L’interno
ha una configurazione volumetrica semplice ed unitaria anche se è certo che è
risultato di interventi succedutesi in epoche diverse.
E' ad unica navata, con abside e cantoria.
Le ricche dorature ed i fregi raggiungono il massimo della decorazione nella parte emisferica dell’abside.
La chiesa ha sette altari.
A destra entrando, Sant’Antonino, San Vito e San Pasquale;
a sinistra San Giuseppe (l'altare prima era dedicato alla Beata Vergine degli
Angeli), San Francesco ed il Crocifisso, un tempo altare di
Maria SS. della Purità.
L’altare maggiore, adorno di marmi policromi, è consacrato alla Vergine
Immacolata (preziosa
la statua in legno).
Su di esso sono impostate quattro colonne con
capitello corinzio che sorreggono l’aggetto della cornice su cui è
impostata la volta della cupola. |
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Nella cantoria (accessibile solo dall'interno del convento) si
notano un coro
ligneo con sedili e schienali raccordati in alto da una cornice
intarsiata su colonnine e capitelli scolpiti, un legio girevole su
basamento esagonale ed un dipinto su tela raffigurante un monaco
francescano seduto.
Accanto al convento, un tempo, esisteva un piccolo camposanto dove
erano seppelliti i poveri (l'attuale via Campo dei Fiori, vedi mappa
del 1850 riportata sotto), diritto che
si era riservato la Universitas di Bronte nel cedere la chiesa
ai frati Minori.
Scrive ancora il Radice che «Nel 1903, in maggio, gli amministratori
del Comune cedettero in enfiteusi a quattro frati il convento, di
cui per la legge di soppressione era divenuto proprietario il
Comune.
Quando per l’amenità del sito, la salubrità dell’aria avrebbe potuto
essere adibito a scopo di pubblica beneficenza, costruendo una via
di circonvallazione, che dall’orto degli
Artale, che è al principio della strada principale, a mezzogiorno,
conducesse a S. Vito, e di là alla stazione.
Una via larga avrebbe abbellito il paese, in verità molto
inestetico; e rese praticabili le sue viuzze sassose, fangose,
tortuose; ma gli interessi di parte sono prevalsi a quelli del
popolo: come sempre!»
San Vito
di
Luigi Margaglio E’ ubicata al vertice, quassù, - trivio e quadrivio insieme - coi
quattro vicoletti che la spiamo, e le tre larghe strade che vi
sboccano: attraversandola, due vi si congiungono, la terza sale a
correre pei campi, e si smarrisce nel deserto lavico.
Piazza San Vito
(se tale può chiamarsi) - dominata ad oriente dal convento, e intorno
da casette che la cingono -di cui sol una mostrasi agghindata tra il
verde ombroso di pampinea vite: l'altre coi muri scuri e sgretolati,
quasi corrosi dalla lebbrosìa. C’era una volta (sono ormai molt'anni) un filo limpidissimo di acqua,
che sembrava sgorgasse dal convento, al pari di una mistica fontana.
Scendeva dalla cànula di pietra, e scivolava tacito sul musco,
lunghesso il muro, nella vasca verde. Donne e bambini andavano ad
attingere; bestie si dissetavano passando; uccelli, all’alba, discendeano a volo, a spruzzarsi di gocciole le piume; ed era, ogni
pozzetta, un beverino. Esigua vena, ma ristoratrice! Poi venne meno,
misteriosamente: e pullulò altrove nell'altura. Adesso c’è qualche altra fontanina, ma scroscia a volte e giovani e
ragazze rissano per colmare le mezzine. L'acqua non ha la forza di salire, giù, dalla valle al vertice del
colle. |