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Gli anni del Ciclope

Bronte allo specchio (1946 - 1950)

La Storia di Bronte, insieme a noi

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Spigolando da Il Ciclope, 60 anni dopo

Il Comune, la Politica, i fatti ...


1947

Basta con la retorica Presidente Alessi

E' l'ottobre del 1947 e l'on. Giuseppe Alessi, da poco eletto presidente della Regione Sicilia, dovendo recarsi in visita a Randazzo passa velocemente da Bronte. I problemi di Bronte, da ricostruire dopo le pesanti distruzioni della guerra, sono tanti ma le risorse economiche sono poche e non se ne vede mai la soluzione. L'occasione è ghiotta per Il Ciclope (N. 10 di  Domenica 26 Ottobre 1947) che, senza peli sulla lingua ne deferenza alcuna, li elenca a "Sua Eccellenza». L'editoriale non è firmato ma è certamente del direttore Giuseppe Bonina. Nel numero successivo del quindicinale, puntuale arrivava ...la tirata d'orecchie del sindaco Interdonato che accusava Il Ciclope anche di "rancido anticlericalismo"(!?!).

«Venerdì siete passato da Bronte. Il nostro Sindaco da un'ora e più aveva bloccato la via principale del paese ed era inutile sperare che vi lasciasse proseguire. Vostro malgrado, siete stato costretto a fare una piccola sosta. I muri cittadini, per ordine del nostro Sinda­co sono stati tappezzati, inneggianti osanna a « S. E. il Presidente Alessi».

É furbo il nostro Sindaco; sa che da tempo l'Eccellenzato é stato abolito, ma, bontà divina, lui è sempre della teoria, di Vittorio Emanuele II° di trapassata memoria: Un sigaro ed una croce di cavaliere non si rifiutano mai. Figuratevi se si possa rinunciare a quel piccolo velli­ca­mento alla vanità umana, dato dall'Eccellenzato, e che anche Nenni e Togliatti, i sancu­lotti della riforma, siamo certi, si faranno attribuire fra le quattro mura del loro gabinetto.

Passi dunque per l’Eccellenza. Anche noi, Eccellenza, vi salutiamo, ma vi preghiamo di essere più sincero e meno retorico. L'appunto che facciamo a voi è l'appunto che si può fare a tutta la politica italiana, a tutti gli uomini politici di oggi.

Tutti ragionano ed operano, come avete operato voi, Avv. Alessi! Non dite, non dite che Bronte è la zona sismica delle vostre preoccupazioni di governo, perché noi sappiamo che Bronte non era neppure compreso nel vostro programma escursionistico. Se vi siete fermato, la colpa fu del nostro Sindaco che chiese un tangibile pegno alla comunanza della vostra fede di partito e vi fornì l'occasione per regalmente farvi elargire dei sussidi al Collegio Maria ed altri pii istituti.

Ma se voi, avv. Alessi, nostro beneamato Presidente, viaggiate con sì ricco stuolo di mac­chine al seguito, con due autocarri della Celere alle vostre calcagna, per proteggere la vostra presidenziale maestà e tanti carabinieri, scaglionati lungo il percorso, non possiamo fare a meno dal ricordare altri viaggi, altre cerimonie, altre coreografie.

E poichè tutti i salmi finiscono in gloria, ed i vostri salmi non son diversi da quelli che s'usa­vano prima del 1943, la conseguenza è unica del pari, e noi lo sappiamo e tutti lo sanno: mai potremo sperare un bene qualsiasi dai nostri uomini che promettono dalla piazza e non mantengono dalla sede del loro governo, che si dimostrano commossi e fieri del popolo che li acclama, ma si preoccupano di più dei coperti che li attendono alla fine della loro escursione politica.

Avv. Alessi, avreste meglio meritato della fiducia del popolo brontese, se invece di dire delle vane parole per calmare le apprensivo degli acclamanti illusi, aveste detto: So che a voi Brontesi, in estate, anzi in ogni tempo, manca l'acqua potabile. So che fino ad ora uomini politici ed amministratori vi hanno preso in giro. Io invece, compenetrandomi della vostra situazione, sono andato a spulciare gli atti delle più recenti promesse fattevi e ho disposto che le somme da tanto tempo stanziate per l'acquisto dei motori, vi siano subito concesse.

