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PIATTI TIPICI

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I piatti tipici brontesi

Chiara tradizione contadina: genuinità ed ingredienti naturali

La cucina brontese è tradizionalmente povera, di chiara ispirazione contadina, collegata alle particolari caratteristiche del clima, della terra e dell'habitat del territorio etneo.

Fatta con ingredienti semplici e naturali, proprio per questo risulta adatta alle esigenze diverse, ricca d’antichi genuini sapori e di pietanze ormai dimenticate. E’ l’espressione di una cultura antica e originale, tipicamente contadina, a volte scandita dallo scorrere del calendario (San Giuseppe, San Nicola, il Venerdì Santo, il giovedì grasso, …) o delle stagioni, frutto di un’economia povera, imperniata sulla cerealicoltura, sulla pastorizia e su poche colture arboree.

Varia ed articolata, è una delle molte attrattive turistiche come è anche dimostrato dalla massiccia presenza di ristoranti, pizzerie, pub, trattorie. E proprio l'abilità dei cuochi brontesi e la loro creatività potrebbero aprire una nuova via di sviluppo intitolata al turismo gastronomico.

Gli ingredienti essenziali dei dolci e della cucina vengono direttamente dal territorio locale: mandorle, legumi, asparagi, erbaggi vari, ficodindia, funghi, ortaggi, olio d’oliva, latte e sopratutto pistacchio.

Quest'ultimo, l'oro verde, trova a Bronte sempre di più un positivo utilizzo nelle ricette della cucina, dove arricchisce ed esalta di nuovi sapori ed aromi la gamma dei piatti tradizionali.

I legumi (verdi o secchi) fanno la parte del leone fra i primi piatti: fave, ceci, fagioli, piselli e lenticchie vengono cucinati ed utilizzati in tutti le maniere (pasta con fagioli, lenticchie e ceci o con broccoli affogati, polenta di farina di ceci, …).

Fino a pochi anni fa, nella ricorrenza della festa di San Nicola, nelle case di Bronte era cucinato, per antica devozione, anche il frumento, bollito e condito con olio d’oliva.

La tradizione contadina ha lasciato anche moltissimi piatti a base di verdure (coltivate o selvatiche).

In un passato non molto remoto per i contadini brontesi le verdure selvatiche hanno costituito una fondamentale risorsa alimentare.

Così troviamo ancora tradizionali piatti quali

- la minestra maritata, una frittura di verdure varie selvatiche (come 'a cicoìna, i giri savvaggi, i bburràìni, 'a costavècchia o 'a sinàpa) cotte e saltate in padella con aglio e peperoncino,

- la minestra di verdure ('a minestra bugghiùta) con il suo abbondante infuso (u broru) condito con olio nel quale inzuppare il pane,

- le frittate di cavuricelli (senape bianca selvatica) o di spicuni o di spàraci (asparago pungente),

- la pasta con i finocchietti selvatici ('i finocchi rrizzi) o con i cimm'i cucuzzi o "u curallùzzo cca finucchìna".

Altri gustosi piatti derivano dall'utilizzo dei "funghi di ferra" arrostiti o dai porcini (molte sono le varietà di funghi che crescono nei boschi brontesi dell'Etna e dei Nebrodi), le cipolle al forno e i peperoni arrostiti.

Caratteristica dei piatti tradizionali e tipici è la "pasta fatta in casa" (in genere tagghjarini o maccarruni) ancora oggi molto presente nelle cucine brontesi:

I maccheroni (maccarruni) sono bastoncini di circa 20 cm., fatti in casa con pasta di grano duro, arrotolati a mano su una tavola di legno ("u scannaturi") utilizzando un filo di giunco per renderli bucati. Si esaltano se conditi con il sugo di coniglio selvatico i di suino nero dei Nebrodi.

La "pasta ‘ncasciata", sono maccheroni conditi con ingredienti di sicura ge­nuinità come i finocchietti selvatici, mollica fritta, tuma, sarde e sugo di pomo­doro.

Le pennette al pistacchio (il frutto viene tritato e rosolato con cipolla, prosciutto a dadini, panna, latte e burro ed altri ingredienti).
Negli ultimi anni il pistacchio è diventato un vero protagonista della cucina brontese, soprattutto nella preparazione di primi piatti (oltre che con le pennette, viene utilizzato anche con  i ravioli ripieni, la pasta fatta in casa con farina e pistacchi (i tagghiarini) e il pesto).

