La ducea inglese ai piedi dell'Etna (1799 - 1981)

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Chi era Graefer?

di Mario Carastro

Chi era A. Graefer, Il giardino inglese di Caserta, La vita a Caserta, Al seguito di Nelson, Amministratore del duca, La morte, La moglie Elisa, Morte di Nelson, Conclusioni

La Ducea inglese ai piedi dell'Etna

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I miei primi legami con il Castello

I miei primi legami con il Castello di Maniace o con Maniace, come in fami­glia eravamo abituati a chiamare la Ducea ed il suo castello, risalgono ad un pomeriggio di 58 anni fa, quando, bambino di tre mesi di età, ho dormito durante la mia prima visita al castello in un cassetto totalmente aperto della scrivania del mio papà.

Seguirono, poi, l’ufficialità del benvenuto alla Duchessa Sheila con l’offerta di un mazzo di fiori alla presenza di tutti gli impiegati della Ducea in occa­sione del suo primo sog­giorno a Maniace, come ricordato da una foto del 2 dicembre 1948 e quanto altro mi può essere derivato dai rapporti, che la mia famiglia ha avuto con la Ducea per tre generazioni, sino al 1981 in generale ma più intensamente sino al 1975.

I periodi della vendemmia degli anni ’50 al Boschetto Vigne mi hanno visto felice ed intrepido predatore di nidi d’uccellini nella chioma del grande  eucalipto dietro il pal­mento.

Anni dopo, poi, collegiale a Catania, imma­ginavo di vedere quell’eucali­pto in un altro albero ed in silenzio piangevo per la nostalgia, ricordando quello lasciato nella salita di accesso alla grande casa del Boschetto.

Sino agli inizi degli anni ’60, durante le vacanze nel mese di luglio, ho giocato sulle varie aie dove si faceva la trebbiatura, aspettando l’arrivo con il calesse di Nicola Leanza “‘u sbrandu”. Portava il pranzo, preparato dal monsù Salvatore Portaro, sistemato in conte­nitori di acciaio inox avvolti in candide tovaglie bianche, e soprattutto la limonata ghiacciata (al castello, dove ancora non c’era l’energia elettrica, il frigorifero americano funzionava a petrolio) e la mai eguagliata bavarese, la cui ricetta è rimasta un segreto.

Non mi perdeva mai di vista Vincenzo Germanà, uomo dolce e paziente con i bambini, ma burbero e severo nelle sue funzioni di campiere, oltre che corag­gioso antagonista di “briganti”.

Ho assistito, bambino inconsapevole del suo particolare interesse sociale e pastorale per la gente di Maniace, alle numerose visite dell’Arcivescovo Luigi Bentivoglio, che peraltro in occasione d’altre sue visite nel mio colle­gio di Catania mi riconosceva e si ricordava di me che, nel palmento del Boschetto, mi ero letteralmente appeso, per recuperare equilibrio dopo uno scivolone sul pavimento sporco di mosto e di residui di pigiatura, alla sua veste bianca da cistercense, sporcandola irrimediabilmente.

Da giovane universitario spesso ero incaricato da Mr. King (l’ammini­stratore) e da mio padre di particolari missioni che portavo a termine scru­polosamente con quel rispetto severo e maniacale, tipicamente inglese, delle procedure, che regnava a Maniace influenzando tutti, come quando nel luglio del 1969 andai ad accogliere, in rappresen­tanza della Ducea, all’aeroporto di Catania il nuovo Duca Alessandro e la Duchessa sua madre, che arrivavano a Maniace per la morte del 6° Duca Rowland.

Nell’occasione mi fu detto, per stare loro più vicino nella triste occasione, di fare viaggiare sulla mia autovettura il Duca e la Duchessa e di riservare agli altri accompa­gnatori della famiglia ducale il taxi di fiducia del sig. Coco, che avrei trovato a mia disposizione all’aeroporto.

La Duchessa, con mio grande sconforto, preferì sedersi nel taxi, auto­mobile più moderna e comoda della mia, e fece il viaggio da Catania su tale mezzo.

