
2016: Ricavi 62 milioni con un balzo dell’export: dal 46% del 2014 al 70% |
Franco Catania
Jacob Cohën sale del 10% e rafforza la linea donna
Ai jeans di alta gamma si affiancano capispalla e camicie «Il 2015 è stato un anno molto positivo: il fatturato è cresciuto
del 10% a 62 milioni e l'utile del 25%, passando da 4 a 5 milioni.
Per il 2016 prevediamo un ulteriore aumento a una cifra dei ricavi,
ma è una stima prudente».
Franco Catania presenta così i risultati 2015 di Giada, l'azienda di
cui è amministratore unico e che produce e distribuisce in tutto il
mondo il marchio Jacob Cohën.
Una partnership con la famiglia
Bardelle, proprietaria del brand, iniziata nel 2004: un anno prima
Nicola Bardelle aveva deciso di rilanciare il marchio (depositato
nel 1985 ma fino ad allora rimasto “dormiente”) come sinonimo di
jeans di lusso.
L'obiettivo era proporre denimwear sartoriale, con
dettagli preziosi e cuciture a mano, che utilizzasse solo tessuti
della più alta qualità disponibile, italiani ma anche giapponesi.
Dai 700 capi venduti nel 2003, per un fatturato di 1,1 milioni, si è
passati ai 650mila del 2015 e ogni jeans è made in Italy. Anzi, made
in Veneto, e il posizionamento è molto alto (dai 180 euro in su).
«Nello scorso anno c'è stato un balzo nell'export, passato dal 46%
del 2014 al 70%, anche grazie all'espansione retail.
In Italia
l'unico monomarca è a Taormina, mentre all'estero ci sono nove
negozi in partnership: due in Giappone, uno a Doha e sei in Europa –
spiega Catania –.
Nel 2016 vorremmo crescesse inoltre il peso delle
collezioni donna, che oggi assorbono il 15% delle vendite: stiamo
ampliando la gamma di prodotti affiancando capispalla a camicie ai
jeans e ai pantaloni estivi in tessuti particolari. Nel medio
termine avremo poi accessori e, perché no, la licenza per il
profumo». |
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Nella foto (tratta da
Il Sole 24 Ore) il negozio Jacob Cohën di
Taormina, unico in Italia, e Franco Catania, al vertice di Giada,
l’azienda che produce e distribuisce il marchio Jacob Cohën.
Franco Catania
-
sinonimo di Jeans di lusso e di agricoltura biologica - è stato
deputato all’Assemblea Regionale Siciliana nella XII e XIII
legislatura.
All'attività imprenditoriale nel ramo
tessile ha affiancato, con passione, anche l'attività di agricoltore,
riuscendo a produrre, in Contrada Giardinelli, poco sopra l'antico Casale di Placa Bajana, di fronte a Bronte,
un
olio fra i migliori extravergine d'oliva tracciati
dal sistema Unasco. |
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Jacob Cohën e Giada si trovano in un momento delicato del percorso
aziendale: le dimensioni sono ragguardevoli per il panorama italiano
del settore moda e in particolare per un marchio noto e
specializzato soprattutto per un prodotto,il jeans.
Per fare il
salto dimensionale necessario a competere a livello globale alcune
aziende, a parità, più o meno, del fatturato di Giada, hanno aperto
a soci esterni o stanno pensando di farlo. Catania smentisce
l'ingresso di un fondo, ipotizzato nei giorni scorsi (si veda Il
Sole 24 Ore del 18 maggio) e dipinge un altro possibile scenario.
«La Giada spa potrebbe acquistare il marchio Jacob Cohën: se n'è
parlato e la famiglia Bardelle sta valutando questa strada, ma non
c'è alcuna fretta, perché c'è sempre stata una perfetta intesa sulle
strategie – precisa Catania –.
Le priorità sono altre: affinare il
mix distributivo, continuare a crescere nel retail grazie ai giusti
partner nei diversi mercati e sviluppare l'e-commerce».
In Italia Jacob Cohën è presente in 400 multimarca e ha un monomarca
nel centro di Taormina, mentre all'estero la distribuzione wholesale
è fatta da 1.400 punti vendita.
