L'OPINIONE DI ...

RIFLESSIONI al FEMMINILE

a cura di Laura Castiglione

OGNI TANTO UNO SGUARDO AL FEMMINILE AL MONDO CHE CI CIRCONDA

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Una nuova specializzazione

L’avvocato persista

La responsabilità di un avvocato, quando commette errori, è quasi sovrapponibile a quella di un medico. Uno potrebbe dare la morte civile e uno la morte fisica: delle due non si sa quale sia la migliore da auspicare.

In entrambe le disgrazie i due professionisti condividono insulti e maledizioni.

Il nostro interesse si rivolge all’avvocato e alle sue diverse specializzazioni di penalista, civilista, amministrativista, tributarista e molte altre. Ma, pensiamo ne manchi una che meriterebbe più attenzione perché, a tutt’oggi, è sprovvista di adeguate competenze e dignità.

La giurisprudenza dovrebbe colmare questo vuoto, incoraggiare un giovane laureato, già selezionato da test specifici che ne determinino l’attitudine, a frequentare corsi tenuti da psicologi che mirino alla conoscenza profonda dei sentimenti e delle loro reazioni.

Certo, programmare una branca inedita non è compito facile, come anche darle un nome ma, a questo, possiamo dare un contributo e, tanto per intenderci, è il concetto che conta e azzardiamo: “avvocato persista”, esplicitato avvocatu ri causi persi.

- Un momento, a chi perde le cause gli si vuole dare anche un titolo? -

Gli spetterebbe di diritto e facciamo un esempio. Un signore consulta i migliori avvocati per farsi difendere in una controversia con un certo signor Tizio. Malgrado le circostanze siano a lui favorevoli, sfortunatamente, per alcuni cavilli legali perderebbe la causa e gli è sconsigliato da tutti i principi del foro d’intraprenderla.

Non gli resta altro che consultare l’avvocato persista. Durante un numero imprecisato di sedute, disteso sul lettino, espone con dovizia i misfatti del suo avversario. L’avvocato “psicologo” annota ogni postilla, traccia il profilo delle capacità reattive del signor Tizio e impianta la difesa: “sfasciare” e colpire nei punti più deboli.

Se il Tizio è attaccato al denaro, sarà costretto a cederlo ai suoi avvocati e se lo stress lo sfianca, avrà il fianco dolente.

 - Ma, così facendo, la causa durerà anni e il tarlo dell’esasperazione roderà entrambi i contendenti! Che difesa e mai questa? -

E’ il paradosso che si dimostra efficace! Il signor Tizio si dispera e l’altro se la gode.

L’avvocato persista, s’ha da fare!

Aprile 2018

La sfera di cristallo

Sono trascorsi diversi secoli dalla prima rivoluzione industriale che ha cambiato la vita dell’uomo e ha interessato tutti i campi: manufatti, produzione, trasporti, arte, editoria, ingegneria e molto altro. Ma la rivoluzione più incisiva è stata fatta dalla scienza medica e dalla diagnostica, senza le quali, l’uomo non sarebbe sopravvissuto oltre i quarant’anni.

Nessun individuo, sia che avesse un’istruzione sia che ne fosse privo, avrebbe potuto mai immaginare che: dei raggi avrebbero messo in luce deformazioni e malattie; i vaccini avrebbero salvato tanti bambini da morte sicura o deformità che impedivano loro di giocare; un microscopio avrebbe ingrandito una goccia di sangue evidenziando un mondo di corpuscoli nel cui interno il DNA che avrebbe svelato chi fossero i suoi avi e chi fosse lui; l’ecografia e la risonanza sarebbero andati oltre il suono e le immagini.

E anche noi, oggi, non riusciamo ad immaginare cosa i ricercatori stiano escogitando, è top secret per non farci preoccupare o forse non trovano spazio per nuove rivoluzionarie scoperte?

Un indizio ce l’hanno offerto in questi giorni riprendendo il vecchio progetto sulla clonazione. Ma passerà ancora molto tempo prima che si applichi all’uomo.