Poi, però, prima di percorrere il viale d’ingresso al castello, fu in pratica da me costretta a salire sulla mia autovettura. E così riuscii ad attenermi perfettamente alle istruzioni ricevute.

Negli anni settanta, che videro la giunta del Sindaco gentiluomo Nino Venia (PSI-DC, sez. L. Sturzo-Lista Civica Maniace), da consigliere comunale del MSI al Comune di Bronte, ho introdotto, faticando non poco per la sua gentile ritrosia e composta riserva­tezza, un sindaco di sinistra nei saloni del castello.

L’occasione fu un ricevimento organizzato dal nuovo Duca Ales­sandro e dalla madre in onore di autorità, giornalisti, banchieri ed imprenditori per aprire la Ducea al nuovo mondo degli anni settanta, dopo un lungo periodo di nobile e scontroso isolamento in nome della difesa della privacy.

Ricordi, questi, che insieme con molti altri fanno parte del mio patrimonio affettivo e che, via via che la mia età aumenta, diventano per nostalgia di un’epoca irripetibile, come è naturale, sempre più struggenti.

 
 

Mario Carastro

L'Ing. Mario Carastro è nato a Bronte il 21 Luglio 1947. Figlio dello scomparso Giuseppe Carastro, che per tanti anni seguendo l’esem­pio del padre ha lavorato nella Amministrazione della Ducea Nelson, dopo aver conse­guito la maturità classica presso il Liceo Classico Don Bosco di Cata­nia, si è iscritto alla locale Univer­sità per frequentare il Biennio di Ingegneria.

Nel 1968 lo vediamo componente del Consi­glio comunale di Bronte per il MSI, dove è rimasto sino al 1978.

Trasferitosi successivamente a Roma, in questa città ha com­pletato gli studi e si è laureato in Inge­gneria Mi­neraria. Dopo la laurea è stato per molti anni ricercatore presso l’Istituto di Arte Mineraria della Facoltà d’Inge­gneria di Roma specializ­zandosi in tecnica degli scavi e dell’uso degli esplo­sivi, per poi dedicarsi alla libera professione nella realizza­zione di grandi opere in sotterraneo e sulle tecniche di abbattimento e di scavo.

Autore di numerose pubblicazioni su questi argo­menti, è stato chiamato come esperto a fornire con­su­lenza nel corso della costruzione di impor­tanti opere in Italia, in Africa e nei paesi del Golfo Persico. Attualmente ricopre la carica di Direttore Tecnico di una società impegnata nella realizzazione della Metro­politana di Napoli.

Da sempre innamorato del proprio paese e della sua sto­ria man­tiene la propria residenza a Bronte, dove non manca di fare continuamente le sue apparizioni an­che per il piacere di incon­trare ed intrattenersi con gli amici di sempre al Circolo di Cultura “E. Cimbali” per parlare di Bronte, dei suoi personaggi e della sua sto­ria. Soprattutto quella che riguarda i discendenti di Horatio Nelson e l'antica Abazia di Maniace che ogni volta che può corre a rivedere.

Appassionato ed attento collezionista di scritti e libri che ven­go­no pubbli­cati su Maniace e sui Nelson, ha vissuto sempre con la Ducea nel cuore. Fin da piccolo ha respirato l'aria "inglese" del Castello, lì lavorava infatti suo padre, Giuseppe, e prima ancora suo nonno, Mario.

In attesa di potersi dedicare, in "laborioso riposo, a scrivere su ricordi, racconti di famiglia e impressioni che riguardano la Du­cea", ci ha affidato questa sua ricerca sul primo ammini­stratore che ha avuto la Ducea, nominato direttamente da Horatio Nelson nel 1799.

