Parlamentare Socialista, Avvocato degli Umili e dei
Poverissimi
Vincenzo Saitta
Fece parte della Consulta Regionale Siciliana e
della Consulta
Nazionale
Vincenzo Luigi Saitta, avvocato, è nato a Bronte da
Giuseppe, insegnante elementare, e Luca Nunzia il 10
febbraio 1876, è morto a Catania il 1 novembre 1957.
Il suo nome di battesimo fu Luigi; “con decreto
reale per la Giustizia e gli affari del culto del 15
gennaio 1920 venne ordinato di aggiungere al nome di
Luigi quello di Vincenzo”, nome con il quale è stato
sempre conosciuto.
Fu deputato provinciale (così erano chiamati
all'epoca) e, dal 1921 al 1924 (quando il Parlamento
fu chiuso dopo i fatti dell'Aventino), il terzo
deputato brontese a sedere nel palazzo di
Montecitorio.
Dopo gli studi fatti a Bronte nel Real Collegio
Capizzi, giovanissimo, si
trasferì a Catania per intraprendere gli studi
universitari, partecipando anche alla vita politica
locale.
Ancora studente, il 22 marzo 1898,
rappresentò con un appassionato discorso il “Circolo
Socialista Avanti” nel corso della commemorazione di
Felice Cavallotti da parte di Mario Rapisardi, alla
quale parteciparono, tra gli altri, anche l'avvocato
Luigi Macchi e De Felice.
Conseguita il 25 marzo 1902, a 26 anni, il
diploma di Laurea in Giurisprudenza presso la locale
Regia Università divenne ben presto l'avvocato degli
umili, dei poverissimi lottando contro ogni
ingiustizia.
In politica fin da giovanissimo si schierò al fianco
di Giuseppe De Felice, di Vincenzo Giuffrida, di
Luigi Macchi intraprendendo continuamente battaglie
in difesa dei lavoratori e dei più deboli.
Agli inizi della sua carriera politica, giovanissimo
avvocato, a Bronte è stato in diversi periodi
consigliere comunale del partito socialista (nel
1911, sindaco Pace De Luca Vincenzo,
all'opposizione e
nel 1914 con il sindaco Francesco Cimbali),
distinguendosi fra l'altro come attento e
puntiglioso difensore dei diritti brontesi nei
confronti della Ducea, la “questione brontese”
dell'epoca.
«Che cosa rappresenta essa? - scriveva il
settimanale catanese “Il Fuoco” (anno I, n. 6
del 23.12.1909) - Non altro che il conflitto tra
la forza del feudatario e il diritto del poverello.
Buon per quel paese, che una vigile sentinella, che
un cittadino esemplare, un uomo di cuore, un
carattere adamantino, un grande ingegno, sia rimasto
alla vedetta, abbia costituito l'avanguardia di un
diritto che non può essere calpestato o manomesso.
Intendiamo parlare dell'avvocato Vincenzo Saitta,
altrettanto modesto per quanto valoroso».
Ed il giovane avvocato Saitta, nel luglio del
1902, in un comizio a sostegno della candidatura
a sindaco dell'on. Francesco Cimbali si augurava che
“il popolo brontese potesse dare una solenne
lezione ai padroni del Comune alleati con quel signorotto del Duca
Nelson” (La Gazzetta della Sera, Catania, 17-18-Luglio 1902).
Nell'autunno del 1910 molte province
siciliane furono scosse da numerose dimostrazioni ed agitazioni.
Vincenzo Saitta, col proposito di portare la parola della pace e per
cercare la risoluzione delle controversie, sempre accolto da numeroso
popolo, fu sempre a fianco dei braccianti e dei lavoratori da Catania a
Paternò, da Molo e Malvagna a Calatabiano, da Bronte a Giarre.
Scriveva il Corriere di Sicilia del 23
ottobre 1910 che «alle porte del paese veniva incontrato da una turba
immensa di popolo. Erano vecchi e giovani, uomini e donne, ricchi e
poveri che si recavano all'incontro del nuovo arrivato credendolo il
messia venuto a portar loro il pane ed il lavoro …».
