«L’unico nostro obiettivo è servire la persona malata» Mario Zappia «Ridurre i costi sanitari e migliorare le cure è obiettivo possibile»
C’è un brontese che riesce a far funzionare gli ospedali. Il dottor Mario Zappia, da quasi 3 anni direttore generale e sanitario della Fondazione di Ricerca e Cura “Giovanni Paolo II” di Campobasso, specializzata nei campi dell’oncologia e delle malattie cardiovascolari, infatti, ha migliorato la performance ottenuta lo scorso anno quando era sesto, conquistando il secondo posto nella classifica sulle migliori strutture sanitarie italiane. L’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), infatti, pubblicando i dati Pne, ovvero il “Programma nazionale esiti”, per conto del Ministero della Salute, nel comunicare i dati del 2017 sugli esiti dopo gli interventi di bypass aortocoronarico e dopo quello di sostituzione valvolare, ha reso noto che la Fondazione di Campobasso si è classificata in entrambe le classifiche al secondo posto, dietro due ospedali della Lombardia e del Friuli. Pensate che per questi due complicati interventi chirurgici al “Giovanni Paolo II” l’indice di mortalità a trenta giorni è pari allo 0,32% per il bypass a fronte di una media nazionale del 2,15, mentre per quanto riguarda la valvuloplastica si attesta al 0,56 rispetto alla media nazionale che è del 2,66. Numeri che non lasciano dubbi sul servizio reso ai pazienti, con il Pne che è uno dei più autorevoli “indicatori d’eccellenza” della Sanità italiana che non si presta ad interpretazioni. La valutazione dell'Agenas si riferisce all’intero processo assistenziale ospedaliero e post-ospedaliero (a 30 giorni dall’intervento). Cinquantacinque, brontese, già sindaco di Bronte per due mandati consecutivi, il dott. Mario Zappia in Sicilia è stato presidente dell'Ato CT1 Joniambiente, direttore medico nazionale dei pellegrinaggi Unitalsi di Denver e Lourdes, ma è stato anche dirigente dell’Assessorato regionale alla Salute, commissario straordinario dell’Asp di Siracusa e direttore generale della Oasi Maria SS. di Troina. «Tutto questo è stato possibile - dice il dott. Mario Zappia - anche grazie ad una profonda riorganizzazione della Fondazione e ad un efficace piano di investimenti tecnologici, avendo come priorità assoluta il miglioramento della qualità dell’assistenza; a dimostrazione del fatto che si possono ridurre i costi e addirittura innalzare il livello qualitativo delle cure. Un duro lavoro a cui ha collaborato attivamente il personale di tutti i Dipartimenti, compreso quello dei Servizi di Diagnostica che ringrazio. Siamo una istituzione sanitaria no profit di ispirazione cristiana, l’unico nostro obiettivo è servire la persona malata». (Fonte La Sicilia del 22 Febbraio 2018) |
2016: Ricavi 62 milioni con un balzo dell’export: dal 46% del 2014 al 70% Franco Catania Jacob Cohën sale del 10% e rafforza la linea donna Ai jeans di alta gamma si affiancano capispalla e camicie «Il 2015 è stato un anno molto positivo: il fatturato è cresciuto del 10% a 62 milioni e l'utile del 25%, passando da 4 a 5 milioni. Per il 2016 prevediamo un ulteriore aumento a una cifra dei ricavi, ma è una stima prudente». Franco Catania presenta così i risultati 2015 di Giada, l'azienda di cui è amministratore unico e che produce e distribuisce in tutto il mondo il marchio Jacob Cohën. Una partnership con la famiglia Bardelle, proprietaria del brand, iniziata nel 2004: un anno prima Nicola Bardelle aveva deciso di rilanciare il marchio (depositato nel 1985 ma fino ad allora rimasto “dormiente”) come sinonimo di jeans di lusso. | L'obiettivo era proporre denimwear sartoriale, con dettagli preziosi e cuciture a mano, che utilizzasse solo tessuti della più alta qualità disponibile, italiani ma anche giapponesi. Dai 700 capi venduti nel 2003, per un fatturato di 1,1 milioni, si è