Grazie, Mario

Associazione Bronte Insieme
Giugno 2005

 

DI MARIO CARASTRO LEGGI

 -  Chi era Graefer?”, il primo amministratore di Horatio Nelson, Giugno 2005

 -  E dopo Graefer? Gli altri amministratori dei Nelson, Dicembre 2005

 -  Briganti a Maniace, la Banda Maurina, Settembre 2006

 -  Horatio Nelson, le firme, i titoli nobiliari e gli stemmi, 2007

 -  Alexander Nelson Hood ed il terremoto di Messina, 2008

 -  Il Fantasma della Ducea, una specie di animale selvatico più pauroso che capace di fare paura, Giugno 2009

 -  Bronte ed i brontesi nei ricordi degli ospiti della Ducea, ricordi, impressioni e giudizi sui luoghi e sui brontesi di letterati, poeti, musicisti e grandi viaggiatori (1801 al 1920), Novembre 2010

 -  L’azienda Agricola Maniace (1941/1943), l’ECLS ed il Borgo dedicato a F. Caracciolo, Ottobre 2012

 -  Vini, cognac, marsala ed altro della Ducea dei Nelson, Settembre 2015.

 -  Il Castello Nelson, restauri e trasformazioni dell'antica Abbazia benedettina, Agosto 2017.

 -  La Circumetnea, i Bridport, Bronte e Maletto, Novembre 2020

 -  La Cartiera araba della Ricchisgia, Novembre 2021

 -  Spionaggio e controspionaggio a Bronte e Maniace - 1930/1945 (Anthony Eric Heath (1912-1995), Luglio 2022

 

Così, ogni qualvolta posso, corro a Maniace a rivedere il castello e rivivere le atmosfere del passato, magari accompagnato dall’amico Salvatore Bevacqua, in cui rivedo ogni anno di più quell’attaccamento a Maniace, alla sua memoria ed alla sua conservazione, che ho visto in mio nonno prima ed in mio padre poi.

Ricordo che quest’ultimo, il giorno prima della sua morte, con grande lucidità in una sorta di rivisitazione della sua vita, mi parlò a lungo di Maniace, delle sue vicissitudini e dei suoi uomini.

Conservo tra le cose più care un portasigarette d’oro, regalo del Duca Ales­sandro e della Duchessa Sheila a mio padre in ricordo del 6° Duca, ed un piatto commemorativo d’argento offerto sempre a mio padre, come già prima a mio nonno, al momento del suo pensiona­mento.


Il depliant del Castello

Sono un appassionato ed attento collezionista di scritti e libri, che vengono pubblicati su Maniace e sulla Ducea. E ciò in attesa di potermi dedicare in laborioso riposo, quando sarò meno occupato dalla realizza­zione della Metropolitana di Napoli, a scrivere su ricordi, racconti di famiglia e impressioni che riguardano la Ducea...

Tuttavia, durante la mia ultima visita a Maniace nel mese di maggio del 2004, ho deciso di anticipare queste mie cure senili.

Durante quella visita, infatti, ho avuto occasione di leggere quanto riportato da un depliant, predisposto, credo, a cura del Comune di Bronte e distribuito ai visitatori del castello. La guida sintetica recitava : “Nelson non andò mai nella Ducea di Bronte e soltanto prima di morire aveva inviato come suo procuratore il Visconte Andrea Grafer”.

Fui innanzitutto attirato dalla affermazione della mancata visita alla Ducea da parte del suo posses­sore, perché avendo letto il recente testo di T. Coleman su Horatio Nelson (1) ricordavo che dal 1799 al 1802 l’ammiraglio aveva girovagato per il Mediterraneo soggiornando a lungo a Palermo e la cosa mi sembrava veramente inverosimile.

L’uomo era talmente preso dalla sua attività politico-militare da non avere mai avuto il tempo di visitare il feudo regalatogli malgrado si trovasse spesso a pochi chilometri di distanza, come il 24 aprile 1800 quando era a Siracusa (2, vol. III). Eppure era un dono consistente.

Ma fui soprattutto incuriosito dalla citazione del nome del Visconte Andrea Grafer. Addirittura un Visconte.

Nelson nel 1799 era solo ancora Barone del Nilo, essendo stato creato Visconte il 22 maggio 1801 dopo la battaglia di Copenaghen e per quanto fosse già Rear Admiral of the Red, la quinta più alta carica nella marina inglese, risulta difficile credere che avesse al suo servizio un Visconte.


Ma chi era questo Andrea Grafer?