E meno male! Io non ci sarò! Ve la figurate che clonano un’altra Laura? Tirrruri!

In attesa, non ci resta che immaginare una diagnostica speciale, sofisticatissima dei comportamenti dell’uomo, prendendo spunto da una frase che ci sarà capitato di pronunciare nei confronti di chi ci ha fatti soffrire: era meglio che non nasceva!

Siamo in sala parto e guardiamo cosa succede. La levatrice, estrae il nascituro e prima di consegnarlo alla madre, lo pone dentro una sfera di cristallo, la consulta e poi si pronuncia: “questo bambino sarà una brava persona: prendi, madre, tuo figlio”.

Se il bambino, invece, avesse le caratteristiche simili a quelle di Adolf Hitler, la sfera scoppierebbe e così milioni di brave persone sarebbero salve, vivrebbero felici e in pace!

Purtroppo, non inizierà mai questa ricerca, l’uomo non è interessato a finanziarla perché perderebbe mordente: A pò n'avi cu ccu sciarriàrisi!

8 Marzo 2018

Dichiarazione di guerra

Ma se le donne perdono "a ccu ccià cùntanu"?

La donna ha vinto, negli ultimi settant’anni molte giuste battaglie sulla parità dei diritti: al voto, al lavoro, al divorzio, all’aborto.

Oggi, alcuni gruppi di donne insoddisfatte degli obiettivi raggiunti, vogliono intraprendere una guerra contro l’uomo, soprattutto, se ha potere. Sostengono, tra l’altro, che l’uomo non si debba permettere neppure uno sguardo ammiccante; se lo fa, merita di venire bacchettato e se insiste, denunciato. In teoria si potrebbe condividere di punire l’uomo, il problema nascerebbe se invece reagisse, sferrando una vigorosa controffensiva: perderebbero la guerra e si ritroverebbero prigioniere e incatenate alla cintura di castità.

Da un’indagine personale svolta, è emerso che ci sono signore che disapprovano tali intenzioni belliche e non intendono arruolarsi, sia perché sono soddisfatte di ciò che hanno ottenuto le loro mamme femministe, anche se si deve migliorare, sia perché non vogliono fare il vuoto intorno a sé, convinte, della necessità di distinguere e di non fare di tutta l’erba... uno stupro.

Se un uomo fa delle avances, una carezza, un complimento, che ben vengano, gratificano e non è detto che abbia doppi fini o voglia imporre il suo potere. Se va oltre, è consigliabile non denunciare il “mal-facente”, la donna rischierebbe di non essere creduta.

In alternativa, potrebbe, improvvisare un gioco erotico: gli fa poggiare il capo tra l’incudine e il martello e gli fa una bella sorpresa!

Malgrado i suoi difetti l’uomo fa compagnia, stimola ad essere migliorato anche se ha i suoi tempi; si possono scaricare su di lui le tensioni, lo si può insultare per colpire sua madre, gli si affidano compiti noiosi ma se la guerra si dovesse perdere? Le donne, a ccu ccià cùntanu? Specialmente se si dà fede a voci che circolano su aziende produttrici di bambole gonfiabili che si stanno organizzando!

Certamente, una bambola non è paragonabile alla donna, anche se i suoi argomenti di conversazione sono altri. Ma l’uomo, una volta provata la bambola, se questa scoppia, siamo sicuri che non la sostituirà per un ritorno di fiamma alle giovani, mature e vecchie compagne?

Pensaci, Giacomina!

Febbraio 2018 (è quasi carnevale)

L’epifania che le feste porta via

E anche... figli e nipoti

Le vacanze di Natale per alcuni sono finite. I figli e i nipoti emigrati sparsi per l’Italia e all’estero sono partiti, anche di testa, dopo aver messo a soqquadro la loro famiglia.

Vivono la vacanza alla giornata, si alzano tardi e trovano servito il cappuccino con brioche.

