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Chiesa della SS. Trinità

Mausolei e lapidi

L'ESTERNO - L'INTERNO - ALTARI DEL CROCIFISSO E DEL PURGATORIO - MAUSOLEI E LAPIDI - SAGRESTIA

All'interno della chiesa, distribuiti sulle pareti delle navate laterali e nelle cappelle sono appoggiati numerosi mausolei costruiti con marmi policromi pregiati e dedicati ad illustri brontesi (in genere preti).
Spiccano quello del vescovo Mons. Giuseppe Saitta (eretto nell'1838, si trova nella navata di sinistra, adiacente all'in­gres­so secondario della chiesa), del nobile Nicola Spedalieri, di Vincenzo Pace, (posto nella navata destra), dell'arciprete Placido Dinaro (eretto in una cappella della navata sinistra), e di Vincenzo Uccellatore (anche lui arciprete, eretto nella cappella del Sacro Cuore della navata sinistra).


Giuseppe Saitta

Mausoleo dedicato al vescovo Giuseppe SaittaIl mausoleo dedicato al vescovo di Patti mons. Giuseppe Saitta, fu eretto a spese del fratello Leone e si  trova nella navata di sinistra, adiacente al­l'in­gres­so secon­dario, della chiesa.

La lunga iscrizione scolpita sulla lapide, elogiativa ma certamente veritiera, così recita:

«JOSEPHO SAITTA  / MONTEREGALI PRIMUM POLITIORUM LITTERARUM / DEIN TEOLOGIAE PROFESSORE  / AC STUDIORUM MODERATORI DOCTISSIMO / PACTARUM PONTIFICI
OB B OMNIGERARUM EXEMPLA VIRTUTUM
OB INGENIIACIEM ET MAGNITUDINEM
MULTIGENANQUE ET PENE INCREDIBILEM
DOCTRINARUM VARIETATEM ET SAPIENTIAM
ET SACRAE ELOQUENTIAE NOBILITATEM
OB ENIXUM REI LITTERARIAE ET CIVILIS STUDIUM
QUO FERVENS DISCIPULORUM ANIMOS EXCITABAT
DE LITTERATORUM HOMINUM OFFICIO
 SANCTISSIME SENTIENS / EOSQUE PATRIAEI RELIGIONI AC SCIENTIIS DEVINXIT
IN GRATI ANIMI SIGNIFICATIONEM FRATER LEO SAITTA /  HOC MONUMENTUM ERIGENDUM CURAVIT
ORTUS EST. XIX KAL. FEB. MDCCLXVIII / OBIIT XII KAL IULII MDCCCXXXVIII»(1)



Vincenzo Pace

Un altro piccolo mausoleo è dedicato a Vincenzo Pace, "laboriosissimo viro patri sponsoque diligen­tis­simo", morto nel 1849.
Il monumento sepolcrale fu eretto nel 1859 dai figli e dalla moglie, è in marmi policromi scolpiti e, murato a parete, è posto nella terza campata della navata destra, accanto all'ingresso di via San Giuseppe.

Una lapide in basso porta la seguente iscrizione

«D. O. M.
VINCENTIO PACE
LABORIOSISSIMO VIRO PATRI SPONSOQUE DILIGENTISSIMO
ATQUE SUI PROXIMI AMANTI / EIUS NATI UXORQUE HOC DICARUNT MONUMENTUM / EJUSQUE CINERES HIC CURAVERUNT LOCARI
OBIIT DIE VII FEBBRUARII / ANNO MDCCCLIX»(2).

Oltre ai dati riportati dall'iscrizione, che fu cioè uomo laboriosissimo, sposo e padre diligentissimo ed amante del prossimo, non siamo in grado di fornire nessuna ulteriore informazione su questo Vincenzo Pace.