Mi chiesi subito se il cognome fosse riconducibile a quello di Mrs. Elisa Graffer, che, secondo i racconti confusi di mio nonno, peraltro relata referentis, in quanto citava ricordi appresi forse dal 5° Duca Alexander, era stata una delle donne importanti della storia della Ducea insieme a Lady Emma Hamilton, Lady Maria Carlotta Nelson, Mrs. Martha Barret, Mrs. Rosa Penelope Evans e Mrs. Margaret Hughes.

Ho ritenuto urgente soddisfare curiosità ed eliminare dubbi, e così appena di ritorno a Napoli ho iniziato le mie ricerche.

La fortuna mi ha aiutato proprio perché mi trovavo a Napoli a contatto con un ricco mondo cultu­rale e perchè a Napoli era iniziata tutta la storia della Ducea.

Ricerche, peraltro fortunate e facili, mi hanno subito permesso di accertare (3) che J. Andrew Graefer o Graffer era il marito di Elisa Graefer, suocera di Gioacchino Spedalieri, cioè la Mrs. Graffer dei racconti di mio nonno.

Graefer Andrea (firma, 1800)J. A. Graefer (a destra una sua firma) era stato assunto da H. Nelson come suo amministratore o governatore ed a Bronte era anche morto nel 1802.

Ma non era un Visconte.

Era, invece, un giardiniere, un esperto giardiniere, di origine tedesca, botanico senza laurea, cui si doveva la realizzazione del Giardino Inglese della Reggia di Caserta, che all’epoca era uno dei quattro principali giardini d’Europa e che ancora oggi, a duecento anni di distanza meraviglia per quanto si è conservato.


Il giardino inglese a Caserta

Ma come legò Graefer il suo nome a quello della Ducea? C’entra sempre la famiglia Hamilton (3) (4).

Fra i molteplici e frenetici interessi culturali di Lord William, infatti, c’era anche la passione per il giardino informale, romantico, paesaggistico, di tipo appunto inglese.

Non avendo, però, la possibilità di avere un giardino tutto suo disegnato secondo lo stile di W. Kent, pittore e botanico, riuscì comunque a dare sfogo alla sua passione a Napoli.

Gli fu sufficiente convincere i reali di Napoli ed in particolare la Regina Maria Carolina, che così poteva emulare la sorella Maria Antonietta, regina di Francia, a realizzare un giardino inglese nel parco della reggia di Caserta.

Per avere a sua disposizione nell’impresa un esperto di grande spessore si rivolse per la ricerca a Lord Joseph Banks, presidente della Royal Society cioè dell’accademia scientifica più importante d’Europa, botanico di indiscussa autorità, che aveva partecipato alla spedizione del Cap. Cook dal 1768 al 1771 con la nave Endeavour in Nuova Zelanda, Australia e Tahiti e che aveva inviato poi il Bounty a Tahiti.

Banks suggerì ad Hamilton di fare assumere alle dipendenze dei Reali di Napoli appunto J. Andrew Graefer, che giunge a Napoli il 3 aprile 1786 solo con i suoi tre figli Giovanni, Carlo e Giorgio, essendo rimasto vedovo da poco.

Graefer era all’epoca dipendente dei vivaisti inglesi Thompson e Gordon ed era noto per avere introdotto in Inghilterra alcune piante esotiche provenienti dal Giappone.

La sua frenetica attività e la non comune competenza furono decisive per il giardino inglese alla cui realizzazione partecipò anche il Vanvitelli.

Durante la fase cruciale dei lavori su un’area di circa 50 acri erano alle dipendenza di Graefer 80 uomini mentre altri 500 erano impiegati per la costruzione dei muri di cinta.

I lavori in pratica si protrarranno sino al 1798 e porteranno alla realizzazione di prati, ruscelli, boschetti, alla sistemazione di reperti archeologici in un quadro naturale ed all’impianto di una “aperia” e di un orto botanico, che ancora molti anni dopo la fine della monarchia borbonica vendeva piante e sementi.

Particolare successo fu ritenuto l’attecchimento e la rapida crescita di un albero di Canfora.