passati ai 650mila del 2015 e ogni jeans è made in Italy. Anzi, made in Veneto, e il posizionamento è molto alto (dai 180 euro in su). «Nello scorso anno c'è stato un balzo nell'export, passato dal 46% del 2014 al 70%, anche grazie all'espansione retail. In Italia l'unico monomarca è a Taormina, mentre all'estero ci sono nove negozi in partnership: due in Giappone, uno a Doha e sei in Europa – spiega Catania –. Nel 2016 vorremmo crescesse inoltre il peso delle collezioni donna, che oggi assorbono il 15% delle vendite: stiamo ampliando la gamma di prodotti affiancando capispalla a camicie ai jeans e ai pantaloni estivi in tessuti particolari. Nel medio termine avremo poi accessori e, perché no, la licenza per il profumo». Jacob Cohën e Giada si trovano in un momento delicato del percorso aziendale: le dimensioni sono ragguardevoli per il panorama italiano del settore moda e in particolare per un marchio noto e specializzato soprattutto per un prodotto,il jeans. Per fare il salto dimensionale necessario a competere a livello globale alcune aziende, a parità, più o meno, del fatturato di Giada, hanno aperto a soci esterni o stanno pensando di farlo. Catania smentisce l'ingresso di un fondo, ipotizzato nei giorni scorsi (si veda Il Sole 24 Ore del 18 maggio) e dipinge un altro possibile scenario. |
| Nella foto (tratta da Il Sole 24 Ore) il negozio Jacob Cohën di Taormina, unico in Italia, e Franco Catania, al vertice di Giada, l’azienda che produce e distribuisce il marchio Jacob Cohën.
Franco Catania - sinonimo di Jeans di lusso e di agricoltura biologica - è stato deputato all’Assemblea Regionale Siciliana nella XII e XIII legislatura. All'attività imprenditoriale nel ramo tessile ha affiancato, con passione, anche l'attività di agricoltore, riuscendo a produrre, in Contrada Giardinelli, poco sopra l'antico Casale di Placa Bajana, di fronte a Bronte, un olio fra i migliori extravergine d'oliva tracciati dal sistema Unasco. |
| «La Giada spa potrebbe acquistare il marchio Jacob Cohën: se n'è parlato e la famiglia Bardelle sta valutando questa strada, ma non c'è alcuna fretta, perché c'è sempre stata una perfetta intesa sulle strategie – precisa Catania –. Le priorità sono altre: affinare il mix distributivo, continuare a crescere nel retail grazie ai giusti partner nei diversi mercati e sviluppare l'e-commerce». In Italia Jacob Cohën è presente in 400 multimarca e ha un monomarca nel centro di Taormina, mentre all'estero la distribuzione wholesale è fatta da 1.400 punti vendita. «A Londra abbiamo due corner, da Harrods e da Harvey Nichols. Gli altri flagshipstore europei sono a Saint Tropez, Courchevel e Principato di Monaco, ai quali si aggiungono Mosca, che consideriamo Europa, e in Belgio, Anversa e Knokke-Heist – racconta l'amministratore unico di Giada –. Ci mancano le grandi capitali del lusso: il sogno, o meglio, l'obiettivo, è aprire anche a Milano e Parigi». Oltre al progetto per l'e-commerce interno, le energie di Catania e dell'intera Giada (cento dipendenti diretti ai quali si aggiunge un considerevole indotto) sono impegnate nel velocizzare i tempi di produzione, lavorando sia sulle materie prime sia sui passaggi interni. «Alcuni mercati, in primis quello americano, per definizione molto competitivo – conclude Catania – chiedono consegne sempre più anticipate. Per continuare a crescere, specie all'estero, dobbiamo essere pronti e flessibili». (Giulia Crivelli, Il Sole 24 Ore del 24 Maggio 2016) |
