Dipinti e disegni di maestri contemporanei nell'antica cornice
dell'ex Abbazia dei Benedettini, libere espressioni realizzate in
riferimento alla nota novella di Giovanni Verga «Libertà» per sottolineare
il fatto che un grande narratore della statura del Verga ha voluto dedicare
un suo scritto ad una vicenda di sangue occorsa a Bronte nel 1860, paese
dell'Etna, provato da secoli e travagliato dalle ingiuste angherie dovute a
disparità sociali.
Bronte trae origini da un gruppo di casali popolati un tempo di contadini e
pastori sempre in lotta per l'esistenza, che in uno sfortunato giorno
divennero protagonisti di gravi eventi sottolineati da significative date:
1849 e 1860.
E al '60 si riferiscono fatti che vengono «tacciati» di ribellione e
condanne sommarie eseguite da Nino Bixio, responsabile artefice di un
massacro che soffocò nel sangue l'anelito di libertà da secoli sospirata.
Libertà pagata a carissimo prezzo: tragico epilogo del secolare vassallaggio
nutrito e cresciuto all'ombra dei Nelson, nella ricca ducea, dal 1799
allogata nel castello.
Oggi, con soddisfazione unanime rivediamo il castello con l'ex Abbazia,
prima basiliana e dal 1173 benedettina, restituito alla comunità, ed è anche
motivo di plauso per l'amministrazione civica che ne ha operato il riscatto.
La mostra è ordinata negli antichi granai. Accanto alle opere sopra
accennate si raccolgono altri significativi dipinti ispirati all'oppressione
con ampia apertura artistica quale documentazione di quanto oggi avviene nel
mondo dell'arte.
La cornice è stupenda anche perché racchiude la realizzazione di un sogno da
tempo celato nella memoria dei padri. La chiesa di S. Maria di Maniace, con
le sue preziose sculture e dipinti appare più fulgida e più suggestiva.
Nunzio Sciavarrello,
Luglio 1988
L’idea
«L’idea di dedicare una mostra alla libertà o
alla repressione nacque qualche anno addietro forse quando Bronte celebrò, dopo oltre cento
anni, il processo a carico di Nino Bixio, il prode garibaldino responsabile
della cruenta repressione dei contadini in rivolta, avvenuta in Sicilia ai
tempi dell’impresa dei Mille, per la divisione della terra, contro il potere
dei «galantuomini», proprietari terrieri.
In breve tempo il proposito di Nunzio Sciavarrello (di promuovere e
sollecitare gli artisti) trovò sostanza nel rispettivo messaggio e
l’immediata disponibilità dello scrivente.
Presto ci mettemmo all’opera, si
scrissero lettere a noti artisti alcuni dei quali protagonisti della
Resistenza ora con le sole armi della cultura ora con quelle effettive e
reali per difendere i Paesi oppressi della dittature e soprattutto per
conquistare all’uomo lo sua piena dignità e lo sua completa affermazione
nell’ambito del processo storico.
L’invito fu accompagnato da una copia della novella del Verga Libertà
che appunto si riferiva a quel massacro affinché si comprendesse lo spirito
della nostra iniziativa, anche perché le opere dei maestri avrebbero dato
una nuova veste al racconto verghiano che l’Istituto per lo cultura e l’arte
avrebbe, per l’occasione pubblicato.
Fummo lieti di ricevere i primi riscontri che furono parecchi.
Come altre volte notammo lo signorilità e lo
squisita solidarietà umana e artistica di gente sensibile ai problemi
dell’arte; come altre volte sentimmo il calore (non si può non ricordare lo
slancio di Remo Brindisi o lo grande nobilità d’animo di Pietro Annigoni, i
primi a mandare le loro opere) degli uomini di cultura pronti a dare una
mano alla gente della nostra terra cosi lontana dal Nord, dove le cose si
fanno e tutto acquista dimensioni diverse.
Oggi le vecchie mura del
castello, che fu amena dimora dei Nelson, ritornato al demanio di Bronte
dopo secoli di vassallaggio, onorano i maestri della originale rassegna:
Pietro Annigoni, Remo Brindisi, Ennio Calabria, Agenore Fabbri, Pericle
Fazzini, Quinto Ghermandi, Alberto Gianquinto, Emilio Greco, Piero Guccione,
Sante Monachesi, Domenico Spinosa, Orfeo Tamburi, Ernesto Treccani, e poi
Saro Mirabella, Renato Guttuso. Ci sono anche Nunzio Sciavarrello, D’Inessa,
Michelangelo Spampinato, Nunzio Urzì che fanno gli onori di casa.
Questo particolare incontro con l’arte, di lontani e cari ricordi spesso assai
dolorosi ai figli di Bronte, sarà certamente di spinta ai giovani cui
additiamo i valori dell’uomo e dell’artista che sono indivisibili, ponendo
in prima l’uomo che ci guida alla ricerca e comprensione del secondo.»
D’Inessa (Giuseppe Finocchiaro)
Luglio 1988 |