Avv. Alessi, meglio avreste fatto a dire: So che in Bronte si discute di un progetto pazzo, perchè si vuole costruire la casa Comunale sfrattando quaranta famiglie; io dispongo invece che prima siano costruite le nuove case da dare agli sfrattandi e poi la casa Comunale.

Avv. Alessi, meglio avreste fatto a dire: E’ vero che io viaggio in macchina, ma lo sciopero dei ferrovieri della Circum che tanto danno sta apportando alla economia e al commercio, mi ha preoccupato oltre misura e mi sono interessato per far cessare detto sciopero.

Tante e tante altre cose avreste potuto dire, avv. Alessi, cosi alla buona, occhi negli occhi, ma non le avete dette! Ma chi ha il coraggio di far capire tanta elementare verità a S. Ecc.  Alessi?»


E' arrivato Sua Eccellenza

Quando scoppiò il primo mortaretto, la gente pensò che c'era qualche santo in festa e continuò a badare ai fatti suoi. Poi ne scoppiarono altri e cominciarono ad apparire le prime bandiere di carta con i colori a rovescio e una certa aria di festa si diffuse.

Qualcuno domandò: perché? qualche altro rispose: mah! Finalmente i più evoluti spiega­rono che doveva arrivar il Presidente.

I guai cominciarono quando fu ora di far suonare la banda; il trombone aveva fatto sapere che lui i soldi li voleva prima, altrimenti niente trombone; la cosa minacciava di diventare grave, ma la faccenda si accomodò; si misero persone influenti per lo mezzo e la banda fece la sua prima discesa suonando la marcia di S. Biagio.

Intanto l’ora si avanzava: il Presidente doveva essere vicino ed allora cominciarono a radunarsi le prime bandiere e le prime bottiglie per il rinfresco; ad onor del vero si radu­narono prima le bottiglie. Verso le undici erano tutti pronti: le bandiere, una discreta folla, le bottiglie ed i cartelli di protesta. Poiché non mancavano nemmeno i cartelli di protesta che sotto l’abile guida di un regista, dovevano dare il giusto tono. Quando l'attesa comin­ciava a farsi lunga s'alzò una voce: arriva, arriva!

La banda attaccò, le bandiere ondeggiarono, i cartelli si misero a danzare, la folla gridò; era invece il camioncino del pesce, e don Vincenzo «u catanisi» a scanso di equivoci gridò ben forte che il merluzzo era a quattrocento lire. L'entusiasmo si ammosciò ben presto e la gente se la cominciò a squagliare.

Finalmente con staffette, portaordini, seguito e ancora seguito arrivò il Presidente. Aveva una fretta del diavolo e non volle nemmeno sentir parlare di rinfresco; disse due parole così alla buona e se ne partì preceduto da staffette, portaordini, trascinandosi appresso il seguito che frattanto aumentava. Infatti lo seguimmo anche noi alla volta di Randazzo. La mezza era già passata da un pezzo e il Presidente, a giudicare dalla velocità della sua macchina, doveva avere appetito e così in poco più di mezz'ora arrivammo a Randazzo.

Qui v'era meno gente ad aspettarlo, ma in compenso lo trattarono con più familiarità. Anzitutto i manifesti con cui gli si dava il benvenuto lo chiamavano fraternamente Peppino, e poi non c'era la banda, e poi non spararono nemmeno un mortaretto.

Anche il Sindaco doveva star sulle spine perchè aveva fatto preparare il cioccolatto e si era raffreddato.

Nel salone dove il Presidente; teneva il convegno, gran confusione: consiglieri, preti, guar­die municipali, invitati si assiepavano, si davano gomitate, facevano un baccano del diavolo; dall'alto di una poltrona una guardia sì sbracciava a far gesti per sapere se poteva far rimet­tere al caldo il cioccolatto: il sindaco lo frenò con un gesto e con un'occhiataccia.