I frascaturi, polenta preparata con farina di ceci con l'aggiunta di  verdu­re miste (in genere cavolfiore ma anche finocchietti selvatici) e pezzetti di carne di maiale.

E' una valida alternativa nei mesi freddi e può essere con­su­mata calda oppure, quando è già fredda, tagliata a strisce e soffritta.

La pasta con il macco (fave secche ammaccate) e finocchietto selvatico.

Gli spaghetti con sparacogni cotti in salsa di pomodoro.

I secondi piatti, che il povero contadino brontese non poteva permettersi o forse sconosceva del tutto, sono molto poveri e rustici.

Oltre a quelli tradizionali e caratteristici, tutti a base di carne (il capretto, il coniglio, l'agnello al pistacchio, la salsiccia condita con il finocchietto selvatico o col pistacchio), cucinati in umido o con salsa di pomodoro, sono da non perdere il castrato alla brace ('u crastagnellu) e la sontuosa Caponata (fatta con melanzane, olive verdi, sedano, zucchine, cipolla, pomodoro e capperi).

Non vogliamo dimenticare, infine, il buonissimo, fragrante pane di Bronte cotto ancora da qualche panificio nei tradizionali forni a pietra.

  

I frascaturi (polenta fatta con farina di ceci)
Involtini di carne con pistacchio di Bronte

Sopra un gustoso piatto di fra­scaturi (una polenta fatta con farina di ceci, verdure e pezzetti di carne) e, nelle altre foto, uno de­gli ingredienti classici della cucina brontese:  il verde pistac­chio di Bronte, qui utilizzato sui macche­roni e negli involtini di carne.
Nelle due foto seguenti una gu­stosa teglia di «pasta 'ncasciata» (maccheroni conditi con i finoc­chietti selvatici, mollica fritta, sar­de, tuma e sugo di pomodoro) ed una scodella di fave fresche di Bronte, pronte per essere buttate in pentola.

Per chi viene a Bronte sono da non perdere il castrato  ('u crastagnellu) o la salsiccia "cunsata" alla brace.

"A finucchina", una verdura coltivata negli orti di Adrano (è il finocchio ancora giovane)

'A finucchina

Nelle cucine brontesi è trasforma in una vera leccornia. Cucinata in vari modi raggiunge l'apice con il tradizionale "curalluzzu cca finuc­china"; nessun brontese può dimenticare «u sucu cchì sparacògni» ma anche questo piatto contadino, semplice e prelibato non si scorda facilmente.
 


Primi piatti al pistacchio di Bronte

'I sparacogni

L'erba "communis" ma preziosa

Parlando di cucina brontese, gli "sparacogni", una varietà di erba selvatica somigliante all’asparago che cresce spontaneamente nei boschi e nelle sciare, meritano una particolare menzione.

Il suo nome volgare varia da Tamaro a Tanno, a Cerasiola o a Viticella; il suo nome scientifico è "Tamus communis L." ma nel dialetto brontese si chiama semplicemente «sparacogna» e rappresenta senza dubbio l'erbaggio più apprezzato ed una tradizionale, secolare, prelibatezza nella gastronomia brontese.

Si tratta di una pianta erbacea perenne della famiglia delle Discoreaceae, caratteriz­zata da radici tuberose e da sottili e flessuosi fusti rampicanti che crescendo si attorcigliano in senso destrorso.

Si raccolgono le parti apicali (turioni) dei getti emessi alla ripresa vegetativa della pianta.

Tali turioni, la cui porzione commestibile è piuttosto lunga (15-20 cm), sono dotati di costole di colore verde scuro tendente al marrone e sono rivestiti dagli abbozzi fogliari.

Non si tratta di un prodotto tipico della nostra zona, crescendo, forse sconosciuto o non considerato commestibile, fra le macchie e le siepi o nelle radure e nei sotto­boschi di quasi tutta l'Italia.

Ma la cultura antica e originale, tipicamente contadina, dalla quale deriva la cucina locale ha utilizzato e trasformato proprio il suo caratteristico sapore leggermente amarognolo in primi piatti e contorni originali e gustosi.

Si consumano le parti apicali anche se rivestiti dagli abbozzi delle foglie ed hanno un forte sapore amaro-saligno.