- Oggi siete con noi? - Chiede la mamma per organizzare pranzo e cena.

La risposta non ce l’ha neppure se li mette sotto tortura. Sono indecisi se andare a trovare i vec­chi amici o i parenti, fare un giro in città o nei dintorni.

In tarda mattina i figli escono, lasciano i nipoti ai nonni, ma non hanno ancora deciso nulla. I genitori guardano i postumi che lascia lo tsunami figli-nipoti: bicchieri di carta e di vetro, almeno due per ciascuno, coca cola e acqua frizzante lasciate senza il tappo, tazze, biberon, biscotti, giocattoli, scarpe, letti da rifare, biancheria da lavare, stendere e stirare.

Nell’incertezza decidono di andare a fare la spesa, soprattutto pesce, e per chi non lo ama non hanno che pesce pigliare. Gli arzilli genitori danno manforte a tutte le loro energie per non fare preoccupare i figli e non rovinare loro le ferie, fino alle venti e trenta, quando li vedono spuntare accompagnati da amici, invitati per una spaghettata. Il panico assale i padroni di casa: il pesce comprato non basta, scappano al supermercato prima che chiuda, acquistano il pesce rimasto dal mattino, mimetizzano la confezione e con serafica sincerità dichiarano d’averlo acquistato vivo, appena pescato.

A motti ro pisci è alla brace! E meno male che era vivo!

Finalmente è tutto a tavola, dove manca sempre qualcosa. E’ il va e vieni dai fornelli alla zona pranzo, dal frigo al forno e anche il prosecco ha le sue esigenze, non sia mai nei bicchieri di carta: chiede quelli di vetro a calice.

A cena finita i due “filippini” riordinano, si sentono esclusi dal chiacchierio dei giovani, si scusano, si ritirano e si chiudono nella loro camera; distrutti si buttano vestiti a pesce morto sul letto tenendosi stretti solidali per mano.

Uno lo pensa e l’altra lo dice:

- Mah! Secondo te, qual è il momento più bello, quando i figli arrivano o quando se ne vanno?

3 Gennaio 2018

IL Posteggiatore

‘A màchina e il bodyguard

Alla fine dell’800 Karl Benz progetta la prima automobile. Sarà per l’uomo una compagna di vita, le dedicherà amore e per proteggerla l’affiderà al bodyguard, il posteggiatore.

Abbigliamento casual, borsello a tracolla, fumatore accanito, prende servizio regolarmente e, scattata l’ora, smonta e va a fare gli straordinari in un altro posteggio di “sua proprietà”. Chiama tutti, dottò, chiede l’ora di ritorno e se va oltre i suoi orari di “lavoro” si fa pagare in anticipo lasciando incustodita la macchina, a rischio e pericolo del suo proprietario. Tiene lontano i ladri per un euro, o per due, se gli si lasciano le chiavi avendo cura di togliere dal mazzo quelle di casa.

E’ un’estorsione pari a quella dell’assicurazione che ripaga l’intera somma del valore della macchina se viene rubata entro i sei mesi dall’acquisto ma, al settimo mese, pur avendo fatto pochi chilometri, al pari di una cinquantenne, perde seduzione.

Ma nel caso in cui la macchina abbia compiuto i suoi anni e si decida di non assicurarla per il furto, il posteggiatore che funzione ha?

Quella di dare buoni consigli! E’ un intenditore, sa tutto sulle auto, gliene passano tante fra le mani! Prima disprezza e deprezza l’anziana macchina e poi si offre di comprarla pagando solo il passaggio di proprietà. Ha ragione da vendere, anzi da comprare! Il beneficiato però continuerà a spostarsi col suo scassato motorino.

Si acquista così un’auto nuova con una finanziaria che assicura per quattro anni, se dovesse essere rubata, di sostituirla con un’altra nuova. Non serve più il posteggiatore e si potrebbe lasciare anche sotto la casa di un ladro. Ma gira e rigira non c’è un buco dove infilarla nemmeno a tassametro e i soli posti liberi sono quelli dei diversamente abili, con le strisce gialle che chiedono compagnia, adescano i passanti per offrire un’ora di piacere.