Nicola Spedalieri

Al nobile Nicola Spedalieri (anche lui, seguendo l’esempio del Filosofo, cambiò il cognome originario 'Spitaleri' in 'Spedalieri' e così lo trasmise ai suoi discendenti) è dedicata la lapide, murata nella parete adiacente all’ingresso della sagrestia, nella navata sinistra. E' del 1831 e reca la seguente dicitura:

«(A) (O) / Nicolao Spedalieri / viro antiquae virtutis ingenj singularis / summae in rebus agendis fidele et dexteritatis / qui vixit anni XC mens(es) III et dies IV / Deo atque patria optime meritus / omnibus publicis muneribus in Deum benignus in egenos»(3).

Questo Nicola Spedalieri (o Spitaleri, come risulta in alcuni documenti, nato nel 1741 e morto nel 1831), fu sindaco di Bronte nel 1803, grande beneficiario della Chiesa Madre ed era cugino di terzo grado, tangente il quarto, con il più noto omonimo filosofo Nicola Spedalieri. A sue spese nel 1799 fu restaurato l'ingresso principale della Matrice.



Vincenzo Uccellatore

Il mausoleo eretto nel 1805 in memoria di Don Vincentius Uccellatore, protono­tario apo­stolico (una carica onorifica papale), arciprete nel 1795 e "parochus oppidi Placae Bajanae", morto nel 1805 a 74 anni.

Fu rettore del Real Collegio Capizzi dal 1783 al 1787.

E' anche ricordato per aver contribuito con do­nazioni al completamento della costruzio­ne del Collegio Maria, iniziata da donna Maria Sca­fiti.

Per ricordarlo, la lapide murata in basso inizia con la scritta «Hic jacet qui retribuit bona pro malis».

Padre Gesualdo De Luca nella sua "Storia della Città di Bronte" lo ricorda «per la gran­dez­za e generosità del suo animo, pei suoi grandi disegni a favore della patria».

Sul monumento, posto all'interno della cappella del Sacro Cuore di Gesù (terza della navata sinistra), in marmi policromi, è scolpito l'emblema da protonotaro apostolico.

In basso la lapide reca la seguente dicitura:

«D. O .M. / HIC JACET QUI RETRIBUIT BONA PRO MALIS  / S. T. DR. D. VINCENTIUS UCCELLATORE ARCHIPRESBYTER BRONTIS PAROCHUS OPPIDI PLACAE BAJANAE, / PRIMUS S. CATARINAE SENENSIN BENEFICIALIS , JAM / PROVICARIUS ET PROVISITATOR GENERALIS MUNERE / BONI PASTORS IS FUNCTUS ANIMAM SUAM DEBIT / PRO OVIBUS SUIS SEPTIMO IDUS OCTOBRIS MILLESIMO OCTINGENTESIMO QUINTO, AETATIS / SUAE SEPTUAGESIMO QUARTO IN DOMINO REQUIEVIT»(4).

Nella stessa Cappella, sulla parete di sinistra accanto al mausoleo di Vincenzo Uccellatore, risalta in una losanga un piccolo mosaico in marmo bianco con la figura del pellicano, simbolo dell'eucaristia: con le ali aperte e con il becco ripiegato verso i suoi piccoli li nutre con il suo sangue.

E' un antico simbolo cristiano dell’Euca­restia: come il pellicano nutre con il suo corpo i suoi piccoli, così Gesù, “nostro pellicano”, come lo chiama Dante, ci nutre con il suo corpo e il suo sangue, in un supremo atto d’amore.



Placido Dinaro

Il mausoleo di Placido Dinaro, morto all'età di 91 anni il 26 agosto del 1795, in marmi policromi scolpiti, è posto alla destra dell'altare nella cap­pella del Sacro Cuore di Gesù (terza della nava­ta sinistra).

«Dotto e pio arciprete», per il Radice; di lui il frate padre Gesualdo De Luca scrive che fu "virtuosissimo sacerdote e vigilante Arciprete, fu in conto di uomo dotto e santo. Lo stesso Venerabile Ca­pizzi lo appellava santo nasco­sto. Il suo favel­lare da sacro oratore era efficace e soavissino".