I brontesi vanno pazzi per quest’erba che cresce spontanea in primavera (febbraio-aprile) fra le sciare dei pistacchieti ("i lochi") o nelle radure e nel sottobosco dei Nebrodi, ma anche in Piemonte, Toscana o Emilia dove, non avendo alcuna concorrenza i brontesi ivi residenti ne fanno scorpacciate.

Oltre alla ricerca e alla raccolta "personale", a Bronte esiste anche una figura profes­sio­nale - "u sparacugnaru" - che ricava da vivere raccogliendo questa specie di asparago selvatico anche in territori lontani dalla città (persino in Calabria) e rivendendolo poi per le vie cittadine sempre con discreto successo ed ottimi guadagni.

Dagli "sparacugnari" la preziosa erba viene venduta "a mazzi", per le strade e nei negozi di orto-frutta, a 4,00 - 8,00 euro cadauno.

L’unità di misura è "u mazzu" (il mazzo) che equivale, in genere, a tutti i fili di spara­cogni che può contenere la mano.

Per il loro sapore amarognolo sono particolarmente apprezzati dai buongustai e prefe­riti a quelli dell’Asparago spinoso e del Pungitopo; quelli raccolti nei Lochi (le sciarelle del territorio brontese coperte di pistacchieti) sono poi particolarmente ricercati dagli amanti della buona tavola per la spiccata intensità del sapore amarognolo e la consistenza.

Il "Tamus communis" (volgarmente Tamaro, per i brontesi  'a sparaco­gna). I suoi turioni sono nettamente preferiti a quelli dell’Asparago spi­noso o del Pungitopo. Si vendono "a mazzo" che corrisponde all'in­circa a quanto può contenerne un pugno. Si consuma solo la porzione apicale dei nuovi getti emessi in primavera che si presentano costoluti, di colore verde scuro tendente al marrone, molto appuntiti e rivestiti dagli abbozzi foliari. 'I sparacogni, per tutti i brontesi, costituiscono il piatto principe della propria cucina, tanto che molte famiglie ne tengono sempre una buona scorta nel congelatore per le occasioni speciali.

Oggi sono presenti come specialità anche nei menu di tutti i ristoranti e pizzerie brontesi.

 

'I sparacogni sono utilizzati particolarmente nella prepa­razione di salse per il condimento della pasta o fritti con l’uovo o anche come contorno o nelle tradizionali frittate.
Leggermente sbollentati, si prestano agevolmente anche per essere conservati nel congelatore.

Possono essere utilizzati in cucina, in vari modi:

1) come condimento, in bianco, per la pastasciutta; a tal fine, si sbollentano in acqua, si soffriggono con un po’ di cipolla, sale ed olio, quindi si aggiungono alla pasta. Questa ricetta è apprezzata da coloro che non gradiscono il caratteristico sapore della Sparacogna (al singolare diventa femminile) che viene leggermente attenuato dalla sbollentatura;

2) come condimento “rosso” per la pastasciutta; gli sparacogni vengono cotti nel loro stesso umore con l'aggiunta di pomodoro fresco, olio e sale e, se si vuole raggiungere l'apice, anche "spuntagghj" di maiale; il tutto si mescola alla pasta, cotta a parte.

3) come piatto di verdura: cotti senz’acqua, con l’aggiunta di aglio, olio e peperoncino.

4) come frittata farcita, detta, localmente ‘mfurrazzata; questa si prepara sbollentando gli sparacogni in poca acqua e poi soffriggendoli con l’aggiunta di peperoncino ed aglio. A parte, con uova, formaggio e sale, si prepara una frittata e quando quest’ultima è cotta al punto da essere ben consistente, su una metà di essa, si pone la verdura sbollentata e vi si rivolta sopra l’altra metà.

Insomma, sconosciuta o snobbata in quasi tutta l'Italia, a Bronte 'a sparacogna (selvaggia, orgogliosa, affusolata, elegante, sinuosa come una bella donna che avvince con le sue foglioline di edera) raggiunge l'apice del gusto e della buona cucina. E i brontesi ringraziano per questo gratuito dono Madre Natura.
(nL)
Maggio 2009

Le ricette col pistacchio di Bronte

TRADIZIONI


        Piccolo vocabolario brontese di N. Lupo

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