Non so voi, ma io provo una certa invidia per tutti quei posti liberi e per averne uno mi dovrò decidere a farmi venire “qualcosa”!

- Veramente “qualcosina” ce l’hai già che non ti funziona! -

- Chi ha parlato? -

- Dottoressa venga, sono il suo bodyguard, sempre al suo servizio!

Dicembre 2017

Elogio dell'Arma

Un carabiniere sul tetto

Le barzellette nascono da situazioni occasionali e chiunque può esserne oggetto, a qualsiasi classe appartenga, anche istituzionale, come i carabinieri che sono spesso oggetto di un retaggio culturale duro a morire.
Io provo una particolare simpatia per i carabinieri, ho vissuto la mia infanzia accanto a loro. La mia casa di Piazza Spedalieri dava su un vicolo condiviso con la caserma.

Ero una bambina che non vedeva il pericolo ed era attratta dal fascino dei tetti. Un giorno, rimasta chiusa inavvertitamente fuori sul balcone, scavalcai la ringhiera, saltai sul tetto e, per entrare in casa, raggiunsi una finestra che con mio disappunto trovai chiusa.

Non mi arresi e mentre mi accingevo a ritornare sul balcone mi sentii afferrare e prendere in braccio da un carabiniere che, saltando sul mio tetto da una finestra della caserma, dalla quale mi aveva osservata senza fiatare, mi portò in salvo credendo che da sola non ce l’avrei fatta! Mia madre gli fu grata offrendo a lui un caffè e a me sculaccioni.

Sarà forse per gratitudine che quando incontro i carabinieri al bar offro loro un caffè? Ma anche per esprimere la mia solidarietà verso l’Arma. Il ricordo dei carabinieri quando attraversavano le vie principali di Bronte è per me indelebile. Nelle loro divise blu bordate di rosso, il cappello col pennacchio rosso e blu, gli stivali alti fino al ginocchio, montavano cavalli imponenti, strigliati, lucidi, con la folta coda e la lunga chioma su grandi occhi sbarrati.

Lo scalpitio degli zoccoli faceva eco nel silenzio di chi li guardava. Erano belli e sembravano bellissimi, specialmente alle ragazze da marito che ne sposarono alcuni. Non c’erano differenze fra carabinieri del nord e quelli del sud, a parte il colore dei capelli e degli occhi, tutti rappresentavano la nobiltà dell'Istituzione, il valore militare, la fedeltà, l’audacia, il coraggio e il sacrificio.

Mio padre mi ha insegnato che mi difendevano dai cattivi e quando mi leggeva il Don Chisciotte, cavaliere senza macchia e senza paura, il paragone con i carabinieri non mancava.

Oggi, invece, pare che il loro fascino consista solo nelle barzellette che si raccontano. Ma io persisto incurante!

Cari amici, non siate imbarazzati se è una donna ad offrirvi un caffè: vi voglio bene!

Novembre 2017

Femminicidi

Una sentenza verso la ragionevolezza

La Cassazione con la sentenza n.11504 ha messo sotto i riflettori uno fra i tanti motivi scatenanti gli omicidi di donne. In una causa di separazione il principio di mantenere lo stesso tenore di vita non verrà concesso alla donna se l’ex non ha le risorse economiche. Come era prevedibile si è messa in moto la macchina mediatica con dentro psicologi, psichiatri, avvocati, femministe, opinioniste e conduttrici obbedienti all’audience.

Ognuno di loro delinea, secondo le proprie competenze o esperienze, il profilo dell’omicida: è un debole, non accetta di essere lasciato; è un malato di sadismo che preferisce sapere morta la donna che crede di amare; non ha personalità, emula quell’assassino che giorni prima lo ha preceduto dal nord e dal sud, con differente cultura, grado d’istruzione, storia personale e infierisce sulla sua donna, come se le contasse, con quaranta coltellate non una in più né una in meno o addirittura le dà fuoco.