«A Londra abbiamo due corner, da
Harrods e da Harvey Nichols.
Gli altri flagshipstore europei sono a
Saint Tropez, Courchevel e Principato di Monaco, ai quali si
aggiungono Mosca, che consideriamo Europa, e in Belgio, Anversa e
Knokke-Heist – racconta l'amministratore unico di Giada –. Ci
mancano le grandi capitali del lusso: il sogno, o meglio,
l'obiettivo, è aprire anche a Milano e Parigi».
Oltre al progetto per l'e-commerce interno, le energie di Catania e
dell'intera Giada (cento dipendenti diretti ai quali si aggiunge un
considerevole indotto) sono impegnate nel velocizzare i tempi di
produzione, lavorando sia sulle materie prime sia sui passaggi
interni.
«Alcuni mercati, in primis quello americano, per
definizione molto competitivo – conclude Catania – chiedono consegne
sempre più anticipate. Per continuare a crescere, specie all'estero,
dobbiamo essere pronti e flessibili».
(Giulia Crivelli, Il Sole 24 Ore del 24 Maggio 2016)
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«A volte mi sorprendo a riflettere sulla mia età e sui
quarant’anni di lavoro che ho alle spalle e penso che forse potrei andare in
pensione. La realtà è che non si va in pensione
dalle passioni e per me il tessile-moda e il mondo del jeans in particolare sono
prima di tutto questo, passioni. Se proprio devo staccare, passo qualche giorno
nella mia amata Sicilia, dove coltivo in modo rigorosamente
biologico ulivi, pistacchi, pomodori, arance. Poi torno a Milano e sono pronto a
ripartire» (...) (Franco Catania) (Corrono i ricavi dei jeans Jacob Cohën, Il Sole 24 ore, 2
Dicembre 2017) |
Jacob Cohën è pronto a infilare i suoi pantaloni agli
americani Ha aperto la prima filiale
estera negli States «Da qualche mese abbiamo messo salde radici nel territorio americano aprendo la
nostra prima filiale diretta all’estero proprio negli Stati Uniti, con la
costituzione a New York della Giada America che ha sede in uno showroom di 2.000
mq. su Madison Avenue, arteria dello shopping di lusso internazionale» spiega
Franco Catania, amministratore unico di Giada (...) «Sono in
cantiere tre nuove aperture di
monomarca entro la primavera
2018 di cui una a Milano in Via
della Spiga e le altre due a Parigi
e Istanbul». (La
Repubblica - Affari&Finanza, 18 Dicembre 2017) |
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Chi fa l'Italia
Antonello Zingale
I dodici amici che difendono l'oro color verde pistacchio
Antonello Zingale: «Gli alberi sono un salvadanaio» Una
famiglia. Con un ospite d'onore sempre a capotavola: il pistacchio. Piacevole, versatile, disponibile. In altre parole, l'ospite che in
tanti vorrebbero. E loro, quelli dei «Dolci Sapori dell'Etna» gli ex
amici trentenni cresciuti talmente amici da diventare una famiglia
(mogli, mariti, cognato e cognata) l'hanno tenuto così stretto il
pistacchio, nelle loro menti e nei loro cuori, da farne diventare
l'ingrediente principe del loro lavoro e l'obbiettivo del loro impegno. «Tutto è nato 13 anni fa - racconta Antonello Zingale, 47 anni - qui a
Bronte tutti hanno un pistacchieto più o meno grande. Gli alberi sono
per noi come una sorta di salvadanaio, una sicurezza per il futuro. E'
il nostro oro verde. Così io, che avevo ereditato da mio padre Ignazio
un terreno e un discreto numero di piante, ho deciso con gli altri amici
che non avremmo dovuto disperdere quel patrimonio. Ma, anzi, investirci
per portare il pistacchio di Bronte in giro per il mondo e farne
conoscere le sue peculiarità». Un lavoro paziente, di sacrifici («non abbiamo mai ricevuto aiuti né
contributi da nessuno») che imbocca la svolta dell'internazionalità e
della giusta considerazione nel 2011, quando il pistacchio di Bronte
conquista il marchio Dop.
