La ducea inglese ai piedi dell'Etna (1799 - 1981)

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Borgo Caracciolo, una breve felice, strana parentesi

Azienda Agricola Maniace, 1941/1943

di Mario Carastro

La Ducea inglese ai piedi dell'Etna

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L’Esproprio della Ducea Nelson

Il Fascismo agli inizi era stato accolto con favore dagli inglesi di Bronte e l’atteggiamento continuò sino alla morte del Duca Alessandro (1/6/1937). La collaborazione con le autorità locali e provinciali è evidente nei molti documenti del periodo raccolti nell’Archivio Privato Nelson, custodito nell’Archivio di Stato di Palermo, e relativi ai più vari argomenti (scuole rurali, organizzazioni del regime e sindacali, ordine pubblico, enti di ricerca agricola, milizia forestale, etc).

Particolarmente copioso è il faldone riguardante la Scuola Rurale “Tabarone Pio”, che l’Opera Nazionale Balilla istituì nella Ducea a beneficio dei figli dei contadini. Fa impressione trovare come Presidente Onorario del Comitato dei Genitori pro Scuola Rurale(9) il Duca e come Presidente Effettivo George D. Woods, l’amministratore inglese, lo stesso che chiude alcune sue lettere con “saluti fascisti”.

Addirittura nel 1927 a Taormina il Duca a conclusione di una conferenza tenuta di fronte ai residenti stranieri ebbe a dichiarare:”Io penso che non dovete avere alcun timore perché quando un forte sentimento patriottico scaturente dal cuore si diffonde con integrità non può esserci alcuna paura per il futuro. Ed è per questo che io onoro il nome di Benito Mussolini e il lavoro del fascismo del quale egli è il Creatore”.(2) Fu una collaborazione leale e convinta, sostenuta dal senso civico tipicamente inglese del rispetto delle leggi che via via erano emanate.  Del resto perché meravigliarsi? Era l’epoca del consenso quasi unanime e non era ancora immaginabile il baratro in cui l’Italia sarebbe precipitata con la guerra.

La morte del Duca Alessandro, appena un anno dopo la proclama­zione dell’Impero, coincise con il diffondersi in Italia di un certo sentimento antibritan­nico. Nell’ottobre 1937 Woods si dimette per poi lasciare defini­tivamente l’Italia nell’aprile 1938 e come suo successore viene assunto dal nuovo Duca, Lord Bridport, Mr. George Niblett.

In questo periodo la Ducea decideva, non solo in ossequio alle indi­cazioni della nuova politica rurale del regime ma anche per trarre maggiori vantaggi da una diversa gestione dell’azienda, di dare una spallata al sistema dei “gabelloti”. Ricorda Mons. Galati(3) che il 2 settembre 1937 alla presenza dell’Avv. Carmelo Melia, legale della Ducea e del Consolato Britannico, dei gabelloti e dei rappresen­tanti della Federazione Provinciale Fascista degli Agricoltori, l’Amministrazione della Ducea annunciava “… ai gabelloti il programma di una graduale quotiz­zazione dei feudi da concedere a piccoli affittuari coltivatori diretti in osservanza alle disposizioni emanate dal regime …”.

I grandi gabelloti dell’epoca erano all’incirca dodici, fra i quali, per cita­re alcuni nomi, ricordo i Costanzo e Costanzo Zammataro per Boschetto e Fon­daco, i Leanza di Semantile, i Burrello di Sant’Andrea, i Galati Sansone e Galati Giordano di Scorzone, i Parasiliti di Porticelle Sottana.
Nell’agosto 1938 furono stipulati i primi nuovi contratti di mezzadria nel ri­spetto del Patto Ge­nerale di Colonia Parziaria e contratti di piccole affit­tan­ze con gli antichi inqui­lini dei gabelloti. Le estensioni dei poderi erano comun­que ridotte: media­mente 5,4 Ha per le affittanze e 2,8 Ha per le mezzadrie.

Fig. 3 - Lettera del Comitato Provinciale di Catania del­l’Opera Nazionale Balilla del 1 Gennaio 1936 indirizzata al­l'«Am­ministrazione generale del Duca di Bronte» con i rin­gra­ziamenti per il contributo dato dalla Ducea per la istitu­zione della refezione calda per gli alunni della Scuola Rurale (9). Si porgono i ringraziamenti ed «i distinti saluti fascisti» «signi­ficando altresì che si terrà noto il Suo atto e che verrà additato alle Autorità tutte».