Frattanto si faceva sempre più tardi e l'appetito e gli sbadigli del Presidente aumentavano e quelli di Randazzo non si mettevano mai d'accordo; quando sembrava che si fosse arrivato alla conclusione sul problema dell'acquedotto saltava fuori un altro con un altra proposta.

Il Presidente guardava l’orologio e cercava di riassumere, ma non c'era niente da fare; alle due e mezza la discussione continuava ancora e il cioccolatto non veniva.
Gli sbadigli erano generali. Passò ancora un'altra mezz'oretta e, come Dio volle, una certa intesa si raggiunse e il cioccolatto arrivò. In due minuti le tazze furono vuote e le macchine saettavano verso Acireale... verso il pranzo  Sulla via del ritorno, lo stomaco vuoto, il pensiero alle bottiglie rimaste a Bronte, il dottor Malgioglio era malinconico.

[Il Ciclope, numero 10 (29), Domenica 26 Ottobre 1947, direttore Giuseppe Bonina]



1948

Curiosità elettorali

Erano state le prime elezioni politiche dopo la caduta del Fascismo e la campagna elettorale era stata tutta improntata sul pericolo comunista e sull'obbligo di andare a votare (chi non vota compie peccato mortale, ebbe a dire Pio XII). I candidati brontesi furono l'on. Vincenzo Saitta, il dott. Biagio Pecorino e gli avvocati Luigi Castiglione, Antonino Isola e Giovanni Gorgone e il dott. Longhitano.

Il Dott. Pecorino e il 21 - «Non c’è più onestità»

Via! L'abbiamo passata bella, il 18 e il 19 Aprile, giornate campali e fatidiche, sono passati senza aver provocare quel finimondo che era lecito attendersi, seguendo le parole di certi infuocati oratori, troppo interessati a far spaurire il povero cittadino, e che ciascuno in cuor suo ardentemente scongiurava.

Noi Brontesi poi non solo l'abbiamo scampata bella, ma anche ce la siamo un pò spassata, perchè, in certi momenti le votazioni si trasformarono in un vero e proprio spettacolo di varietà, in cui l'ignoranza, troppo diffusa, e il sentimento religioso, troppo sentito, (di questo assai contenti, di quella assai dolenti) giocarono il ruolo di assoluti protagonisti, a tutto vantaggio della Democrazia Cristiana, con la conseguente quasi polverizzazione degli altri partiti in lizza.

Non ne sa qualche cosa lei, egregio Dott. Pecorino? Il suo partito, il M.S.I., caro dottore, è cattolico, è dell'ordine, di tutto quel che si vuole, ma non è democratico cristiano.

E allora Lei si è preoccupato di trasportare gente malata, impossibilitata a muoversi, con la sua bella automobile, per farsi dare un voto di lista ed uno di preferenza, e invece a chi ha dato la sua fiducia quella gente? Alla Democrazia Cristiana e a Scelba e alla Nicotra Fiorini, o almeno, conciliando l'inconciliabile, il voto di lista allo scudo crociato e quello di preferenza «o ditturi Picurinu», scrivendo il fatidico 21 e giovando così al Sig. Santangelo di Adrano che essendo costui il N. 21 della lista del Bianco Fiore, ha preso tanti voti senza aspettarseli.

A sentirla parlare questa gente, malata e no, che così aveva votato, facendo un favore alla Religione e a Pecorino, c’era da ammattire! Una donna, alle obiezioni mossele, così se ne uscì: E alla fin fine, Don Pippinu 'Nterdonatu e u dutturi Picurinu, non sunu amici e non si ponu mittiri r'accordiu? Su spartunu commu du frati, basta chi non venunu i comonisti.

Questi benedetti comunisti!

