, culture, percorsi storici anche
sensibilmente differenti. Su questo crinale, chiaroscurale e magmatico,
si spiega il crescere della domanda di riscoperta delle proprie
“radici” storiche, anche a partire dalla microstoria individuale e
familiare. Nel cognome che ciascuno di noi eredita dai suoi
antenati, ovvero il nome distintivo della propria famiglia, si
esprime un intreccio di informazioni che variano all’interno di
ambiti culturali differenti, tra i quali la linguistica, la
geografia, la genealogia, la genetica e (per ultima ma non ultima)
la storia. Tentare di penetrare questi aspetti, relativi alla
vicende remote di coloro che nel tempo ci hanno preceduto e che
per primi hanno portato il nostro cognome, significa stimolare
interrogazioni nuove, e più ampi orizzonti di ricerca, volti ad
illuminare scenari inediti del passato, nel tentativo di costruire
“orizzonti di senso” che possano sostenere il nostro presente,
insidiato e avvilito da una deprimente disvaloriale cultura
antistorica. Pietro Spitaleri Perdicaro [L’articolo è stato pubblicato
anche su “D’inverno un
viaggiatore”, rivista di studi e ricerche sul territorio di Bronte
e della ducea dei Nelson, anno II, n. 2 dicembre 2007.]
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