Fig. 4 - Il Gagliardetto della Scuola Rurale di Maniace "Tabarone Pio" istituita dall’Opera Nazionale Balilla a beneficio dei figli dei contadini.


Le case coloniche

Nel 1939 furono avviate le procedure per la costruzione di 23 case coloniche. Il progetto(16), redatto dal Geom. Salvatore Russo nell’ottobre 1939, prevedeva 25 case coloniche, basandosi sull’ipotesi di una superficie di 2.065 Ha divisi in quote da circa 25 Ha, sulla necessità per quota di 4 vani ed una stalla per 8 capi e sul dato che esistevano già nella proprietà circa 200 vani e stalle per 450 capi. Il progetto fu approvato con delle modifiche nel novembre 1939 per 23 case coloniche, nei tre tipi A,B e C, previsti dalle leggi, a Cavallaro, Fondaco, Zirilli, Mangiasarde, Mandorleo e Porticelle, per un importo di £ 883.200 e con un contributo statale del 38%. La scuola rurale era al Fondaco, la colletteria postale nel Castello e l’Ambulatorio a 700 m dal Castello.

La cerimonia di posa della prima pietra avvenne il 21 ottobre 1939 e l’Amministratore fu molto attento per accattivarsi i gerarchi locali a invitare il Legionario Fiumano Dott. Alfio Nicolosi, tecnico agrario che curava i giardini, ad assistere “in divisa fascista”.

La realizzazione di queste case coloniche, però, fu ritardata anche per motivi economici, offrendo così ai dirigenti dell’ECLS l’occasione di formulare cavilli pretestuosi per fare dichiarare la Ducea inadempiente agli obblighi della colonizza­zione e chiederne l’esproprio nell’ottobre 1940.

Dalla morte del Duca Alessandro (giugno 1937) allo scoppio della guerra (il 3 settembre 1939 la Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania) tutto è rapida­mente cambiato a Maniace. Ironicamente il 5 agosto del ‘39 un articolo dell’“Eve­ning Standard” ricorda in Inghilterra(2) che Lord Bridport è il solo proprietario ter­riero inglese in Sicilia e che fra i proprietari siciliani è stato il primo ad uniformarsi alla politica agraria del Duce, dando l’avvio fra l’altro alla costruzione di 22 nuove case coloniche anche se con il contributo promesso dallo Stato.

E’ un periodo duro per le finanze della Ducea messe a dura prova dalla necessità imposta dalle leggi della costruzione delle case coloniche e dalle rate della tassa di successione nel passaggio della proprietà della Ducea al nuovo Duca Rowland Arthur Herbert Nelson Hood, malgrado questi fosse stato adot­tato dal vecchio Duca Alessandro. Furono contratti per far fronte alle esigenze dei mutui con il Banco di Roma e la Banca Nazionale del Lavoro.

L’aria per gli inglesi di Maniace è notevolmente pesante e si comincia a temere il peggio. Il Duca, intanto, è costretto nell’aprile del 1940 a conferire una “procura parallela” al Cav. Luigi Modica, Vice Direttore del Banco di Roma, che l’aveva pretesa per avere, attraverso la gestione diretta della Ducea, maggiori garanzie per i propri crediti.

Gli ultimi anni trenta vedono probabilmente anche l’infiltrarsi nella zona di Bronte con centro Maniace di una cellula spionistica inglese, alla quale non do­vreb­be essere stata estranea la Signora Margareth Hughes, unica persona di nazionalità inglese che risiederà durante la guerra nella Ducea nella casa di Otaiti. L’organizzazione condizionerà molti avvenimenti negli anni a seguire come quelli di guida dei bombardamenti nell’agosto 1943 e della protezione all’EVIS.(10-11-12)

 

Agosto 1943, il bombardamento della Masseria Sant’Andrea

Il 4 agosto 1943 una bomba viene sganciata alle ore 10 da un aereo americano sulla masseria in contrada Sant’Andrea dell’Azienda Maniace. L’esplosione fu udita dai dipendenti dell’Azienda nel Castel­lo di Maniace, che si precipitarono sul posto.