Era tanta la paura di essi che tanti e tanti non si fidarono per l’occasione della loro magni­fica vista (Lince di certo, non ci vedeva quanto loro) e si fecero fare un certificato medico «per catarratta» per farsi accompagnare da qualcuno o qualcuna che sapesse segnare il cerchietto desiderato!
E una donna addirittura divenne, per virtù di certificato medico, paralitica alle mani, ma quando il Presidente del Seggio le chiese allora come e con che cosa mangiasse: «Ma cu chisti» levando le mani verso l'interlocutore) «signù»!

Ma a dare un'idea precisa di quali sentimenti fossero piene le menti delle nostre donne e dei nostri contadini, basti citare il caso di una donna che nel mentre che votava, per un caso che riguarda il suo organismo, venne colpita da paralisi in tutto il lato destro compresa naturalmente la mano, e allora tutti o tutte a sussurrare che stava votando per «Garibaldi» e che Gesù Cristo l'aveva per questo punita.

E così Garibaldi portando gramo alla lista recante la sua effige, portò gran fortuna allo scudo perché nessuno (esclusi, logicamente i compagni) si azzardò a guardare la faccia dell'eroe dei due mondi. A guardare la faccia dei compagni, smontati dall’atmosfera bianco-rosea (dov'era andato a finire l'80 per cento dei voti per la faccia di Baffone, poveri seguaci del Prode) c'era far ridere Gennaro Talamo, persino, notoriamente restio al riso, chissà perchè!
Uno gridava continuamente: «Non c'è onestità più così, sono tutti voti incoscienti (diceva proprio così) quelli che vanno alla democrazia una volta facendosi il segno della croce (aveva lasciata la porta della cabina aperta), un'altra per il Papa, un'altra ancora per Padre Longhitano! non c'è più onestità!»
Consolati, compagno, come si consolò quell'altro tuo compagno scrutatore che si vendicava della vittoria della Reazione (in agguato, sempre, vero?) non nominando mai il nome di Scelba e non gridando i suoi voti di preferenza e pensa a sperare sempre, perchè la speranza è l'ultima a morire e se anche non verrà mai il giorno da te sospirato, avrai sempre l’illusione che esso possa prima o dopo arrivare. Che vuoi di più? [emme]

[Il Ciclope, anno III - numero 9, Domenica 2 Maggio 1948, direttore Giuseppe Bonina]



1948: L'asfalto dell'epoca: ghiaia e creta

«Miscellanea

Cose fatte, cose da non farsi, cose da farsi


 

Una caricatura dell'avv. Vincenzo Schilirò, uno dei più quotati fra i democristiani della Pro­vincia di Catania. Alle prime elezioni regio­nali del '48 prese 7.400 voti ma non fu eletto, gli mancarono i voti di Bron­te che "con profonda amarezza" tacciò di ingrati­tu­dine. Nella didascalia che accompagnava l'im­ma­gine c'era tutto il suo profilo:

«Da clero provinciale è venerato
perchè sovente al vescovo s'affianca.
Nel Collegio Capizzi è deputato;
legale del Comune e della Banca.
Ha cariche e incombenze a più non posso
come Briarèo dalle cento braccia.
Per questo lo punzecchia il foglio rosso
e quello Verde la sua fama straccia.»



 

La tirata d’orecchi del sindaco

(…) «Penso che non è serio salire in ar­cio­ne e spif­fe­rare un vero spro­lo­quio in commento della, sia pur rapida visita del Presi­dente Regio­nale.
Non voglio con ciò ergermi a difen­sore dell'attività dell'ami­co avv. Alessi, dinan­zi i cui ormai noti me­riti di inge­gno, di ret­titudine, innata modestia, di dedizione assoluta e com­pleta alla propria terra, di illu­mi­nato at­taccamento alla propria fede religiosa e politica s'inchi­nano uomini e stampa di ogni tendenza e colore politico.
Ma, vivaddio, a meno che non si trat­tas­se di un malcelato rancido anticle­rica­li­smo, non mi pare affatto nè se­rio nè dignitoso, spe­cie per un gior­na­le bron­tese, parlare così come il suo gior­nale ha fatto, specie nell'ora che volge, del Primo Presidente Regio­nale.» (…)
Giuseppe Interdonato