13 Settembre 2020 IMPRENDITORE Da Bronte a Rovigo con il jeans superlusso Franco Catania racconta la sua esperienza, dall'avvio in Sicilia nel 1977 alla conquista dei mercati mondiali con il denim di fascia alta «Facile non è stato. Sui cavalcavia ricordo ancora le scritte "Forza Etna, il Veneto è con te"». Il passato, tuttavia. Perché il presente di Franco Catania, siciliano, classe 1955, è decisamente diverso. Risultato di un percorso di crescita che ha portato l'ex piccolo contoterzista di Bronte a diventare uno dei leader nella produzione di denim di fascia alta. Jeans che per i modelli di punta possono avvicinare anche i mille euro e che ormai vengono venduti in tutto il mondo, con l'export a valere i tre quarti dei ricavi, a ridosso degli 80 milioni di euro nel 2019. «Quando siamo partiti nel 1977 - spiega - a Bronte eravamo una quindicina. Ora l'attività lì si è allargata a 200 addetti, di strada ne è stata fatta parecchia». Percorso tuttavia non facile e per nulla lineare, che per il fondatore del distretto tessile di Bronte ha richiesto uno spostamento geografico, con l'avvio di un'attività in provincia di Rovigo. «Tra i tanti brand per cui producevamo a quei tempi - spiega - c'era anche Americanino. E grazie a questo contatto ho deciso di trasferirmi in Veneto. Come è andata? All'inizio devo ammettere che attorno a me vedevo tanta diffidenza, i "meridionali" non erano certo ben visti. Ad ogni modo, siamo riusciti a partire». Dando vita nel 1987 a Giada, azienda che oggi avvicina gli 80 milioni di ricavi e che ha puntato le proprie carte su un prodotto di nicchia, il Denim di fascia alta. «A volte le difficoltà sono in realtà uno stimolo a cambiare - spiega Catania - e dovendo produrre a Bronte, dove l'acqua scarseggia, la scelta obbligata fu quella di investire per provare ad economizzarla il più possibile. Allora, devo essere onesto, la motivazione principale non era l'ambiente. Che oggi invece per noi è diventato prioritario». L'innovazione nei processi produttivi e nei materiali utilizzati ha generato ad ogni modo effetti evidenti, riducendo il consumo di acqua da 150 a 12 litri a capo. «Chi paga centinaia di euro per un prodotto di qualità - aggiunge - ha il diritto di ricevere il massimo impegno in termini di sostenibilità, ed è quello che facciamo. Anche per poter avere un posizionamento distintivo rispetto alla concorrenza». La produzione è realizzata in parte a Rovigo, dove Giada occupa un centinaio di addetti e in parte proprio a Bronte, dove 200 persone (pur essendo formalmente inserite all'interno del consorzio manifatturiero siciliano) lavorano quasi esclusivamente per l‘azienda. «Si tratta prevalentemente di donne – spiega Catania – e nel tempo a Bronte questo ha fatto la differenza. In una terra in cui la partecipazione femminile al lavoro è storicamente ridotta questi stipendi hanno prodotto un’emancipazione evidente. Bronte è un piccolo paese, meno di 20mila anime, ma da questo punto di vista siamo molto9 più avanti di altri centri siciliani di dimensioni ben più superiori. Dove la donna spesso rimane ancorata al mondo di 30 o 40 anni fa». Nel tempo Giada ha prodotto per numerosi brand tra cui Marlboro Classic, Belfe, Best, Valentino. La svolta è però nel 2004, anno in cui è stata acquisita la licenza del marchio Jacob Cohen. «Il primo anno ricordo le diffico9ltà – spiega Catania – con una produzione di appena 700 capi. Oggi siamo arrivati a quota 700mila e punti8amo a crescere ancora. Il futuro? Questa licenza scade nel 2021 ma ci sono ragionevoli motivi per dire che verrà prolungata. Premiata come migliore impresa di Rovigo nel riconoscimento Industria Felix, inserita nel percorso Elite di Borsa italiana, in parallelo alla produzione su licenza Giada ha puntato anche sullo sviluppo di un marchio proprio (Hand Picked), caratterizzato da un centinaio di passaggi, la maggior parte dei quali a mano. Diversi sono gli accorgimenti messi in atto per la salvaguardia dell'ambiente: utilizzo di pannelli solari per il risparmio di energia elettrica, riciclo dell'acqua usata nella produzione del denim fino al 60%, riutilizzo del tessuto di scarto nell'industria automobilistica. Anche la pietra pomice viene riciclata e utilizzata