Il momento favorevole fu quando l’Emiro Kalbita Ahmas al-Akhal, a seguito di lotte interne con le altre tribù per la gestione del potere locale nell’Isola, chiese il sostegno dei Bizantini contro la dinastia Zirita. Michele IV raccolse l’invito e approntata un’armata composta da mercenari greci, slavi e normanni, l’inviò al comando del generalissimo Giorgio Maniace. Il generale, sbarcato a Messina, in breve tempo la conquistò. Il momento favorevole gli permise in breve tempo la conquista di ben 13 città della Sicilia orientale fino a Siracusa e, a prova della vittoria ivi riportata, spedì a Costantinopoli le reliquie di Santa Lucia. Durante un scontro avvenuto tra Randazzo, Troina e Grotte della Farina (Ghiran ad-Daqiq, meglio note come Grotte dei Saraceni), Giorgio Maniace batté gli Arabi di Abd-Allah e, in suo onore, il luogo della battaglia ne prese il nome. Qui, sempre il Maniace, fondò attorno al 1040, un monastero dedicato alla vergine Maria. Dicono gli storici, per ringraziare il cielo della riportata vittoria contro gli Arabi; di certo, sappiamo che la realtà era ben altra e cioè restituire alla Sicilia il "divinum cultum" facendo leva sul monachesimo basiliano di rito greco. Giorgio Maniace, nonostante le vittorie riportate, venne accusato di tradimento dal comandante della flotta bizantina Stefano e, condotto a Costantinopoli, venne incarcerato. Nel 1042 gli Arabi rioccuparono Maniace distruggendovi quanto realizzatovi, ma portando anche nella zona ricchezza e nuove coltivazioni. Cercarono con lungo studio ogni fonte, ogni vena d'acqua per incalanarla in modo razionale e distribuirla alle terre ed a nuovi impianti industriali per la fabbricazione della carta e della seta. La tradizione vuole che a Bronte furono impiantate dagli arabi anche due cartiere: una posta sulle rive del Simeto, accanto alla sorgente del Malpertuso, successivamente trasformata in Grangia Basiliana, un'altra lungo la valle del Simeto, in contrada Cuntarati a pochi chilometri dal centro, anch'essa per alcuni secoli abitata da monaci che la adibirono a cartiera, lavorazione della lana e conceria di pelli (oggi è la Masseria Lombardo, dove ancora è possibile vedere le vasche di raccolta, i canali di terracotta e resti di strutture in legno). Nel complesso la dominazione araba può essere considerata fra le più felici della nostra storia: nella Valle del Simeto gli arabi trovarono terreno fertile, si integrarono e riuscirono a vivere in perfetta simbiosi con le civiltà preesistenti.
Buoni agricoltori, introdussero la coltivazione di nuove piante (agrumi, pistacchio, cotone, ecc.), costruirono canali di irrigazione e diedero l'avvio all'industria della carta e della seta. Bronte ricavò grandi benefici dalla coltivazione degli agrumi e del pistacchio riuscendo con quest'ultimo a trasformare molto terreno "sciaroso" in campi altamente produttivi. Il Pistacchio, per lo straordinario connubio tra la pianta ed il terreno lavico, ebbe nel territorio di Bronte un grande sviluppo, trasformandone l'economia (di origine araba sono i termini frastùca e frastucàra che rispettivamente indicano il frutto e la pianta). Un gran numero di altre parole arabe presenti nel dialetto brontese dimostrano tracce incontrovertibili dell'influenza araba: ammàtula = invano, ammucciàri = nascondere, annacàri = cullare, balàta = pietra levigata per lastricare le strade, babbalùci = chiocciola, babbu = babbeo, bàgghiu = cortile, bbunàca = giacca, bucàli = caraffa, cafìszu = misura da olio, caiòrdu = sporco, càlia = ceci abbrustoliti, cammìsa = camicia, canziàri= scansare, ddammùsu = copertura a volta, gèbbia = serbatoio per scorte d’acqua irrigua, rraccamàri = ricamare , sàia = canale di trasporto idrico etc.. |