Fu uno degli otto primi Deputati nominati dal Capizzi per amministrare il nascente Collegio. Agostino Attinà lo ha ritratto fra gli "Uomini illustri di Bronte" (al n. 7), il grande quadro (280x193, del 1874) appeso nella parete centrale dello sca­lo­ne d'in­gresso che porta al­la dire­zione del Real Collegio Capizzi.

Nella parte alta del monumento sepolcrale (del 1795), è inserito in un ovale il ritratto di Placido Dinaro (un olio su tavola).

La lapide in basso riporta la seguente dicitura:

«D. O. M. / HIC IACET / ABBAS S. T. D. ARCHIPRESBYTER / D. PLACIDUS DINARO / PATRIAE DECUS / MORIBUS INGENIO AC LENITATE / NULLI SECUNDUS / ELOQUIO PENE DIVINUS / STUDIOSISSIMUS GRECIS CUSTOS / QUI POST INGENTES ATQUE ASSIDUOS / IN OBEUNDO PASTORIS MUNERE / EXANTLATOS LARORES / NOVAGESIMUN PRIMUM ANNUM AGENS / SEPTIMO KAL. ..BRIS DECESSIT / ANNO 1795»(5)



Le Indulgenze del 1781

Nella parete del lato destro della terza cappella della navata sinistra, del Sacro Cuore di Gesù, è murata una  lapide in marmo commemorativa delle indul­genze concesse da Pio VI nel quarantesimo della Penitenzieria Ecclesiastica "con il sigillo del Sacro Anello del Pescatore il 26 gennaio 1781". Reca la seguente iscrizione:

«PIUS VI P[ontifex] M[aximus] AD PERPETUAM REI MEMORIAM /
OMNIBUS CHRISTI FIDELIBUS, SANCTISSIMI SACRAMENTIS REFECTIS, ET ORANTIBUS HIC MODO SOLITO / IN FERIA VI POST OCTAVAM CORPORIS CHRISTI ET IN DOMINICA III A FEBRUARII CUJUSLIBET/ ANNI INDULGENTIAM PLENARIAM / CONCESSIT IN RELIQUIS VERO TERTIIS DOMINICIS SEPTEM ANNOS, ET TOTIDEM / QUADRAGENAS DE ECCLESIASTICIS POENITENTIIS RELAXAVIT ROMAE / APUD S[anctum] PETRUMSUB ANNULO PISCATORIS DIE XXVI JANUARII MDCCLXXXI»(7)



Pasquale Aidala

Un’altra lapide sepolcrale, murata a parete nella navata sinistra, quinta campata, è dedicata al sacerdote Pasquale Aidala, morto il 6 Febbraio 1836. Risale allo stesso anno e porta la seguente dicitura:

«D. O. M. / HIC JACET SAC(erdos) PASCALIS AIDALA
QUI MAJORIS AEDITUI OFFICIO IN HAC MATRICI AECCLESIA
LAUDABILITER FUNCTUS ANNUM AGENS
SEPTIMUM SUPRA TRIGESIMUM / POSTRIDIE NONAS FEBRUARII
OMNIUM MOEROBE OBIIT ANNO D(omi)NI MDCCCXXXVI»(6).

Oltre a quello che ci ricorda la lapide, che esercitò lodevolmente i maggiori uffici in questa Madre Chiesa per 37 anni e che col cordoglio di tutti si spense il 6 febbraio 1836, non siamo riusciti a trovare nessuna ulteriore notizia di questo sacerdote.



La sagrestia

La piccola campana in bronzo, appesa nella navata sinistra accanto all’ingresso che immette nella sagrestia, annuncia l'inizio delle cerimonie religiose da quasi 5600 anni: è del 1581; tale data ci è ricordata da un’iscrizione incisa nella fascia superiore: «Salvador mundi Deus 1581».