Poi si costituisce indifferente e confessa: l’ho uccisa; il suo avvocato inizia la linea difensiva: è un uomo distrutto dal dolore. Gli amici e i parenti intervistati parlano in sostituzione della sventurata che si è avvalsa della facoltà di non rispondere.

A fine dibattito, raggiunta l’unanimità, la conduttrice imitando Vanna Macchi alza l’indice e intima: donne! Non andate all’ultimo incontro con l’ex! D’accordo?

Donne, avete sentito? Seguite il consiglio degli esperti e avrete salva la vita!

Ma queste “teste” pensanti, credono veramente di stare dalla parte della donna dando banali raccomandazioni alle quali queste poverette ci arrivano da sole e senza aiutino?

Io, da semplice osservatrice, ho apprezzato che la Cassazione abbia iniziato un percorso di prudenza diverso dal non andare all’appuntamento.

Ma, anche se non è risolutiva, la sentenza vuol mettere in guardia alcune donne, e solo quelle che mal consigliate, a volte anche istigate, dalle loro avvocate, a non fare irresponsabili richieste, soprattutto a quei compagni violenti che non le possono onorare.

E ci auguriamo che sia almeno un referente per avere qualche corpo di donna in meno su cui piangere.

Ottobre 2017


Bisogna saper scegliere

Ad una ragazzina lasciata dalla sua mamma all’ingresso della palestra cade un foglietto. Un’altra mamma lo raccoglie, la chiama per darglielo ma con un gesto d’insofferenza la ragazzina le dice di buttarlo. Incuriosita, lo legge e poi… riflette.

Ciao cucciola ti ho messo in borsa doppia maglietta e doppi pantaloni… scegli tu e come vedi sono stata brava e mi sono ricordata  il telefonino, sii responsa­bile!
Ricorda di mettere la felpa

A mia figlia di 13 anni non porto il doppio cambio perché scelga; non le chiedo di gratificarmi perché sono stata brava ad onorare le sue richieste; non seguo il conformismo che c’è oggi.

Sarò una mamma snaturata o non mi sono liberata dall’educazione ricevuta? Ricordo che la mia mamma mi insegnava: continua a piangere per niente e ci penso io a farti piangere per qualcosa; esci sempre con le mutandine pulite, casomai ti succedesse un guaio; se una ragazza si alza la gonna è perduta; aspetta che tuo padre si calmi prima di parlare; ‘nzignati a tutti i botti, preparati ad ogni evenienza, la vita è dura.

Questi non erano consigli e non ne avevano il tono. Oggi, sono le mamme a ricevere le direttive dalla figlia fin da piccola e l’assecondano in tutto.

Iniziano dalla scelta fra due paia di pantaloni, così da grande sarà in grado di scegliere fra un uomo che indossa un jeans senza nome e uno firmato Jacob Cohen.

E non importa se dentro quei pantaloni ci sarà una testa pensante che saprà capirla e amarla in un’unione condivisa, purché la lasci libera di continuare a fare ciò che vuole!

Al contrario, un maschietto, non viene educato a scegliere per essere libero.
C’è chi sceglie per lui, chi decide e cosa fare di lui. E il ragazzino già manifesta che non sa scegliere, non solo fra un jeans e l’altro né fra una compagnetta e l’altra.

Le ragazzine, per lui, sono tutte uguali: stesso trucco, stessi capelli lunghi, stesso jeans, stesso linguaggio, stessa aria matura sufficiente. E’ sperduto, chiede aiuto al compagno di banco:
- che dici, le tocco il culo o le chiedo di giocare a pallone? -

- booohh! Chiediamolo alla mamma!

Mamma, insegna al tuo bambino a scegliere. Sbagliare, sarà dura per lui!

