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Giuseppe Prestianni, umile e instancabile benefattore

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Umile e riservato fu lavoratore instancabile, benefattore del suo paese

Giuseppe Prestianni

Giuseppe PrestianniIl nostro Ospedale porta il suo nome

Giuseppe Prestianni è nato a Bronte il 30 Novembre 1849 da Nunzio e Cipolla Caterina. Ancora giovanetto, iniziò a frequentare le scuole del Collegio Capizzi (di cui sarebbe poi diventato il Rettore) dove compì quasi tutti i suoi studi sotto la guida di due illustri professori, don Vincenzo Leanza e don Domenico Artale.

Continuò gli studi (l’ultimo anno di Teologia) nel seminario di Catania e qui venne ordinato sacerdote il 21 dicembre 1873. Qualche anno dopo l’ordinazione sacerdotale, ancora giovanissimo, tornò a Bronte dove gli venne affidata la Chiesa del Rosario, che tenne in qualità di procuratore fino al 1892.


La chiesa del Rosario

Qui Padre Giuseppe Prestianni aveva cura delle anime (sopratutto in tempo di epidemie, come durante il colera del 1887) ma, uomo del fare come si dimostrò anche in seguito, ristrutturò totalmente anche la chiesa: negli anni in cui la diresse ne curò il prospetto che fece ricostruire in pietra calcarea, rifece il pavimento in marmo, fece decorare in oro la volta ed in marmo e ricostruire gli altari di S. Casimiro, S. Onofrio e S. Vincenzo.


Il Collegio Maria

Il Collegio Maria a fine 1800Attiguo alla Chiesa del Rosario restava ancora inerte un edificio, che la munificenza di Donna Maria Scafiti, sull'esempio di Ignazio Capizzi, aveva fondato fin dal 1780, dal titolo «Collegio di Maria» per l'educazione delle ragazze povere ed orfane.

La benefica impresa era stata continuata dai suoi fratelli, i sacerdoti Vincenzo, Mariano e Raffaele, dall’arciprete Vincenzo Uccellatore e, nel 1794, dall'abate don Giovanni Piccino; la costruzione era stata ultimata dall'avv. don Niccolò Leanza, presidente della Congregazione di Carità, ma quasi cent’anni dopo, nel 1878, attendeva ancora di essere adeguatamente utilizzata.

Fu proprio l'iniziativa del Prestianni che rese finalmente possibile la realizzazione dell’idea dei benemeriti fondatori: fece di tutto, infatti, perchè l'importante istituzione non fosse destinata ad altri usi ma fosse affidata alle suore salesiane di don Bosco ed il Collegio Maria fu la prima “Casa” che dette suore aprirono in Sicilia (ed ancora oggi sono operative nell'educazione e formazione delle giovani).


Il Collegio Capizzi

L'ala nuova del Collegio e la Chiesa del Sacro CuoreNel 1892 Giuseppe Prestianni fu eletto Rettore del Real Collegio Capizzi che diresse per 24 anni con saggezza pratica, accortezza e tatto, qualità che più spiccavano in lui durante il suo rettorato.

Afferma il suo successore, il rettore sac. V. Portaro, che qui, «più che il sacerdote, è il nocchiero al timone della sua nave, che regge da pilota esperto e con vigile occhio; con parola sobria, ma ferma; senza mai atterrirsi dai marosi che talora gli si fanno attorno minac­cianti, nè insuperbire nel vedere quel legno a piene vele seguire la sua rotta, accennando a guadagnare felicemente il porto».

In quegli anni il prestigioso Istituto viveva un periodo di grave crisi: i locali cadevano a pezzi ed i convittori, che nel 1859 avevano rag­giunto il numero di 400, erano scesi nel 1863-64 a 134, e, pochi anni dopo nel 1880, il prestigioso Istituto, in piena crisi con il minimo di 40 collegiali, per far quadrare i bilanci fu costretto ad aumentare la retta annuale a 24 onze.

D’accordo con la Deputazione del Collegio, il nuovo Rettore pensò prima di tutto ad affidare il Collegio per l'insegnamento e per la disciplina ai padri salesiani, in modo da poter concentrare tutta la sua attività nell'amministrazione; e intanto  provvedeva all'opera più urgente: i restauri.

Rinnova con mattonelle di cemento tutta la pavimentazione dell'Istituto, dalla più recondita stanzetta, alla Cappella interna, alle grandi aule scolastiche, ai dormitori; sostituisce scale in marmo alle originarie scale di pietra lavica o di mattoni, già in gran parte logore, e, quando la parte vecchia dell'edificio fu tutta rifatta in modo da corrispondere alle esigenze dell'igiene e della disciplina, si decise anche di completarlo e di condurre a termine il grandioso disegno del ven. Capizzi.