Accorsero con immensa paura soprattutto quelli che avevano pensato di sottrarre i propri famigliari ai rischi dei bombardamenti su Bronte facendoli sfollare proprio lì e tenendoli vicini a sè: Luigi Cara­stro, Calogero Lo Castro e Francesco Bianca (padre di Carmelo, famoso sarto marsi­gliese) insieme a Mario e Giuseppe Carastro. Trovarono distru­zione e morte.

Persero la vita tra gli altri: Angelina Trischitta in Camuto di anni 60, la Sig.ra Isola Maria Rosa moglie di Luigi Carastro, Salvatore Carastro di anni 17 figlio di Luigi Cara­stro, un bimbo di 7 anni figlio di Ciccio Bian­ca tenuto in braccio da Salvatore Carastro, Antonino Lo Castro giovane figlio del capo dei campieri Calogero Lo Castro, una non meglio iden­tificata ragazzina figlia di Ciccio “u spazzinu”. ed i due fratelli Antonio e Carmelo Bontempo, quest'ultimi due sepolti nel piccolo cimitero inglese della Ducea.

Si disse che il bombardamento fosse avvenuto per una falsa infor­mazione sul movimento delle truppe tedesche fornita da spie degli inglesi.


Nasce l’Azienda Agricola Maniace

Nel maggio 1940 sentendo precipitare la situazione internazionale George Niblett lascia l’Italia. Il 10 giugno 1940, infatti, l’Italia dichiara guerra alla Gran Bretagna e alla Francia e la Ducea in quanto bene di un cittadino di uno stato nemico viene il 16 luglio 1940 con Decreto del Prefetto di Catania posta sotto sequestro ai sensi della Legge 8/7/1938.

Il 6 agosto 1940 il Banco di Sicilia ne prende possesso per conto dell’ente incaricato del sequestro dei beni dei nemici, l’EGELI – Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare. Il Banco di Sicilia, con a capo il Dott. Antonino Baiardi, tenne la gestione sino al 16/11/1940, quando l’ECLS fu autorizzato con Decreto Ministeriale 13053 dello stesso giorno a prenderne con urgenza possesso. L’Ente aveva già il 4/10/1940 chiesto anche l’esproprio ed il Ministero dell’Agricoltura aveva riconosciuto il 3/11/1940 la sussistenza delle motivazioni di cui all’art. 11 del RD 26/7/1940 n.247. Il 10 dicembre 1940 l’ECLS prende formalmente possesso della Ducea che è definitivamente espropriata con Decreto Prefettizio n.5666 il 19/8/1941.

Nasce così l’Azienda Agricola Maniace dell’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano, che vivrà sino al 18 agosto 1943.
Tre anni appena della plurisecolare storia di questa terra, che racconterò riferendomi in particolare alle nuove condizioni di vita dei contadini di Maniace ed al Borgo Francesco Caracciolo. Miraggi in un deserto di povertà e arretratezza che, quasi toccati con mano a causa della guerra contro gli inglesi, rapidamente e improvvisamente sono svaniti sempre a causa della guerra persa con gli inglesi. Come diversamente potrebbe spiegarsi, infatti, quanto accaduto a Maniace senza tenere conto dello scenario internazionale?

Il regime osserva Rosario Mangiameli(13) “ne aveva fatto la vetrina del suo assalto al latifondo…” concludendo che “l’importanza che la colonizzazione della Ducea avrebbe assunto su scala internazionale era dunque ben chiara ai suoi promotori e portò gli organi governativi competenti ad agire con inusuali efficacia e rapidità: all’appoderamento seguì la costruzione di comode case rurali dotate di mobilio e di scorte alimentari, di sementi, aratri e buoi. Ancora alcuni vecchi del luogo ricordano con meraviglia e rimpianto questa improvvisa provvidenza che li aveva sollevati da una condizione di miseria, come raramente se ne poteva riscontrare pur nella arretrata Sicilia, a quella di agiati coloni.”