Settembre 2017

PENSIERANDO

Laura Castiglione su La Sicilia

La nostra Laura Castiglione approda nel quo­tidiano La Sicilia, dove, dal 25 Giugno 2017, nell'edi­zione di Ca­ta­nia, ogni dome­ni­ca cura una sua rubri­ca: "Pensie­ran­do".

Vi ripropone alcuni dei suoi pezzi più bril­lan­ti di queste nostre pa­gine. La potete leg­ge­re setti­manal­mente nel­la pa­gi­na "Pau­sa Caf­fè".

A Laura che ci ha deliziato per quasi dieci an­ni con i suoi "pensieri", vanno i nostri più vivi compli­menti ed auguri.
Giugno 2017
 


Ai miei lettori

Non è certo per ingratitudine che non vi ho rin­graziato, cari amici di Bronteinsieme.

I vostri complimenti mi hanno commossa e stento a riprendermi.

Al mio nuovo impegno non seguirà un com­mia­to, non lascerò Bron­tein­sieme, è il mio angolo prefe­rito dove posso scrivere ciò che penso, certa d’essere capita perché ormai da molti anni abbiamo imparato a conoscerci.

Non è per caso che s’incomincia a scrivere e le maniere sono diverse come lo sono le im­pron­te digitali di ciascuno di noi.

Molti sono spinti a farlo almeno una volta nel­la loro vita, alcuni ne conservano le trac­ce e quan­do le rileggono diventano emo­zioni, op­pu­re, delusioni che richiedono di essere as­sol­te con la lucidità del distac­co.

Ognuno si rivede in quello che aveva scritto o si disconosce!

Infine ci sono io che osservo i comporta­men­ti di uomini e donne per capire, alla luce della mia esperienza, se sanno amare o indif­fe­ren­ti odiano.

Scrivendo l’ho voluto condivi­dere con chi vuo­le ascoltare e, voi tutti, siete stati ad ascol­ta­re, le numerose aper­ture di questa mia pagina lo dimostrano.

Grazie grazie grazie!
A presto!

Agosto 2017


Il condizionale libero

E’ facile coniugare il condizionale presente del verbo essere: io sarei, tu saresti, egli sarebbe… ma potrebbe capitare di essere usato erroneamente, anche da chi ha fatto gli studi classici, se perde di vista le concordanze, i tempi e i modi.

Ma ci sono cose ben più importanti nella vita che farsi un cruccio per un condizionale anche se la sintassi, come qualche volta la legge, non è uguale per tutti!

Per esempio, se un comune mortale ne sbaglia l’uso corretto non è giudicato allo stesso modo di alcuni giornalisti, conduttori e politici che commettendo lo stesso errore o “reato” non vengono condannati ma assolti con l’attenuante dello stress della diretta e meno che mai all’ignoranza.

E comunque, noi che non siamo in diretta dobbiamo usarlo sempre per indicare un evento che ha luogo solo se esiste una determinata condizione:  - io sarei libera se non ti avessi sposato! -

E meno che mai per mettere in dubbio qualcosa o la reputazione di qualcuno e ne sto scrivendo, non per dare lezioni ai miei affezionati lettori che non ne hanno bisogno e meno che mai riceverle dalla sottoscritta, ma l’effetto di un episodio alquanto singolare che mi è capitato fra le orecchie.

Un distinto, elegante, un po’ borioso signore, nel fare le presentazioni dei suoi familiari, con orgogliosa enfasi così ha esordito:

 - vi presento mia moglie e… questo… sarebbe mio figlio.

Dall’uso personale del condizionale sono stata colta di sorpresa e ne ho dedotto che il signore in oggetto quando parla non ascolta ciò che dice e con in bocca il “sarebbe”, un semplice, inoffensivo, mite condizionale e in contemporaneo, come un omicidio d’impeto, ne ha fatto fuori tre: il se stesso cornuto, la moglie puttana e il figlio di puttana.

Qui ci sta a fagiolo l’aforisma: ’a lingua n’avi ossa e rumpi l’ossa.