«Ingenti lavori s'impongono - scrive V. Portaro - ed occorrono somme consi­derevoli; egli personalmente sorveglia i primi e abilmente provvede alle secon­de, con i più giusti risparmi, con il più conveniente impiego dei materiali e della mano d'opera, collaborando quasi attivamente cogli operai stessi, meglio che un appaltante di professione per l'interesse proprio.
E quando, affaticato, stanco e indolenzito dal lungo e tedioso aggirarsi tra le fabbriche in costruzione e gli operai, sembrava che riposasse, egli mirava invece con occhio ansioso quanto ancora restava a farsi, e, più che scorag­giamento, sentiva quasi un nuovo ardore e spingeva, impaziente, il suo desi­derio ancora avanti, avanti, fino a che non vide completato, almeno nelle linee esteriori, il secolare e imponente edifizio».

Ricevette anche dure critiche perché - come scrisse anche il Radice – il nuovo edificio “…fu portato a compimento, … non come l’avesse ideato il Capizzi e disegnato il Marvuglia. …Il Prestianni, sottomettendo il bello all’utile, fece costruire parte del novello fabbricato a uso di botteghe e case d’appigionare. La speculazione uccise l’estetica…”.

Mancava ancora la Chiesa: «…fra la parte antica artistica del collegio e la nuova – continua il Radice - fu cominciata a fabbricare nel 1907, merce l’indefessa operosità del rettore …».

Il 15 novembre del 1914, due anni prima che Giuseppe Prestianni lasciasse il Collegio, anche il “Sacro Cuore”, bella nella sua architettura e decora­zione eminentemente classica, ricca nei suoi tesori di arte e di scienza, era solen­nemente inaugurata ed aperta al culto.

A un secolo e mezzo di distanza dall’inizio della costruzione del Collegio (1° mag­gio 1974), raccogliendo il voto di Ignazio Capizzi, Giuseppe Prestianni lo aveva completato per assicurarne la continuità e per continuare a dare al suo paese la formazione intellettuale che a quei tempi mancava perfino alle grandi città.

Tutti e due guardavano lontano, ebbero fede nel futuro, compresero che l'edu­cazione della gioventù è il maggior volano nella formazione degli uomini e delle nazioni; è quella che crea le coscienze, suscita gli ideali, alimenta la civiltà.

Era instancabile: accudiva infatti alle fabbriche della Chiesa e del Collegio e pensava già all'Ospedale.

 

Convittori del R.Collegio Capizzi con il rettore Giuseppe Prestianni (primo anni del 1900)
Il Rettore del R. Collegio Capizzi, Giuseppe Prestianni (al centro) posa in un cortile del Collegio con i suoi convittori (un centinaio circa). Siamo nei primi anni del 1900 ed il Collegio, che era stato affidato, per la disciplina e l'insegnamento, ai padri salesiani, cominciava a risorgere dopo la forte crisi di fine 1800 quando gli alunni raggiunsero il numero di appena 40.

 


L’Ospedale

L'ospedale: uno dei primi padiglioni inauguratiAnche l'Ospedale fu concepito dal Sac. Prestianni come un'opera di apostolato cri­stiano e ad esso dedicò tutta la sua attività, da quando lasciò il Rettorato, nel 1916, fino alla morte.

Dai modi riservati, umili e modesti ma tenace e di larghe vedute, pari alla gene­rosità del suo cuore, Giuseppe Prestianni amava molto il suo paese e ne com­prendeva i bisogni anche futuri. Non aveva paura delle imprese “impossibili”; aveva come modello un illustre predecessore: Ignazio Capizzi. Lanciò dapprima l’idea di un Ospedale per i poveri; acquistò il terreno ove doveva sorgere, «…in luogo solatio e fuori della cinta del paese».

Purtroppo - scrive il Radice - «sorse sotto la stazione ferroviaria, sulla via provinciale, addossato a un gran muro di lava e circondato da case, donde l’occhio dei poveri infermi invano cercherà un fil di verde che loro accresca e rallegri in cuore la speranza della guarigione.»

”Uomo d’affari e cocciuto” (la definizione è sempre del Radice), Prestianni si lanciò nell’impossibile impresa. Cercò in tutti i modi i soldi per la costruzione e, del suo, vi spese oltre cinquan­tamila lire. Riuscì a coinvolgere nel progetto tutto il paese ed anche i brontesi sparsi nel mondo. Molte offerte arrivarono da oltre oceano e cospicue e generose oblazioni furono quelle di Filippo Isola, di Nunzio Aidala (che, prima di partire per la guerra dove perse la vita, donò tutti i suoi beni all'Ospedale), e della benemerita Cassa Agraria di Mutuo che deliberava di devolvere annualmente a favore dell'ospedale una buona parte degli utili netti.

Così riuscì ad inaugurare, il 3 Febbraio del 1923, il primo padiglione dell’Ospedale.