L'avv. Saitta nelle piazze gremite parlava al popolo
«facendolo convinto ch'esso rappresenta quando è
unito una forza irrefrenabile al pari del fiume di lava eruttata
dall'Etna».
L'8 Gennaio 1911 anche
Bronte si sollevò con una tumultuosa manifestazione popolare per protestare contro
l'aumento delle tariffe daziarie che a parere del
sindaco Vincenzo
Pace De Luca
dovevano servire a ripianare il bilancio del Comune.
In alcune ore di completa anarchia furono dati alle fiamme i casotti daziari
posti in tutte le entrate del paese, scoppiarono
violenti tafferugli e questa volta solo per
fortuna non ci scappò il morto. Solo qualche ferito ed un povero disgraziato che ci perse un occhio.
Il sindaco aveva ritenuto cosa più giusta scappare a Catania, gli
altri personaggi influenti della città si barricarono in casa, solamente
- scriveva il
Corriere di Catania, del 11 gennaio 1911 -
“l'avv. Saitta Vincenzo, appena saputo a Catania il
fatto, corse col primo treno utile per portare la sua parola di pace e
la sua autorità di cittadino, di consigliere, di galantuomo”.
Oratore dal fascino potente per la sua eloquenza e
la torrenziale, suggestiva liricità dei suoi alti concetti, interrotto
sempre da applausi scroscianti, alla fine era fatto segno ad affetti
entusiastici di ammirazione e di stima, e la folla plaudente, non gli
risparmiava fiori ed evviva come non gli lesinava il voto in occasione
delle elezioni.
Nel 1912 Saitta fu processato a Milano assieme a
Filippo Corridoni, Paolo Valera e Livio Ciardi per un tumultuoso
comizio contro la guerra che avevano tenuto nella
locale Casa del Popolo; per sfuggire al carcere, fu
costretto a riparare in Svizzera.
Era imputato - scriveva il Corriere della Sera del
11 ottobre 1912 - «insieme ad altri di avere in un
comizio pubblico tenuto alla Casa del Popolo la sera
del 24 settembre 1912 con discorsi ed ordine del
giorno istigati militari richiamati a non
presentarsi in caserma e a disertare per non
prendere parte alla spedizione di Tripoli».
«Il mio pensiero - dichiarò Vincenzo Saitta nel
corso del processo - lo rivelai allora e lo disvelo
anche adesso: mi faceva senso constatare che il capo
del Governo (Giovanni Giolitti, NdR) teneva
chiusi i battenti di Montecitorio, mentre doveva
dare ragione ai cittadini d'Italia e ai loro
rappresentanti politici della spedizione che stavo
organizzando. Ricordo poi di aver detto che se la
guerra era voluta dal Banco di Roma, che è legato al
Vaticano, e desiderata dal Quirinale, sarebbe stato
bene che Sua Santità e il Capo dello Stato fossero
partiti pei primi, ma che in sostanza essa
costituiva pel paese una grave jattura ed il popolo
quindi aveva il diritto d'imporre nei comizi la
riapertura del Parlamento per una libera discussione
sulla gravità del momento.» Scrive
il Corriere che l'on. Filippo Turati, in qualità di
testimone presente al Comizio,
dichiarò che lo scopo era di protestare contro la
guerra pubblicamente e che se fosse stato possibile
impedire la partenza dei soldati si sarebbe unito
anche lui alla protesta ma che riteneva che nessuno
avrebbe preso sul serio una simile proposta.
Successivamente l'avv. Saitta fu assolto e, rientrato a Bronte, fu
eletto Deputato provinciale (così venivano chiamati allora i consiglieri
provinciali) del Mandamento di Bronte.
Era conosciuto ed apprezzato anche
fra i brontesi emigrati. Il 7 febbraio 1919 la
“Società Brontese di Mutuo Soccorso Nicola
Spedalieri” di New York lo nominava socio onorario del Sodalizio e gli
inviava 1.945 lire da distribuire alle vedove ed orfani di guerra.