Furono messe a dimora piante autoctone prelevate da Graefer a Capri, Ischia e nei dintorni di Napoli fino a Salerno e Vietri e piante esotiche come camelie e gardenie provenienti da Cina e Giappone nonché essenze introdotte in Europa da Banks direttamente da Australia e Nuova Zelanda.

I costi furono enormi. Basti pensare che per l’acquisizione dei terreni non già pertinenti alla Reggia fu necessario spendere circa 27.000 ducati.

I risultati malgrado l’ondeggiante interesse dei reali, che quasi si alternavano nell’innamorarsi e disinteressarsi del giardino, la penuria di fondi, le gelosie dei giardinieri locali e le vicissitudini storiche furono un’aureola per le capacità e la volontà di Graefer, doti di cui si rese conto anche Goethe, e per l’attivismo di Hamilton.


La vita a Caserta

La vita di Graefer a Caserta non fu tuttavia sempre tranquilla, turbata soprattutto da difficoltà economiche a seguito di truffe subite.

E’ vero, peraltro, che coronò il suo sogno d’amore sposando il 19 dicembre 1791 Elizabeth Dodsworth, inglese di Chester, conosciuta a casa degli Hamilton, dove era ospite in quanto amica della madre di Lady Emma.

Al suo matrimonio seguì la nascita di due bambini. Il primo, chiamato Ferdinando in onore del Re che gli fu padrino, morì giorni dopo la nascita.

Flora Fraser (5) ci ricorda che per la nascita del bambino Elisa ricevette dal re in dono un orologio d’oro con perle, dodici candelieri d’argento ed un servizio da tè pure di argento.

La coppia fu poi rallegrata dalla nascita, il 15 ottobre 1794, di una bambina, alla quale fu dato il nome di Maria Carolina in onore della Regina (4).

Gli avvenimenti politici del regno del 1798 posero fine alla avventura di Graefer nella realizzazione del giardino inglese. Lo ritroviamo, infatti, con la moglie Elisa e la figlia Maria Carolina in fuga in Sicilia, al seguito della famiglia reale e degli Hamilton.

A seguire la vita del giardino rimasero i tre figli maschi, che lasciarono la loro discendenza a Caserta, dove ancora oggi è possibile vedere al cimitero la cappella gentilizia Graefer-Michitto.

A Palermo J. A. Graefer alloggiò con la sua famiglia a palazzo Palagonia insieme agli Hamilton ed allo stesso Horatio Nelson.


Al seguito di Nelson, duca di Bronte

Nell’agosto del 1799 l’Ammiraglio, “salvatore del Regno”, fu creato da Ferdinando IV a Palermo Duca di Bronte. Graefer era disoccupato e praticamente impossibilitato a garantire il mantenimento della propria famiglia.

Come dice Carlo Knight (4) “qualche goccia d’oro era caduta anche sul povero Graefer”, quando fu assunto da Nelson come proprio procuratore per il Ducato e spedito a Bronte con uno stipendio annuo di 200 sterline per lui e di 50 sterline per la moglie.

Graefer si trasferì a Bronte con la famiglia per prendere possesso del ducato e cominciare a tentare di garantire al nuovo padrone la rendita di diciottomila ducati annui.

Benedetto Radice (6) ci ricorda che a Bronte fu subito capace di fare capire ai brontesi con le sue iniziative che il nuovo padrone dello Stato, a differenza dell’Ospedale Grande e Nuovo di Palermo, era deciso a difendere e fare valere i propri interessi.

E deve avere avuto una tale determinazione da costringere Horatio Nelson a scrivere il 2 giugno 1800 al primo ministro del Re delle Due Sicilie, J. Acton, in risposta alle lamentele e resistenze dei brontesi (2, vol. IV).

Scrive l’Ammiraglio: “Signore, il mio intendimento a Bronte è di fare felice la gente senza oppri­merla ed arricchendo il paese per mezzo del miglioramento dell’agricoltura. Per questo motivo ho scel­to Mr. Graefer come la persona più opportuna per fare da amministratore in quanto la sua onestà è impecca­bile e la sua abilità come esperto di agricoltura indiscutibile; malgrado ciò è evidente che ci sono delle persone che desiderano per qualche ragione sminuire il magnifico dono fattomi dal re e anche rendere gli abitanti del paese più poveri di quello che erano prima che la proprietà venisse in mio possesso….(omissis).