All'interno, nella parete di ingresso, è posto un prezioso armadio in legno intagliato e scolpito, a due corpi tripartiti da lesene, con ante nel corpo inferiore e ante su cassetti nell'alzata. Finemente decorato con figure mitologiche e fronde nelle lesene, motivi fitomorfi nelle cornici degli sportelli e dei cassetti e girali vegetali nei fregi, risale probabil­mente agli inizi del 1700.

Nel corso del tempo ha avuto successivi rifacimenti ma conserva ancora intatti i segni dell’antica manifattura. Con una larghezza di quasi cinque metri ed un’altezza di 2,50 copre tutta la parete e continua dopo tre secoli a servire egregiamente all'uso liturgico per cui era stato costruito dagli artigiani brontesi.

Appesi alle pareti dello stesso vano della sagrestia, trovasi i ritratti degli arcipreti che si sono susseguiti nella guida dalla Parrocchia e, nella parete di fondo, un dipinto di San Biagio della prima metà del secolo XVIII.

«E’ bello il quadro del S. Patrono che trovasi alla parete in cornu Evangeli» scrive il Radice. L’olio su tela (142 cm per una larghezza di 102) è di autore ignoto.

Fra i quadri della sagrestia ricordiamo l’olio su tela (del 1890, di Nunziato Petra­lia, 95 cm per 70 di larghezza) con il ritratto di Giuseppe Minissale (arciprete e parroco dall'8 Dicembre 1880), appeso sulla parete destra. Un’iscrizione docu­men­taria dice «Al reverendo signor Giuseppe Minissalo arciprete Bronte» e, in basso a destra, «Petralia pinse 1890».

Sulla stessa parete in un altro quadro del 1897 (115 cm per 80 di larghezza) è raffigurato l’arciprete Giuseppe di Bella (arciprete e parroco dal 29 giugno 1891, rettore del Real Collegio Capizzi dal 1862 al 1879, morto il 5 febbraio 1897).

Un’iscrizione in basso ricorda la sua figura:
«Archipresbiter Joseph Di Bella, ingenio, doctrina, pietate ac prudentia / laudem emeruit collegium Capizzi XVIII annos solertiter rexit, ac in eo / matescos ac literas latinas egregie docuit, parochus electus 1891 / animarum bonum ac decorem domus Dei ex animo promovit defletus / ab omnibus, obiit in Domino die V februarit 1897 aetatis suae 66» (8)

Nella chiesa della Matrice si conserva anche un piccolo quadro che la tradizione vuole sia stato dipinto dal filosofo Nicola Spedalieri.

Ecco cosa scrive in merito il Radice: «…è notevole un Cuor di Gesù dipinto nello sportellino del tabernacolo e la bella testa della Vergine, ammirevole per la finitezza del colorito e l’espressione dolce del viso. E’ conservata in una custodia di vetro. Il De Luca dice sia opera del filosofo Spedalieri…»

Molti sono anche gli oggetti preziosi, di carattere religioso o cerimoniale, di proprietà della chiesa, alcuni risalenti anche ai primi anni del 1600, dono di benefattori e di mecenati ma anche di poveri contadini e di pastori che, a volte, lasciavano i propri averi a beneficio della Matrice.

Oggetti in oro o lamina d’argento, sbalzato e cesellato, quali ostensori, calici, patene, croci d’altare, candelieri, lampade pensili, servizi di car­taglorie, vasi (uno, in argento sbalzato e cesellato, del messinese Francesco Bruno risale al XVII secolo), candelieri, bacili, brocche; od anche sedie in legno intagliato, o preziosi indumenti sacri (di vari mate­riale, manifattura ed epoche) quali pianete, stole, mantelli, paliotti (uno di fine 1600, della bottega palermitana di Michele Rizzo, è in argento in lamina, sbalzato, traforato e cesellato), e baldacchini, ombrellini e stendardi o tovaglie d’altare.