Dopo il primo conflitto mondiale fu eletto alla
Camera per due legislature consecutive (dal 1921 al 1929) e pronunciò
importanti discorsi sulla questione meridionale.
Alle elezioni politiche del 15 maggio 1921 (XXVI
legislatura del Regno d'Italia, 11.06.1921 - 25.01.1924) Vincenzo Saitta
fu eletto per la prima volta deputato al Parlamento, nella lista
“Stella” (blocco dei partiti democratici), per
la circoscrizione Catania – Messina – Siracusa (nella stessa lista
vennero eletti pure Gabriello Carnazza, Vincenzo Giuffrida, Luigi
Macchi, Galfo Ruta, Paolo Carnazza, Filippo Pennavaria, Emanuele
Finocchiaro Aprile, Giuseppe Paratore, Edoardo Di Giovanni e Luigi
Fulci).
Durante questa legislatura si distinse
soprattutto per il suo impegno in materia di crisi agrumaria e di
attività ispettiva in relazione al dissesto della Banca Italiana di
Sconto.
Fu anche firmatario di una proposta di legge (approvata nella
seduta del 14 giugno 1922) sulla “Costituzione in unico comune autonomo
delle frazioni di Sant'Alfio e Milo”.
Su suo interessamento nel 1922 furono anche
concessi due milioni e 800 mila lire per i lavori di conduttura
dell'acqua dal Biviere di Maniace a Bronte ed un mutuo dalla Cassa Depositi e
Prestiti per la costruzione dell'acquedotto consorziale da Maniace per
Bronte e per altri dieci comuni.
Alle successive elezioni politiche del 6 aprile
1924 (XXVII Legislatura del Regno d'Italia,
24.05.1924 - 21.01.1929), venne rieletto nella lista
“Cavallo” dell'Unione Siciliana (facevano
parte della lista, tra gli altri, Vincenzo Giuffrida, Luigi Macchi,
Andrea Finocchiaro Aprile, Edoardo Di Giovanni, Enrico La Loggia).
Queste ultime elezioni furono una tappa importante
per il consolidamento del potere fascista.
Si svolsero in base alla
legge elettorale, nota come legge Acerbo, che prevedeva che alla lista
che avesse ottenuto la maggioranza relativa dei voti a livello
nazionale, ottenendo almeno una percentuale del 25%, sarebbero stati
assegnati i due terzi dei seggi, mentre l'altro terzo sarebbe stato
assegnato alle altre liste in proporzione ai voti ottenuti.
In un clima di sopraffazioni e violenze la lista
nazionale del Fascio littorio raccolse il 64,9% dei voti e vide eletti
tutti i suoi 356 candidati. All'insieme delle altre liste toccò un terzo
dei seggi (179).
Le elezioni segnarono la definitiva fine della
democrazia e l'avvento della dittatura.
Scrive Giuseppe Di Filippo (Le carte di Vincenzo
Saitta, 1827-1979, Archivio di Stato di Catania, 2004) che Vincenzo
Saitta, «dopo avere sperato invano nella fede sociale di Mussolini, si
oppose decisamente alla dittatura fascista. Durante una tumultuosa
seduta alla Camera ebbe a salvare Alcide De Gasperi dalla violenza
fisica dei deputati fascisti.»
Dopo la fine della guerra e della dittatura fascista, nel luglio
1943, le truppe anglo-americane sbarcarono in
Sicilia. Venne istituita l'«Allied Military Government of Occupied
Territories» (Amgot, l'Amministrazione militare alleata dei
territori occupati) che, rimossi i podestà, nominò i nuovi
amministratori locali, scegliendoli tra le persone avverse al regime
fascista e che godevano di autorità e prestigio; il generale inglese
Alexander da cui dipendeva il potere giuridico-amministrativo nominò
Vincenzo Saitta Commissario del Comune di Bronte.
