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Piazza Nicola Spedalieri Le continue trasformazioni ne hanno stravolto l'aspetto originario Il Monumento ai Caduti, Il Teatro Comunale, Santa Scolastica, Il Viale di Rimembranza |
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Non vide mai la luce e finì in una lunga controversia fra l’impresa appaltatrice ed il Comitato Il monumento ai caduti della Guerra del 1915/18 non ebbe, come abbiamo visto, una buona fortuna. Alla fine servì per fare cannoni ed oggi ne restano solo poche rovine accatastate alla meno peggio accanto alla Chiesa di S. Silvestro sotto un arco che sembra stato costruito apposta per deturpare la linea armoniosa dell'antica "Batìa". Peggiore fortuna ebbe anche un'altra idea nata subito dopo la guerra per ricordare i caduti: il Parco (o Viale) di Rimembranza. La proposta di creare in tutti i centri abitati d’Italia un Parco o un Viale della Rimembranza, per ricordare e onorare i caduti della prima guerra mondiale, fu lanciata nel 1922 dal Ministero della Pubblica Istruzione. «... Noi - scriveva il Radice nel 1923, in un articolo pubblicato su L'Ora di Palermo, "I viali della Rimembranza" - dedichiamo ai nostri eroi, morti nella grande guerra del mondo, viali e parchi, vivi monumenti, più venerandi, più perenni della fragile opera dell'uomo, che la natura, artefice e suprema immortale innalza, alimenta, nutre colla sua linfa divina, come la madre nutre i suoi nati. Ogni albero mormora un nome, ogni albero ci narra il glorioso trapasso dell’eroe, il giorno e il luogo ove cadde anelando alla vittoria. E visioni di battaglia passano innanzi agli occhi: corruscare d’armi, tuonare d'artiglierie; accorrere ansante di truppe agli assalti delle trincee; drappelli sgominati, sbandati ripiegare sotto l’urto incalzante del nemico; ambulanze e carriaggi di munizioni, di membra stroncate, maciullate, squassate rotolare per vie sconvolte; l'Isonzo e il Piave scorrere colorati in rosso; monti sforacchiati come corpi morali, rosseggiare il Montesanto, il Sabotino, il Faiti, il Veliki, il Grappa e tutti i calvarii della nostra redenzione; fumare di sangue italico la terra di Francia; fra alalà di gioia echeggiare la vittoria (...). O santa “primavera di bellezza”! o passione o martirio glorioso d'Italia! Questi alberi nei quali pare siansi incarnate le anime degli eroi parlano più vero che non le foglie stormenti nella selva di Dodona, in cui i Selli, sacerdoti udivano la voce di Zeus e ne traevano gli oracoli. Noi vi sentiamo la voce della patria; noi sentiamo aleggiare sulla fronte pensosa lo spirito degli eroi; ascoltiamola in ginocchio; meditiamola in religioso raccoglimento questa sovrumana titanica istoria (...). E la piantagione si faccia nel giorno della nostra vittoria, piantagione sacra, augusta, non meno sacra della seminagione a cui con religione intendono i sacerdoti di Cerere, gittando ai solchi i semi della messe futura. E non si pongano funebri cipressi, né lacrimosi salici, ché luoghi di morte non son questi ma querce, palme cedri simboli di perennità, di robustezza, di vittorie. E vi crescano lauri innaffiati di lacrime materne e di lacrime di vedove per farne corone e appenderle agli alberi degli eroi; vi crescano gigli e d’ogni generazione fiori per imbalsamare con tutti gli odori la loro memoria. Nessuno schianti, nessuno scerpi l’albero sacro, nessuno osi porre la scure sull’albero che si illumina di affetti, di ricordanze eroiche di gloria; la patria lo vieta, griderebbe al sacrilegio....». Non c'è che dire, una bella tiritera di patrio eroismo quella del Radice. Ma quelli erano i tempi e lo storico brontese credeva a quel che scriveva e si impegnò, infatti, strenuamente per la realizzazione del Monumento ai caduti e del Parco di Rimembranza, una iniziativa sorta in Italia nel 1922 e voluta dal Governo dittatoriale fascista.
«Come si evince da questo articolo, - scrive Cimbali ne Il Radice sconosciuto - il Radice fu uno strenuo promotore di testimonianze, commemorazioni o di monumenti da dedicare alla memoria dei caduti, morti “fra alalà di gioia” nella “grande guerra del mondo” per la Patria. A Bronte, il luogo dove doveva sorgere era stato identificato allo Scialandro, dove oggi c’è la Villa comunale (foto a destra). Il progetto, redatto dall’ing. Salvatore Russo, era pronto sin dall’Ottobre dello stesso anno. Nel Dicembre successivo si era costituito un Comitato composto da 22 nominativi (presidente il rettore del Capizzi sac. Vincenzo Portaro). Nel Settembre del 1924 nell’Aula Magna del Real Collegio Capizzi si era espletata la gara di appalto, a mezzo di asta pubblica, delle “opere di costruzione, muri di cinta del ingresso principale con cancello in ferro” per un importo di Lire 8.154,25. Vi parteciparono Antonino Diolosà fu Placido, Antonino Castiglione di Francesco, Nunzio Gorgone di Vincenzo, Vincenzo Gorgone fu Luigi, “tutti muri fabbri nati e domiciliati in Bronte”. Vinse la gara il Diolosà con un’offerta al ribasso di L. 7.700. I lavori, consegnati ufficialmente un mese dopo, il 21 Ottobre 1924, dovevano essere portati a compimento “entro 60 giorni, penalità di L. 10 per ogni giorno di ritardo”. Andarono però a rilento, ben presto furono del tutto sospesi e il Parco di Rimembranza finì in una lunga controversia fra l’impresa appaltatrice ed il Comitato, sfociata in reciproche citazioni, dichiaratorie ed una vertenza giudiziaria che si trascinò fino al 1929. Ben tre avvocati (Schilirò, Pettinato e Isola) sostennero le ragioni del Comitato. In conclusione, non c’è dato sapere a chi delle due parti in causa la Corte di Appello di Catania, II Sezione, abbia dato ragione nel 1928. Il Parco non venne realizzato e l’iniziativa che si proponeva di rendere onore a coloro che alla Patria avevano offerto la propria vita finì nel dimenticatoio.» (aL) | ||||||
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