Date uno sguardo, nella processione del Venerdì Santo, al manto che copre la statua della Madonna Addolorata: è ricoperto da centinaia di oggetti d’oro e d’argento (anelli, collane, braccialetti, pietre preziose) dono o ex-voto d’ignoti fedeli.

Dovrebbero anche essere conservati nella chiesa della Matrice anche le tre pianete cardinalizie ed il messale con statue in avorio, donati alla chiesa dal Card. Antonino Saverio De Luca Nunzio apostolico alla Corte di Francesco Giuseppe e  "Papa mancato" nel 1878. Gli oggetti gli erano stati regalati dall'Imperatrice d'Austria.


NOTE:

(1) «Giuseppe Saitta / fu prima cultore di lettere a Monreale, quindi professore di teologia e dottissimo Direttore degli studi. Fu vescovo di Patti dotato di ogni esemplare virtù, di ingegno, e magnificenza; incredibile nell’operare e nella fatica. Invogliava ed inculcava fervore nell’animo dei discepoli con la diversità e la sapienza della dottrina e con la nobiltà della sacra eloquenza. Con saggio giudizio eleggeva gli insegnanti di lettere, di religione e di scienze. Con animo grato il fratello Leone Saitta volle erigere questo monumento. E’ nato il 14 gennaio 1764 – Morì il 20 giugno 1838»

(2) «D.O.M. (Deo Optimo Maximo, a Dio Ottimo Massimo) / Vincenzo Pace / Uomo laboriosissimo, sposo e padre diligentissimo ed amante del prossimo. I suoi figli e la moglie gli dedicarono questo monumento ove con cura deposero le sue ceneri. Morì il 7 febbraio 1859»

(3) «Α - Ω / A Nicola Spedalieri, 1741-1831 / uomo di solida virtù, di ingegno straordinario, perseverante ed esemplare nella pratica della fede. Visse 90 anni, 3 mesi e 4 giorni. Assai benemerito di Dio e della Patria, avendo ricoperto, in modo integerrimo, tutti i pubblici uffici. Pio verso Dio, generoso coi bisognosi, ospitale con tutti. Morì con gran dolore dei suoi cari l’11 dicembre 1831. I figli Gioacchino, Giuseppe, Luigi, Carmelo, Gaetano, e la figlia Maria, fecero per amore al padre dolcissimo di beata memoria questo monumento».
Questo Nicola Spedalieri, cugino di terzo grado del Filosofo Nicola Spedalieri, deve essere considerato il reale Capostipite degli Spedalieri di Bronte e di Sicilia.
Lui infatti, seguendo l’esempio del Filosofo, cambiò il cognome in Spedalieri e lo trasmise ai suoi discendenti.
Il Filosofo aveva due fratelli e due sorelle. Dei fratelli, Erasmo era come lui sacerdote e come lui celibe. Giuseppe fu il padre del Fisiologo Arcangelo Spedalieri e di un altro Giuseppe, medico. Questo Giuseppe si trasferì nel Napoletano e i suoi discendenti si propagarono in Campania e in Calabria. Arcangelo andò a Milano; i discendenti di quest’ultimo si trasferirono poi in Argentina. Resta provato quindi che il Nicola Spedalieri della Chiesa Madre sia il Capostipite degli Spedalieri di Sicilia.

(4) «D.O.M. / Qui giace colui che rese bene per male, Dottore di Sacra Teologia Don Vincenzo Uccellatore Arciprete di Bronte e Parroco del casale di Placa Bajana. Prima fu beneficiario (della chiesa)a) di S. Caterina da Siena, quindi coprì la carica di Protonotaro Apostolico. Da buon pastore offrì l’anima sua per le sue pecorelle il 7 ottobre 1805. Riposò nel Signore all’età di 74 anni».