Sbagliare il condizionale ferisce come un’arma. Ma la lingua cosa c’entra? Quel poveretto, l’ha detto in buona fede! Gli è sfuggito un lapsus! Era in diretta… lo vogliamo condannare? Assolviamolo!

Porca miseria però, che danno può combinare un condizionale quando si lascia andare libero!

Maggio 2017

FUORI RAZZA

A méndura non quagghià!

Perché tanto rancore e violenza in famiglia? La responsabilità è dei geni o dell’ambiente?

Adrian Raine, psichiatra inglese, sostiene che vi sono nel cervello umano due aree: la corteccia prefrontale che aiuta a riflettere; l’amigdala (dal greco man­dor­la) che frena dal compiere azioni insensate e quando non funziona potrebbe causare comporta­menti anche violenti.

Edoardo Boncinelli, genetista italiano, aggiunge che giocano un ruolo fondamentale il contesto sociale ed eventi casuali che accadono nei primi 20 anni di vita. Io, semplice osservatrice di comportamenti umani, simpatizzo per la tesi di Raine.

Guardiamo una famiglia tipo di ieri in cui su tre figli di sesso diverso, amati e seguiti con lo stesso metodo educativo, quando uno solo usciva “fuori razza” si diceva: a mèndura non ci quagghià, la mandorla non si è maturata.

Il “fuori razza” lamenta di essere stato trascurato, addirittura maltrattato e oggetto di ingiustizia da parte dei genitori e dei fratelli. In alcune famiglie a volte capita che i genitori prediligano un figlio rispetto agli altri e raramente che tutti siano contro uno.

Se parliamo con amici e conoscenti, scopriamo che in molte famiglie c’è il fuori razza che ha in comune con altri fuori razza proprio lo stesso comportamento, gli stessi infantili ricordi e col rimpianto dell’infanzia e della giovinezza che gli sono state negate.

Se è una femmina lamenta di non aver posseduto un vestito nuovo se non quello dismesso della sorella; se è un maschio, ricorda con schifo la sua zuppa di latte e pane mentre guardava desiderandola la granita con i biscotti dei fratelli; se è un gay rimpiange quel ragazzo di cui si era innamorato e che poi l’ha sposato la sorella.

Si potrebbe chiamare gelosia verso quei fratelli che però, a loro dire, non si sono mai accorti delle ingiustizie di cui lamenta il fratello; perché sono stati insensibili? Si nni futtìvanu? Diventati adulti giustificano gli errori fatti dai propri genitori?

Il fuori razza rivanga per il sadico gusto di recare dispiaceri, oppure, come sostiene Boncinelli, ha subito un evento casuale ma sconosciuto a tutta la sua famiglia che l’ha segnato? Io penso di dare ragione al ricercatore inglese Adrian Raine quando dice: l’amigdala is not matured!

Tradotto in lingua brontese: a mèndura non ci qquagghià!

Aprile 2017


E’ UNA MODA

Reincontrarsi per...

Incontrarsi dopo cinquant’anni dal diploma per vedere se il tempo ha fatto il suo dovere?

E l’ha fatto, tanto da spingere a mentire sul riconoscersi per non apparire fuori di testa!

- Luisa non era in classe con noi, ma anni avanti. -
- Non ricordi? Era con noi! -

- Vero! Ma la ricordavo magra e bassina, non grassa e alta! -
- L’appetito la penalizza e i tacchi dodici l’aiutano! -

- Tu seiGraziella… studiavamo musica insieme, suonavi sempre “La preghiera di una vergine” e sei rimasta vergine… ti sei fatta suora! -
- Si è sposata con Cristo! -

Dopo i riconoscimenti si va alla Santa Messa: canti, preghiere, predica del parroco sull’impronta di rigore e di serietà delle ex allieve di Maria Ausiliatrice che lasciano ovunque vadano.

Alla comunione, nel corridoio della navata, sfilano le ex compagne, quasi tutte dentro camicioni che tentano di mimetizzare le rotondità; curate nel trucco e nella pettinatura ossigenata biondo oro, anche di chi era bruna.
E sono sotto lo sguardo ingeneroso di chi non fa la comunione e pensa ai poveri mariti, anche se, in un luogo di culto certe riflessioni dovrebbero tacere.