«Con il Dop comunitario si è creato il
consorzio. E il consorzio ha significato e significa tutela per tutti,
per noi produttori e per i consumatori. La nostra filosofia, in
particolare, è quella di proporre sul mercato prodotti di qualità
mantenendo contenuti i costi. Ci impegniamo seriamente sul fronte bio
con certificazioni, controlli e analisi.
Abbiamo realizzato anche una
linea di prodotti naturali senza glutine per dare sicurezza alimentare
alle persone che soffrono di intolleranze.
Siamo partiti che avevamo
tutto in 200 metri quadrati, oggi sono 600. E in laboratorio, passo dopo
passo, abbiamo dato spazio alla tecnologia: macchine a bassa temperatura
per non far scaldare troppo il prodotto durante la lavorazione ed
evitarne quindi l'ossidazione, celle frigorifere e impianti automatici
di confezionamento.
Ogni due anni raccogliamo i pistacchi per fare le
scorte. Di fatto la nostra è una raccolta biennale proprio per
consentire alla pianta di riposare. Una scelta ben precisa per portare
sul mercato un prodotto sempre di qualità eccellente.
Una volta raccolti
i pistacchi li conserviamo fra i 10-12 gradi con un' umidità controllata
di 52-54 gradi, così il frutto conserva le inalterate le sue proprietà.
In buona sostanza noi biennalmente lavoriamo 50 tonnellate di prodotto». Un bell'impegno, quindi, ma tutto è rimasto come alle origini? «Oggi
come oggi il team di Dolci Sapori dell'Etna è formato da 12 persone e le
posso assicurare che non c'è un passaggio della filiera, dalla raccolta
di pistacchi alla spedizione, che non sia seguito da mani e occhi umani.
Siamo rimasti artigiani e non vogliamo certo tradire le nostre origini e
i nostri obbiettivi tanto che quotidianamente continuiamo ad offrire
consulenza tecnica, consigli e ricette su come utilizzare al meglio il
nostro pistacchio, che, peraltro, è un buon aiuto contro il colesterolo
perché è ricco di omega 3». Antonello Zingale non si perde una fiera, una rassegna internazionale.
Che si tratti di gelati o di preparazioni gastronomiche lui il nome e la
qualità dei «Dolci Sapori dell'Etna» lo vuol portare, fare assaggiare,
far conoscere: da Longarone a Stoccarda. «Offriamo prodotti genuini,
l'eccellenza della frutta secca siciliana, perché, principalmente,
lavoriamo prodotti dei nostri territori. Oltre al pistacchio di Bronte,
la mandorla di Avola e le nocciole dei Nebridi. Nel nostro laboratorio,
attraverso lavorazioni che traggono origine da un'antica tradizione
artigianale, ogni giorno si mescolano ingredienti semplici e prodotti di
prima qualità.
Il risultato è un ricco e variegato paniere di prodotti:
creme, pesti, torte, pasta pura per gelaterie e tantissime altre
golosità. Tutto ciò per offrire al consumatore finale amante del cibo
genuino, l'opportunità di gustare le eccellenze dei nostri prodotti e,
al pasticcere, la possibilità di utilizzare i nostri preparati nelle
successive fasi di trasformazione del prodotto finito». E, in effetti, andare a navigare nel sito internettiano dei «Dolci
Sapori dell'Etna», che ha colto al volo anche l'opportunità di una
vetrina internazionale tramite Artimondo, significa dare libero sfogo
alle più svariate opportunità che la cucina a base di pistacchio,
dall'antipasto al gelato, offre anche più modesto degli chef casalinghi. «A me piace fare mia una citazione del grande scrittore cileno, Luis
Sepulveda: Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro. La nostra
azienda si trova a alle pendici dell'Etna, a circa 750 metri sul livello
del mare. Bronte è un paese molto laborioso che ha fatto della coltura
del pistacchio, con i suoi 3500 ettari coltivati, un marchio
riconoscibile in tutta Italia. La Sagra del Pistacchio, fra fine
settembre ed i primi di ottobre, attrae numerosi appassionati del nostro
oro verde che in quei giorni possono gustarne le varie preparazioni per
le vie del centro storico. E il successo di questo frutto, prezioso e
antico, è il successo della nostra storia». [Gabriele Villa,
Il Giornale, Ven, 16/02/2018] |