(5) «D.O.M. / Qui giace l’Abate Dottore di Sacra Teologia Arciprete Don Placido Dinaro, decoro della patria; nei costumi, nell’ingegno e nella pazienza a nessuno fu secondo. Fu dotato di eloquenza divina e fu esperto nella cultura greca. Dopo essersi dato con assiduità all’ingente opera pastorale, consumato da lungo travaglio morì all’etá di 91 anni il 26 agosto 1795». (Va notato che Don Placido Dinaro era lo zio materno del Filosofo Nicola Spedalieri. Il 25 ottobre 1739 lui fu uno dei testimoni al matrimonio della sorella Antonina Dinaro con Vincenzo Spitaleri, i genitori del filosofo).


 

San Biagio (Matrice Bronte)

Nelle foto sopra, l'armadio del 1700 in legno scol­pito della sa­gre­stia e  tre partico­lari;  la pic­cola cam­pa­na in bron­zo po­sta all'uscita della sacre­stia (risa­le al 1581 ed è ancora "in ser­vi­zio") e il qua­dro di S. Biagio,  Patrono di Bronte, espo­sto nel­la parete di fondo della sacrestia.


 

Appesi alle pareti della sagrestia, trovasi i ritratti degli arcipreti che si sono susseguiti nella guida dalla Parrocchia. Ve ne presentiamo alcuni: sopra, da sinistra, gli arcipreti D. Placido Dinaro (1705-1795) proto­notaro apostolico, arciprete e parro­co dal 1753 al 1795 (vedi Mausoleo nella stessa chiesa), Giu­seppe Minissale (arciprete dal dicembre 1880 al 1890, il qua­dro è di N. Petralia), Giuseppe Di Bel­la, e Luigi Longhi­tano. Il sac. Giusep­pe Di Bella, arciprete dal giu­gno 1891, è stato anche rettore del Collegio per 18 anni (dal 1862 al 1879).

Nelle tre foto sotto: padre Antonino Marcantonio (il quadro è opera di Rosetta Zingale), mons. Antonino Longhitano (arci­prete dal 1989 al 2000) e padre Vincenzo Saitta (dal 2000 al 2013).


 

Fra gli innumerevoli, pre­gevoli oggetti ed arredi di proprietà del­la Matrice vi mostriamo una pianeta della seconda metà del 1700; (la tra­ma flo­rea­le è in ar­gen­to filato), il cielo di un bal­dacchino  (seta ricamata con oro e argento) utilizzato nelle  pro­ces­sioni del Corpus Domini, un antico stendardo proces­sio­na­le dell'an­tica Confraternita del SS. Sacramento (prima metà del 1800), un turibolo (in argento sbalzato, cesel­lato e trafo­rato, fat­to a Catania del 1753) ed alcune corone di statua del XVI e XVII secolo.





 

(6) «D.O.M. / Qui giace il Sac(erdote) Pasquale Aidala il quale esercitò lodevolmente i maggiori uffici in questa Madre Chiesa per 37 anni. Col cordoglio di tutti si spense il 6 febbraio 1836»

(7) «Pio VI P(ontefice) M(assimo) a perpetua memoria / A tutti i fedeli di Cristo, che riceveranno i Santissimi Sacramenti e pregheranno in questa chiesa nel modo prescritto nel sesto giorno dopo l’ottava del Corpus Domini e nella terza domenica di Febbraio, di ogni anno, concede l’indulgenza plenaria; nelle altre terze domeniche (concede) 7 anni (di indulgenza), alle stesse condizioni. Rilasciato a Roma nel quarantesimo della Penitenzieria Ecclesiastica con il sigillo del Sacro Anello del Pescatore il 26 gennaio 1781»

(8) «Giuseppe Di Bella Arciprete. Uomo di ingegno, dottrina, pietà e prudenza. Lode gli meritò la solerzia con cui resse per 18 anni il Collegio Capizzi ove egregiamente insegnò metrica e letteratura latina. Eletto parroco nel 1891 si dedicò al bene delle anime e di cuore promosse il decoro della casa di Dio. Pianto da tutti morì nel Signore il 5 febbraio 1897 all’età di 66 anni»

(traduzioni dal latino e note di Bruno Spedalieri)
 

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