per l'edilizia e il giardinaggio. «Ora vivo a Milano e una parte della settimana è impegnata in Veneto. Ma Bronte è la mia casa. E aver contribuito a creare posti di lavoro nel mio paese è una soddisfazione in più. Forse, con il passare del tempo, quello che mi gratifica maggiormente». Soddisfazioni superiori rispetto a quelle raccolte nell’esperienza politica, un decennio all’assemblea regionale siciliana, eletto con Forza Italia. «Allora ero attratto da Berlusconi – spiega – e pensavo di poter portare in politica la mia esperienza di imprenditore. Poi mi sono accorto che cambiare il sistema è complicato o addirittura impossibile. Anzi, è forse più facile che sia il sistema a cambiarti. E’ un’esperienza che non rinnego e che mi anche fatto crescere. Ma che si è chiusa, quando ho capito che in quel mondo non riuscivo a dare il contributo che volevo». (Luca Orlando, Il Sole 24 Ore del 18 Settembre 2020) |
«A volte mi sorprendo a riflettere sulla mia età e sui quarant’anni di lavoro che ho alle spalle e penso che forse potrei andare in pensione. La realtà è che non si va in pensione dalle passioni e per me il tessile-moda e il mondo del jeans in particolare sono prima di tutto questo, passioni. Se proprio devo staccare, passo qualche giorno nella mia amata Sicilia, dove coltivo in modo rigorosamente biologico ulivi, pistacchi, pomodori, arance. Poi torno a Milano e sono pronto a ripartire» (...) (Franco Catania) (Corrono i ricavi dei jeans Jacob Cohën, Il Sole 24 ore, 2 Dicembre 2017) |
Jacob Cohën è pronto a infilare i suoi pantaloni agli americani Ha aperto la prima filiale estera negli States «Da qualche mese abbiamo messo salde radici nel territorio americano aprendo la nostra prima filiale diretta all’estero proprio negli Stati Uniti, con la costituzione a New York della Giada America che ha sede in uno showroom di 2.000 mq. su Madison Avenue, arteria dello shopping di lusso internazionale» spiega Franco Catania, amministratore unico di Giada (...) «Sono in cantiere tre nuove aperture di monomarca entro la primavera 2018 di cui una a Milano in Via della Spiga e le altre due a Parigi e Istanbul». (Da La Repubblica - Affari&Finanza, 18 Dicembre 2017) |
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Chi fa l'Italia
Antonello Zingale I dodici amici che difendono l'oro color verde pistacchio Antonello Zingale: «Gli alberi sono un salvadanaio»
Una famiglia. Con un ospite d'onore sempre a capotavola: il pistacchio. Piacevole, versatile, disponibile. In altre parole, l'ospite che in tanti vorrebbero. E loro, quelli dei «Dolci Sapori dell'Etna» gli ex amici trentenni cresciuti talmente amici da diventare una famiglia (mogli, mariti, cognato e cognata) l'hanno tenuto così stretto il pistacchio, nelle loro menti e nei loro cuori, da farne diventare l'ingrediente principe del loro lavoro e l'obbiettivo del loro impegno. «Tutto è nato 13 anni fa - racconta Antonello Zingale, 47 anni - qui a Bronte tutti hanno un pistacchieto più o meno grande. Gli alberi sono per noi come una sorta di salvadanaio, una sicurezza per il futuro. E' il nostro oro verde. Così io, che avevo ereditato da mio padre Ignazio un terreno e un discreto numero di piante, ho deciso con gli altri amici che non avremmo dovuto disperdere quel patrimonio. Ma, anzi, investirci per portare il pistacchio di Bronte in giro per il mondo e farne conoscere le sue peculiarità». Un lavoro paziente, di sacrifici («non abbiamo mai ricevuto aiuti né contributi da nessuno») che imbocca la svolta dell'internazionalità e della giusta considerazione nel 2011, quando il pistacchio di Bronte conquista il marchio Dop. «Con il Dop comunitario si è creato il consorzio. E il consorzio ha significato e significa tutela per tutti, per noi produttori e per i consumatori. La nostra filosofia, in particolare, è quella di proporre sul