«Non l’avreste detto, voi, un vano sogno?  - scriveva nel 1924 il rettore Vincenzo Portaro - O non si sente forse ripeterlo ancora, da qualche critico impenitente, sol perchè non è espletato? Confesso, che, anche io una volta, quando si discuteva ancora sulle proporzioni del disegno, mi permisi di sottomettere al Sac. Prestianni l'idea dì una riduzione a linee più modeste; mi rispose, senz'altro, che già erano modestissime e appena sufficienti per i bisogni del paese e le esigenze di un ospedale moderno. Dolevasi però di avervi dato inizio un po' tardi, per la sua età; ma confidava che i posteri avrebbero compiuto il loro dovere dando a Bronte, per forza, si, per forza, amava di ripeterlo, quell'ospedale che Bronte richiede.»

Non potè, purtroppo, completare l’opera perchè la vita gli venne meno, «…non perchè si fosse esaurito il suo pensiero, o il suo affetto, che rimase sempre fisso nel grande disegno. Egli aveva maggiormente intensificata l'opera sua; pareva che non sentisse ancora la fine che si avvicinava a gran passi, o che, sentendola avvicinare anche troppo, si affrettasse a spendere, senza risparmio, per il suo ideale gli ultimi avanzi delle sue forze.» «Ma, l'ora sua era suonata! – continua V. Portaro - Al sacerdote pio, laborioso, caritatevole, il Buon Dio concedeva l'ultima grazia: una santa morte!»

Celebrò l'ultima volta la Messa il 19 agosto 1924; tornato a casa si pose a letto, sorpreso da grande spossamento di forze. Un im­provviso male, di cui i medici constatarono subito la gravità, veniva a troncare la sua esistenza dopo una brevissima malattia. Giuseppe Prestianni morì la mattina del 20 luglio 1924, più che dagli anni, logoro dalle fatiche, ma sereno e cosciente d’aver realizzato per il suo paese opere significative ed importanti.

«Gli esempi della sua vita, le istituzioni a cui egli provvide e che da Lui ebbero o vita o incremento, sono tali da convincerci, senz'altro, che di uomini simili ogni città si onorerebbe, come di una gloria grande e si allieterebbe, come di una ancora più grande benedizione».

Un giusto sentimento di riconoscenza e di ammirazione verso l’umile, riservato, Sac. Prestianni fece dare all’ultima sua opera il suo nome accanto a quello di un altro lungimirante benefattore, il barone di Pietrabianca don Lorenzo Castiglione Pace (Ospedale “Castiglione-Prestianni”).

 

Giuseppe Prestianni

« …C’era in fondo alla sua anima, an­che quando non emergeva alla super­fi­cie, rettitudine, delicatezza di co­scien­za, il timore santo di Dio, frut­to della sua pietà giammai smen­tita. E fu l'aureola del suo buon nome.
Nell'urto delle opinioni, nell'in­crocio del­le impressioni più o meno sim­pa­tiche, nelle mille sfumature degli ap­prez­za­menti, come sem­pre av­vie­ne per ogni individuo che emerge, si sa­rà potuta discu­tere questa o quella azio­ne, ridire su questo o quell'epi­sodio in parti­cola­re; ma dinanzi alla sua probi­tà sacer­do­tale, ogni critica tace, ogni lancia si spezza, tutti c'in­chinia­mo dinanzi alla sua memoria intemerata».

[Vincenzo Portaro, rettore del Real Col­le­gio Capizzi, succeduto al Pre­stianni in: “In memoria del Rev. D. Giu­seppe Pre­stianni, ex rettore del R. C. C.”, Bron­te, Stab. Tip. Sociale, 1924]

Una lettera di Giuseppe Prestianni all'architetto Leandro Caselli che in quegli anni progettava e seguiva i lavori di costruzione dell'Ospedale e dell'ala nuova del Real Collegio Capizzi.
La data è 27 Febbraio 1909 e il Rettore, dopo aver lamentato la len­tezza dei lavori ed invitato l'archi­tetto ad intervenire con l'appal­tatore, disegna anche uno schizzo della nuova chiesa e del nuovo fabbricato e scrive:

«27.2.09
Ill.mo signore
Nel presente foglio Le de­lineo le misure dell’area del fabbricato da costruirsi. Per questo lavo­ro occorre un progetto completo e legale, poi­ché è mia inten­zione di darlo in appalto – a cottimo – sommini­strando sabbia, calce e pietra e nient’altro.
E’ pure mia intenzione di dare ad appalto i lavori di stucco e figure appre­stando i la sola calce, la sabbia ed il gesso per la Chiesa del Sacro Cuore. Attendo pure con qualche premura la figura delle teste dei cherubini, poiché mi piacerebbe che presto sia finito il lavoro della facciata. (…)
I lavori dello Spedale per ora sono sospesi e saranno ripresi in prin­cipio di quaresima. Si riceva da parte mia e da parte del Signor Direttore e compagni i più rispettosi ossequi e mi creda
Suo dev.mo
Sac. G. Prestianni»


Uomini illustri di Bronte

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