Il mese di Maggio, dedicato alla Madonna, Maria Ausiliatrice,
è particolarmente vivido alla mia mente, anche per gli anni
del ginnasio inferiore, frequentato presso il Collegio S.
Giuseppe di Pedara (CT) gestito dai Padri Salesiani.
A Bronte mi ricordo in particolare “i
cunnicelli”, altarini o edicole, che, costruiti in
muratura, si trovavano in luoghi particolari a ricordo di
qualche avvenimento o per venerare una Madonna o qualche
Santo, o improvvisati si allestivano ai crocicchi delle strade
specialmente nel mese di Maggio in onore della Madonna.
Di quelli in muratura ricordo quelli che si trovavano (e spero
si trovino ancora) all’ingresso del paese, provenendo da
Catania, e all’uscita, verso Maletto; e precisamente il primo
allo Scialandro accanto alla Santa Croce (in ferro), e il
secondo vicino al vecchio macello che si trovava quasi
all’imbocco di quella strada che, scendendo, portava alla
chiesa della Madonna del Riparo, e che oggi costituisce la
circonvallazione meridionale, accanto ad un’altra croce in
ferro come l’altra.
In queste edicole, se non ricordo male, si veneravano due
Madonne, che erano sempre illuminate da una lampada votiva ad
olio, e ornate di fiori di campo a cura delle donne delle case
vicine.
Quelli improvvisati erano, invece, quelli che si allestivano
nel mese di Maggio in quasi tutte le vie secondarie del paese
a cura di grandi, ma anche per iniziativa di ragazzine.
Quelli allestiti da grandi e, quindi, di una certa importanza,
erano costruiti in legno e coperti da teli di vari colori,
predominanti il bianco e l’ azzurro, drappeggiati in modo da
sembrare degli altarini, nel cui centro campeggiava un quadro
di Madonna, preso in prestito da qualche famiglia vicina.
Completavano il tutto vasetti di fiori, per lo più campestri,
o vasi prestati da altre famiglie vicine, e candele e
“lumere” ad olio che la sera venivano accese fino a tardi,
poggiate sul piano coperto con la migliore coltre di seta di
una sposa della “ruga”, pezzo forte del suo corredo che
veniva esibito o ai parti o alle feste religiose.
All’ imbrunire, che il popolino indicava con la frase
“all’Ave, Maria!”, e in termine chiesastico corrispondeva
“al Vespro”, quando in Chiesa si recitava il Rosario e
i Preti leggevano la parte del Breviario chiamata proprio
Vespro, conclusi con la benedizione del SS. Sacramento,
preceduto dal canto del “Tantum ergo”, molte donne del
vicinato, vecchie, giovani e bambine e bambini, le prime
portandosi le sedie da casa, si radunavano davanti
all’altarino e recitavano tutte le preghiere rivolte alla
Madonna e concludevano col classico canto, il cui inizio
diceva:
Guida il tuo popolo, bella Signora,
che pien di giubilo oggi t’ onora!
Ma oltre a questi altarini ce n’erano
altri il cui ricordo mi commuove ancora a distanza di tanti
anni, perché erano realizzati da bambine e consistevano in una
sedia di casa, coperta da un panno bianco al quale,
all’altezza della spalliera, veniva appuntata una figurina di
Madonna ottenuta da qualche sacerdote, mentre sul sedile
veniva appoggiato qualche bicchiere contenente uno striminzito
mazzetto di fiori di campo, e una “lumera” ad olio, da
accendere all’imbrunire. Ma la cosa più ingombrante era un
“tabbarè” vassoio preso da casa, che avrebbe dovuto
accogliere “i soddi” che le ragazzine chiedevano ai
passanti “pa’ Maronna!”. Infine, ma prima che iniziasse
la cerimonia davanti all’altarino importante della zona, anche
quelle bimbe pregavano e cantavano a squarciagola la canzone
succitata. Di queste “cunnicelle“ se ne vedevano molte,
sparse per le “vanelle” della periferia, e
costituivano una pennellata di colore e di speranzosa
allegria. Tornando indietro, a questo proposito, ci sono i ricordi del
Collegio S. Giuseppe di Pedara (anni 1930/33): nel mese di
Maggio, dopo la lunga ricreazione o dopo la passeggiata per i
boschi o per i paesi vicini, e prima dello studio più lungo
della sera, in cui si facevano i compiti scritti e si
preparavano le lezioni del giorno dopo, nel cortile, davanti
alla statua di Maria Ausiliatrice, la Madonna prediletta da
don Bosco, tutti in fila per classi, si recitavano le
preghiere di rito che si chiudevano col canto citato sopra. Ma
nel 1992, quando volli fare quello che chiamai “il
pellegrinaggio della nostalgia”, visitai anche quel
collegio e, accompagnato dal Direttore dell’epoca come
ex-alunno, notai con gioia che nel cortile era stata messa una
grande statua di don Bosco, da poco elevato agli altari, ma
nel contempo ebbi la delusione di non vedere più il grande
albero di pepe che c’era prima (forse essiccatosi) e neppure
la piccola statua di Maria Ausiliatrice; avrei voluto
esternare il mio disappunto al Direttore, ma poi, per
discrezione, mi trattenni pensando che avranno avuto le loro
buone ragioni, che, però, io non riuscii ad ipotizzare! La mia pena è durare oltre quest’attimo
(Mario Luzi) Bari, 11 marzo 2005
Nicola Lupo |