Un anno dopo, nel 1944, fece parte della
Consulta Regionale Siciliana (1944-1945),
l'organo consultivo che ebbe il compito di redigere lo Statuto regionale
siciliano (fu uno degli otto componenti della Giunta Consultiva).
Un anno dopo, nel 1945, fu uno dei 430 membri della Consulta
nazionale (25 settembre 1945 – 1 Giugno 1946, la prima assemblea
democratica del Paese) nella qualità di “ex deputato della XVII
legislatura, dichiarato decaduto dal fascismo e che esercitò l'opposizione
nell'aula”; fece parte dell'VIII Commissione Industria e Commercio
nominato consultore con D.L. 22 settembre 1945 e dal 29 stesso mese
assegnato alla Commissione dell'Industria e Commercio.
La Consulta sostituì il Parlamento fino alle
elezioni nazionali del 2
giugno 1946, allorché si votò per l'elezione di un'Assemblea
Costituente, cui sarebbe stato affidato il compito
di redigere la nuova carta costituzionale.
L'on. Vincenzo Saitta fu l'unico candidato brontese di quelle elezioni:
si presentò nella lista Unione Democratica Nazionale (Partito
Liberale e Democrazia del Lavoro), ma questa volta non fu eletto.
Anche due anni dopo, il 18 aprile 1948, nelle
prime elezioni
politiche del post fascismo, si presentò nella lista Fronte Popolare
(racchiudeva il Partito
Comunista ed il Partito Socialista nenniano), ma non venne
ugualmente eletto.
Altri brontesi candidati in quelle elezioni furono il dott.
Biagio Pecorino
(Movimento Sociale Italiano), gli avvocati
Luigi Castiglione, Antonino Isola e
Giovanni Gorgone
(Partito socialista dei Lavoratori) e il dott. Longhitano. L'unico eletto fu
Luigi Castiglione, quarto deputato brontese a sedere fra i
banchi di Montecitorio.
Ancora nel 1952 Vincenzo Saitta venne eletto
Consigliere comunale a Catania, quale indipendente, nella lista
“Autonomia e Rinascita”.
Cinque anni dopo, il 1° Novembre
1957, moriva
ad 81 anni nella stessa Città.
Uno dei suoi figli, Ugo (1912-1983), iniziando ad
appena sedici anni ad avvicinarsi alla macchina da
presa, diventerà un famoso documentarista e, così fu
anche definito, un "indomito regista indipendente".
(aL)
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1912 - Il Processo di Milano
Nell'ottobre del 1912, Vincenzo Saitta,
Paolo Valera (giornalista, scrittore
verista), Filippo Corridoni (sindacalista, militare,
politico e giornalista) e Livio Ciardi (direttore della "Tribuna dei
ferrovieri", sindacalista e
senatore) furono processati a Milano
per le frasi dette durante un comizio tenuto nel
settembre dell'anno precedente alla Casa
del Popolo, secondo l'accusa istigando i
soldati alla diserzione ed il popolo a
fare la rivoluzione.
Scrive Giuseppe Di
Filippo (Le carte di Vincenzo Saitta,
1827-1979, Archivio di Stato di
Catania, 2004) che «Vincenzo Saitta si difese sostenendo di
essere contrario alle guerre di
conquista e di ritenere che il popolo
italiano avrebbe dovuto opporsi alla
guerra in Libia.» In particolare affermò di avere sollecitato il popolo a radunarsi sulle piazze per imporre la riapertura immediata del Parlamento; invitando i deputati ad impedire una guerra ingiusta ed inutile che avrebbe potuto portare ad una conflagrazione europea.
Aggiunse che fino a quando non fosse intervenuta una decisione del Parlamento, i soldati non avrebbero dovuto concorrere a consumare un delitto, e se chiamati a fronteggiare le dimostrazioni popolari non avrebbero dovuto sparare contro i loro fratelli.»
Secondo la testimonianza dell'incaricato
di dirigere il servizio di P.S. durante
il comizio tutti e quattro gli imputati
istigarono apertamente alla disubbidienza alle leggi
ed alla diserzione.