L’esproprio della Ducea, proprietà di un suddito inglese fu perseguito facendo appello a in realtà inesistenti inosservanze delle leggi sulla colonizzazione, per ragioni politiche internazionali e servì nello stesso tempo da monito ai latifondisti siciliani: adeguarsi una volta per tutte alla politica rurale del regime o, in caso contrario e di resistenza come nel passato, andare incontro all’esproprio. I promotori, però, non si resero probabilmente conto che i segnali mandati contribuirono in Sicilia anche a coalizzare sino a far loro stendere una strategia comune, come si vedrà nel 1943 e negli anni a seguire, tre nemici del regime: gli alleati, i grandi latifondisti e il mondo dei gabelloti colluso e confuso con quanto rimaneva della mafia.

La storia dell’Azienda è racchiusa nei documenti dell’Ente, che nell’agosto 1943 furono portati via dai funzionari. E’ sempre da tenere presente che l’ECLS, come ente di Stato con personalità giuridica alle dipendenze del Ministero dell’Agricoltura, era tenuto a ottemperare a leggi e procedure dello Stato.

A proposito ritengo sia l’occasione per sfatare un probabile secondo me falso che dura da tempo: il tentato acquisto, durante il possesso da parte dell’Ente, della Ducea per un sesto del suo valore da parte di Galeazzo Ciano.

Non esistono prove e documenti ma solo affermazioni postume di parte inglese(14), che era all’epoca oramai fuori dai giochi, e poi: come sarebbe stato possibile l’acquisto da parte di un privato, anche se autorevole gerarca, di una proprietà, espropriata da un Ente di Stato in forza della legge dell’“Assalto al Latifondo” e destinata dal regime, proprio perché proprietà di un suddito della “perfida Albione(13), a essere migliorata e trasformata per testimoniare davanti al mondo la politica sociale e agraria del fascismo a favore del progresso dell’Isola e per il riscatto degli umili rurali prima sfruttati dal padrone inglese?

L’intervento dell’Ente nella Ducea è “… di particolare significato, oltre che economico, politico … che suonerà, nei secoli, onta eterna per l’impic­catore Nelson”.(8) Per un sesto del suo valore? Va bene che sparare contro le opere realizzate durante il ventennio, è sempre politically correct ed è il modo più facile per ricevere comprensione, ma sembra che proprio in questo caso i Duchi abbiano rasentato il ridicolo.

La realtà probabilmente fu molto diversa. Nell’Archivio della Ducea c’è un pro-memoria del Settembre 1943 per l’AMGOT dell’Avv. Domenico Nicosia, legale della Ducea sin dal 1932, che testualmente recita: “… Fra le cose di Nelson la sciabola d’onore, il bicchiere personale, preziosi e storici reperti d’arte antica sono stati religiosamente conservati … Tutti questi effetti per lungo tempo hanno suscitato l’appetito di rapaci gerarchi fascisti, specialmente del genero di Mussolini, Ciano, che più volte hanno mandato suoi emissari per proporne l’acquisto; queste proposte non sono mai state accettate …”.(15)

E neanche secondo me è possibile riferirsi a quanto contenuto in un anonimo appunto dattiloscritto del 1938 trovato sempre nell’Archivio Privato Nelson(33), che sembra la premessa per istruire una richiesta di prestito alle banche, e quindi tendente a fare apparire la valutazione della Ducea la più ottimisticamente possibile.

Il documento presenta la situazione finanziaria della Ducea; stima in Lire 1.500.000 il valore della Falconara di Taormina e parla dell’offerta di Lire 25.000.000 in contanti, ricevuta per l’acquisto di tutta la Ducea, esclusa la Falconara, e rifiutata da Lord Bridport, perché ritenuta molto inferiore al suo valore reale.

Se fu questa, l’offerta di Galeazzo Ciano è da dire che è del 1938 e che equivarrebbe a circa Lire 41.015.000.000 e Euro 21.182.000 di oggi. Se essa fosse un sesto del reale valore della Ducea, allora questa era stimata dal suo proprietario valere cifre francamente inverosimili, considerato anche che dagli stessi appunti si evidenzia per quell’annata 1937-38, e le altre immediata­mente precedenti non dovevano essere diverse, come differenza fra ricavi di Lire 1.854.000 circa e spese di Lire 2.519.000 circa, una perdita di gestione di Lire 734.000, comprensiva dei prelievi extra del Duca e del mantenimento della Falconara.