[Il Ciclope, numero 12, Domenica 23 No­vem­bre 1947, direttore Giuseppe Bonina]



 

Galleria dei veterani!?!
Questa volta (nel n. 11 del 1° giugno 1947) è preso di mira un geometra (Di Bella), un bur­lone accanito fuma­tore di pipa. Così il comm­ento poetico di Luigi Margaglio:

«Egli è uno dei classici del riso
di quelli che nel manico vi ciurla,
astuto architettore della burla,
che adesso, alla sua volta, è qui deriso.
Anche la notte fuma, e dorme poco.
E, come i ragni tessono le reti,
nel buio delle craniche pareti
le facezie egli elabora per gioco.
Celebri, fra i caduti del suo laccio:
Battista e il cane, Lupo e la servotta,
Rosario in fuga, giù sino a Marotta,
e gli altri Calandrini del Boccaccio.
Guardatelo: è il geometra Di Bella
sempre disposto a farvi qualche tiro:
che quando è in casa prende pure in giro
la moglie, e i figli, il genero e l'ancella.»



 

Galleria degli uomini illustri!?!

Pillo Liuzzo,
farma­cista del paese ed appas­sionato caccia­tore, ritratto, questa volta, dalla matita di Nunzio Scia­varrello.

La vignetta è accom­pagnata dalla seguente sim­patica didascalia:

«La sua non è soltanto la fucina
dove ricette mediche spedisce
ma con acido prùssico e stricnina,
pozioni di politica ammanisce.
ha donne intorno, mute e impalate;
qualcuna ha fretta, pigia le altre e rissa:
ma se, passando, a caccia lo invitate,
pianta bicchieri e pubblico e s'ecclissa.
Così Pillo Liuzzo ti combina
chimicamente - lepre e vasellina.



 

Galleria degli avvocati!?!
L'avv. Vincenzo Sanfilippo, l'avvocato "anzia­no" ai tempi del can­cel­liere Mazzola che ne fa un ritratto incon­fondibile.
Ecco la didascalia (questa volta in verità poco poe­tica!) che accom­pagnava la carica­tura:

«Chi stenta a raffigurarlo?
Qualcuno? Incredibile!
meglio chi potrebbe farlo?
è inconfondibile!
Come pesce sano, grassottello,
con un naso ben dotato
senza un filo di capello:
Vincenzo Sanfilippo, l'avvocato.
Vista lincea non ha
ma in cambio grande dono:
un cervello che è rarità
nel pescare nei codici il giusto tono.
Della Pretura è il decano
direi quasi un'istituzione
possa arrivare ancor lontano:
questo l'augurio della Redazione.»

Forse per l'avvicinarsi delle elezioni (le elezioni nazionali del 1948 ndr) o forse per motivi di disinteressato amore per la cosa pubblica, abbiamo osservato che l'Amm. Com. in questi ultimi tempi, ascoltando finalmente un nostro reiterato consiglio, si é preoccupata di far riparare, come di dovere, tre delle nostre più frequentate vie e cioè Corso Umberto, nella parte non lastricata, Via Card. De Luca, e Via Zititta, con abbondante getto di breccia e di creta.

In verità la creta è stata troppa, più che in sufficienza, tanto che è impossibile camminare nelle suddette strade, quando cade un pò di pioggia, perchè si scivola maledettamente e ci si inzacchera per tutta la persona. Frequente è stato il caso, giorni addietro, di auto­mo­bili, impossibilitate a proseguire perchè le ruote slittavano.

Eccesso di amore, beninteso, e per questo desidereremmo ora che si cercasse di ovviare ad un simile inconveniente, gettandovi ancora dell'altra breccia. E poi si che potremo dire col Sig. Mazzaglia, sovraintendente ai lavori: «noi abbiamo strade buone prima per merito di Dio e poi per merito mio» (cioè del Sig. Mazzaglia). [V.]

[Il Ciclope, anno III - numero 9, Domenica 2 Maggio 1948, direttore Giuseppe Bonina]

 
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