Aggiunse pure che
anche gli
onorevoli Turati e Treves, che pure
avevano tentato di portare al comizio
una nota meno scalmanata, furono
fischiati e costretti a tacere.
«L'on. Turati
- continua Di Filippo - sostenne che il comizio
era stato tumultuoso e disordinato al
punto che egli stesso, pur essendo
abituato a superare ogni sorta di
difficoltà per farsi sentire, fosse
stato costretto a smettere e a
rinunciare alla parola; ma aggiunse,
altresì, di non ricordare che durante il
comizio si fosse parlato di rotaie da
svellere.»
«L'on. Treves, escludendo che
alcuno degli imputati avesse istigato a
commettere reati, ebbe a sostenere che
secondo lui, l'intenzione degli imputati
fosse quelle di influire con
manifestazioni popolari sul potere
esecutivo, concetto che, quant'anche
fosse stato da ritenere sbagliato,
poteva essere manifestato liberamente in
un comizio, senza suscitare alcuna
reazione da parte delle autorità, se
queste fossero state rispettose di quel
diritto di libertà di pensiero e di
parola a cui ogni cittadino, in uno
Stato costituzionale, non può
rinunciare.» Per sfuggire al carcere Vincenzo Saitta,
si rifugiò Svizzera; concluso il
processo con l'assoluzione dei quattro
(agosto 1913) Saitta ritornò a Bronte e poco tempo dopo ricoprì per due
legislature la carica di Deputato
provinciale del Mandamento brontese.
Il disegno a destra, tratto dal
quindicinale Il Ciclope
(n. 2° del 28 luglio 1946) rappresenta una gustosa vignetta sull'on. Vincenzo Saitta,
ritenuto colpevole di non essersi molto interessato per l'erezione di un nuovo
monumento
ai
Caduti in Piazza Spedalieri.
La poesia, pungente come l'ortica, è di
Luigi Margaglio:
«Per averne cancellata dal paese la memoria / chè, a cercarli, i loro nomi, non li trovi nella Storia
/ con devota gratitudine, lavorando lesti e muti, / questa effigie in pietra lavica, gli scolpirono i Caduti |
Archivio di Stato di
Catania
Le carte di
Vincenzo Saitta
Tutte le carte dell'archivio dell'Avv. Vincenzo Saitta, che
a testimonianza dell'intensa attività
che ha caratterizzato la sua vita, abbracciano oltre mezzo secolo di storia italiana, nel giugno 2002 sono state depositate all'archivio di Stato di Catania.
Successivamente, nel 2004, sono state inventariate e sistemate in modo organico da Giuseppe Di Filippo che, dopo una prima schedatura analitica, anche al fine di comprenderne la tipologia, l'oggetto, la cronologia, le ha ordinate per argomento.
La schedatura “carta per carta” e l'informatizzazione dell'inventario permettono, ora - come scrive lo stesso di Filippo - di condurre una ricerca tra i documenti dell'Archivio Saitta in modo semplice e con diversi criteri. Le carte, conservate in undici buste, sono state divise in venti “serie” ed ordinate cronologicamente all'interno di esse. Ad ogni serie corrisponde un fascicolo.
In sequenza i numeri indicano la busta, il fascicolo ed il singolo documento. Per ogni documento sono stati indicati, quando possibile, luogo e data di produzione.
L'Archivio Saitta contiene
documenti personali (scritti, poesie e e
liti con varie persone fra cui il
duchino Alessandro Nelson),
corrispondenza (dal 1901 al 1957), giornali e ritagli di giornale
(anche di epoca fascista), il processo di Milano,
carte relative alla professione di avvocato
ed all'attività pubblica, appunti,
promemoria, minute articoli di
giornale scritti da Vincenzo Saitta ed altro,
frontespizi di pubblicazioni con dedica,
poesie, fotografie, carte relative a partiti, organizzazioni sindacali, movimenti, elezioni ecc.,
pubblicazioni a stampa e documenti personali. |
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