mercato prodotti di qualità mantenendo contenuti i costi. Ci impegniamo seriamente sul fronte bio con certificazioni, controlli e analisi. Abbiamo realizzato anche una linea di prodotti naturali senza glutine per dare sicurezza alimentare alle persone che soffrono di intolleranze. Siamo partiti che avevamo tutto in 200 metri quadrati, oggi sono 600. E in laboratorio, passo dopo passo, abbiamo dato spazio alla tecnologia: macchine a bassa temperatura per non far scaldare troppo il prodotto durante la lavorazione ed evitarne quindi l'ossidazione, celle frigorifere e impianti automatici di confezionamento. Ogni due anni raccogliamo i pistacchi per fare le scorte. Di fatto la nostra è una raccolta biennale proprio per consentire alla pianta di riposare. Una scelta ben precisa per portare sul mercato un prodotto sempre di qualità eccellente. Una volta raccolti i pistacchi li conserviamo fra i 10-12 gradi con un' umidità controllata di 52-54 gradi, così il frutto conserva le inalterate le sue proprietà. In buona sostanza noi biennalmente lavoriamo 50 tonnellate di prodotto». Un bell'impegno, quindi, ma tutto è rimasto come alle origini? «Oggi come oggi il team di Dolci Sapori dell'Etna è formato da 12 persone e le posso assicurare che non c'è un passaggio della filiera, dalla raccolta di pistacchi alla spedizione, che non sia seguito da mani e occhi umani. Siamo rimasti artigiani e non vogliamo certo tradire le nostre origini e i nostri obbiettivi tanto che quotidianamente continuiamo ad offrire consulenza tecnica, consigli e ricette su come utilizzare al meglio il nostro pistacchio, che, peraltro, è un buon aiuto contro il colesterolo perché è ricco di omega 3». Antonello Zingale non si perde una fiera, una rassegna internazionale. Che si tratti di gelati o di preparazioni gastronomiche lui il nome e la qualità dei «Dolci Sapori dell'Etna» lo vuol portare, fare assaggiare, far conoscere: da Longarone a Stoccarda. «Offriamo prodotti genuini, l'eccellenza della frutta secca siciliana, perché, principalmente, lavoriamo prodotti dei nostri territori. Oltre al pistacchio di Bronte, la mandorla di Avola e le nocciole dei Nebridi. Nel nostro laboratorio, attraverso lavorazioni che traggono origine da un'antica tradizione artigianale, ogni giorno si mescolano ingredienti semplici e prodotti di prima qualità. Il risultato è un ricco e variegato paniere di prodotti: creme, pesti, torte, pasta pura per gelaterie e tantissime altre golosità. Tutto ciò per offrire al consumatore finale amante del cibo genuino, l'opportunità di gustare le eccellenze dei nostri prodotti e, al pasticcere, la possibilità di utilizzare i nostri preparati nelle successive fasi di trasformazione del prodotto finito». E, in effetti, andare a navigare nel sito internettiano dei «Dolci Sapori dell'Etna», che ha colto al volo anche l'opportunità di una vetrina internazionale tramite Artimondo, significa dare libero sfogo alle più svariate opportunità che la cucina a base di pistacchio, dall'antipasto al gelato, offre anche più modesto degli chef casalinghi. «A me piace fare mia una citazione del grande scrittore cileno, Luis Sepulveda: Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro. La nostra azienda si trova a alle pendici dell'Etna, a circa 750 metri sul livello del mare. Bronte è un paese molto laborioso che ha fatto della coltura del pistacchio, con i suoi 3500 ettari coltivati, un marchio riconoscibile in tutta Italia. La Sagra del Pistacchio, fra fine settembre ed i primi di ottobre, attrae numerosi appassionati del nostro oro verde che in quei giorni possono gustarne le varie preparazioni per le vie del centro storico. E il successo di questo frutto, prezioso e antico, è il successo della nostra storia». [Gabriele Villa, Il Giornale, Ven, 16/02/2018]
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