E’ possibile che io possa firmare impropriamente dei documenti, data la mia scarsa conoscenza della lingua italiana, (Dio non lo voglia!), se la persona in cui ho riposto la mia totale fiducia me li sottopo­nesse….(omissis).

Queste sono in breve le lettere di Mr. Graefer. Pertanto richiedo a Sua Maestà, come suggeritomi, di: - Primo, che la fattoria ‘Fragila’ deve essere inclusa nel Diploma;
- Secondo, un Biglietto Reale deve essere emesso per annullare i contratti dei feudi di S. Andrea e Porticello.

Vi spedisco, Ec­cellenza, copie ed estratti delle lettere di Mr. Graefer, che provano la sua onestà ed integrità.

Nell’aiutarmi ad aggiustare queste situazioni, si aggiungerà una ulteriore obbligazione nei riguardi di vostra Eccellenza del vostro obbediente ed obbligato, Bronte Nelson of the Nile.”



Bibliografia

[1] T. Coleman, “Nelson”. Mondadori 2003.
[2] H. N. Nicholas, “The dispatches and letters of Vice Admiral Lord Viscount Nelson”. Vol. III e IV. Henry Colburn Publisher, London 1845.
[3] C. Knight, “Hamilton a Napoli”. Electa, Napoli, 2003.
[4] C. Knight ,“Il Giardino Inglese di Caserta. Un’avventura settecentesca”, Napoli, 1986.
[5] F. Fraser, “Lady Emma”, Mondadori, 2001.
[6] B. Radice, “Memorie Storiche di Bronte” Ed. Banca Mutua Popolare di Bronte, 1984.
 

 

Immagini dalla Ducea Nelson

Marzo 1969: L'ultimo amministratore della Ducea, mister Frank Edward King, attorniato dai suoi collaboratori. Mister King, che, sbarcato a Siracusa nel 1943 al seguito delle truppe dell'VIII Armata inglese, scelse di vivere in Sicilia, è morto nel Settembre del 2003

2 dicembre 1948: Festa di benvenuto alla duchessa Sheila Jeanne Agata van Meurs al suo primo ingresso a Maniace. Il bam­bino che ha appena offerto un maz­zo di fiori alla duchessa è l’ing. Cara­stro. Accanto il Duca Rowland Arthur Herbert Nelson-Hood. Il Duca Rowland, morto nel 1969, è sepolto nel piccolo cimitero inglese della Ducea.

Autorità civili e militari brontesi in visita al Castello. Siamo nel 1959: si rico­nosco­no da sinistra Giuseppe Longhitano ("Chec­co"), il sindaco dell'epoca, avv. V. Casti­glione, il sac. Currenti, il mare­sciallo Car­bone, l'arciprete Antonino Mar­can­tonio, il pretore di Bronte Seba­stiano Virzì, Giu­sep­pe Franchina, il coman­dante dei vigili urbani Faia, e, in basso da sinistra, Zino Azzia, don Pep­pino Cara­stro, il figlio Mario, l'avv. Rena­to Radice, il cancelliere Saitta e padre Camuto.

Uno scorcio degli appartamenti ducali (oggi Museo Nelson) visti dal giardino interno.

 

Giugno 1959: Mons. Benti­vo­glio, larci­vescovo di Cata­nia, pre­mia con una medaglia Ma­rio Carastro, studente al­l'Istituto Sale­siano S. Fran­cesco di Sales a Catania.

Agosto 1971:  L'ultimo ammi­nistratore della Ducea, mister Frank E. King in posa balneare sul bordo della piscina del Ca­stel­lo accanto al no­stro Mario Carastro. A sinistra la madre di Mario

Mario e Peppino Carastro, nonno e padre dell'ing. Mario, davanti all'ingresso del Castello
(estate del 1966)

Secolari alberi di Eucaliptus nel giardino esterno della Ducea. Fra gli alberi sono espo­ste scul­tu­re in pietra lavica di artisti internazionali.

 

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