Dopo una corsetta alla toilette, ci si avvia a pranzo, con un catering nello stile dei salesiani: “mangiare per vivere e non vivere per mangiare”.
A tavola si familiarizza poco, sono ormai estranee, hanno in comune solo quei mille centotrenta giorni, distribuiti in quattro anni, di giovinezza vissuti da interne in collegio.

Si parla di figli e nipoti, delle insegnanti passate a miglior vita, di regole e privazioni imposte ma accettate nell’ubbidienza. Una di loro, si lascia andare dando merito all’educazione ricevuta che senza non avrebbe avuto la forza di sopportare un matrimonio combinato.

Poi nel pomeriggio, per pura cortesia, ci si saluta con l’augurio di poter ripetere l’incontro.

E perché?

La complicità è stata assente, le domande non fatte non hanno avuto risposte. Ci si è scrutate inutilmente fra le rughe per capire se qualcuna abbia trovato il grande amore che sognava da ragazza o se in una tempesta sia riuscita ad approdare in un porto sicuro o si sia fatta risucchiare dal vortice della delusione.

E quei segreti sussurrati che fine hanno fatto!

Un altro incontro?

8 Marzo, festa della donna

 

Il monsù e la prova del cuoco

L'uomo in cucina

Quando un uomo decide di entrare in cucina sono... pasti amari.

I nobili francesi, quando s’insediarono nel regno delle Due Sicilie, venivano accompagnati dal loro cuoco di fiducia che chiamavano monsieur, ma i napoletani storpiarono monsieur in monzù e i siciliani in monsù. Il nostro novello monsù, forte della tradizione che i cuochi siano solo maschi, crede di avere nel suo DNA il gene del cuoco e che non ci sia nulla di più facile nel metterlo alla prova. La prova del cuoco.

Tagliuzza, sbatte, mischia, frulla, aromatizza e quando cade qualcosa sul pavimento la calpesta perché non spetta a lui ripulire: è un professio­nista che non accetta indicazioni e non uno sguattero di cucina. Il suo piano di lavoro è sempre troppo piccolo perché intasato da utensili, robot, contenitori, teglie di vetro e antiaderenti, bottiglie di vino e di olio il quale, anche se inanimato va liscio precipitando a cascata anche in piccoli “bacini” e non solo, durante la frittura schizza il piano cottura, le piastrelle e perfino il pavimento.

Ma il nostro monsù con destrezza, venendo meno ad un compito che non gli spetta, prende l’iniziativa di passare un panno Vileda sugli schizzi ottenendo un lucido a specchio dove soddisfatto si specchia. Finito il suo manicaretto lo porta in tavola e attende con pathos la gratificazione della moglie la quale, inghiottendo senza assaporare è combattuta:

- fargli i complimenti rischiando di stimolarlo a ripetere l’inedita pietanza, parola che ha la stessa radice di pietà?

- Dirgli cosa pensa sperando “chi ci leva manu”?

- Usare gli stessi apprezzamenti che lui è solito fare per i piatti preparati da lei come: “sta pasta quandu a fà scéffira commu a pagghia e quandu llùmanu l’occhi... a cipulla chi mi piaci, ci ni mintisti picca… u cunigghiu ri l’atra vota sapiva megghiu… stu sucu ti vinni bunittu ma è cauru fotti…?

Definire un sapore univoco è un rebus di difficile soluzione perchè l’acre, il salato, il dolciastro, lo speziato, l’annegato nel vino e nell’ac­qua è un protagonista che si distingue chiaro e forte. Ma non si può e non si deve lasciare un cuoco in attesa dell’applauso e alla gentile richiesta, “di com’è?… com’è?” è cortesia rispondere:

- Eh! bravo il mio monsù! Oggi ho mangiato di merda!

Febbraio 2017

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