Quale era il compito assegnato ai funzionari dell’Ente giunti a Maniace? In pratica dovevano promuovere la piccola proprietà contadina partendo dalla “quotizzazione” dell’immenso latifondo ed assegnazione delle “quote”, dotate di mezzi tecnici, sementi e bestiame ai coloni, contraendo con essi del Contratti di Colonia di tipo mezzadrile con obbligo di miglioria o di tipo Enfiteutico o di Piccola Affittanza e possibilità di riscatto.

Contemporaneamente dovevano sovrintendere alla realizzazione delle case coloniche, delle infrastrutture (strade interpoderali, abbeveratoi, etc), di un Borgo contadino intitolato, in sfregio ai discendenti di Nelson, a Caracciolo e della bonifica del territorio e all’assistenza tecnica ai coloni. Un compito impegnativo stante anche il breve tempo stabilito per eseguirlo, le difficoltà finanziarie e la guerra.

Lo spirito e l’impegno con i quali essi diedero inizio all’opera sono quelli che aleggiano nei pomposi e altisonanti scritti tipici del tempo.

Tra gli apologeti della “colonizzazione voluta ed ideata dal Duce” c’è anche un insospettabile Carlo Emilio Gadda(19-20) in “camicia nera”, poi fatta sparire nel dopoguerra come in altri casi da una pietosa e pelosa “critica”. L’ingegnere Gadda si sofferma sui primi 8 borghi costruiti in un anno e afferma con piglio mussoliniano che “la plebe sana è nei campi di lavoro. Ecco una idea chiara, delle più positiva­mente innovatrici”.

Borgo Bonsignore (foto di E. Bronzetti) Borgo Lupo (foto di E. Bronzetti)

Fig. 5, 6 e 7 - Alcuni borghi costruiti dall'Ente di Coloniz­zazione del Latifondo Siciliano (ECLS) nelle foto del fotografo ufficiale dell'Ente, Eugenio Bronzetti: Borgo Bonsignore, Borgo Lupo e Borgo Giuliano (19).

Borgo Giuliano (foto di E. Bronzetti)


 

Fig. 8 (in alto a sinistra)-Una copia del Lunario del Contadino Siciliano conservata nell'Ar­chi­vio Nelson e (fig. 9a, 9b, 9c) alcuni disegni a china di Renato Gut­tuso tratti dallo stesso Lunario (26).

 I suoi articoli sono arricchiti da bellissime foto di Eugenio Bronzetti(19), il fotografo ufficiale dell’ECLS, l'Ente di Colonizzazione (figure 5, 6, 7).
E giacché ci siamo come non ricordare Renato Guttuso per le chine realizzate per il Lunario del Contadino Siciliano?(23-24). I dise­gni per lo più rappresentano l’avvicendarsi delle stagioni, animali da cortile, oggetti di uso quotidiano, segni zodiacali, scene di vita dei campi e dei lavori domestici. Il Lunario era un almanacco trimestrale, pubblicato dall’aprile 1941 sino al marzo 1943, il cui fondatore e editore era Nallo Mazzocchi Alemanni, il Direttore Generale dell’ECLS, che lo dedica al colono del latifondo dicendogli: “Fanne il compagno utile e fedele della tua fatica, nella nuova vita che oggi ti è possibile vivere, con tutta la tua famiglia accanto, sul podere che stai fecondando col tuo lavoro e la tua capacità(25). Nell’Archivio Privato Nelson esiste una preziosa e oramai introvabile copia del Lunario(26) (figure 8, 9a, 9b, 9c).

Ed è proprio il potente, esperto, determinato e intraprendente Direttore Generale dell’Ente, Dott. Nallo Mazzocchi Alemanni, che parlando in generale ai gabelloti siciliani chiede(8) se può mai loro apparire “… possibile, in un piano di rinnovazione sociale quale il Regime sta attuando per la redenzione di questa terra benedetta da Dio, la coesistenza di un sistema di conduzione – per citare tra i tanti esempi, quello che l’Ente sta oggi vivendo nell’ex ducea di Bronte espropriata ai Nelson – che si manifesta con rapporti di lavoro tali che mentre la proprietà riceve 1 di gabella, il contadino lavoratore deve pagare 16 volte tanto? Sicuro: quattro intermediazioni, tra il lavoro e la proprietà. E’ la rovina di questa, la disperata miseria di quello. Caso limite? Eh, no: che la semplificazione potrebbe moltiplicarsi”.
 

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