E E (cong.) = e | Mèttiti a magghja 'n canni e a cammisza (indossa la canottiera e la camicia).
E (prep. art.) = ai, agli, alle | Si cuccà e reci e si suszì e cincu (si è coricato alle dieci e si è alzato alle cinque) | Cciù rissi e so frati e a sso soru (lo ha detto ai suoi fratelli ed alla sorella) | A volte "E" è la contrazione di eiu (da aiu, da habeo) quando per formare il futuro si unisce con un infinito (e-ffàri, da eiu-e-ffàri = devo fare; e-ddìri, da eiu-e-ddìri = devo dire) e quando per formare il passato prossimo si unisce con un participio passato (e-fàttu = ho fatto; e-rìttu = ho detto). (S.T.) Ebba = erba | Ndò me locu non cc’è mancu un firu r’ebba (nel mio pistacchieto non c’è nemmeno un filo d’erba) | ‘A mara ebba non mori mai (non c’è disserbante che tenga) | Non èssiri ne ebba ne lavuri (indefinibile, non essere ancora maturo) | Ebbi Janchi (Erbe bianche, contrada delle campagne brontesi). Ebbanìsta = mobiliere, falegname specializzato nella lavorazione dell’ebano e nella costruzione di mobili. (aL) |
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Eccìdiu = eccidio | Il pensiero va subito ai Fatti di Bronte. Agli eccidi perpetrati dai rivoltosi (16 vittime) e dal luogotenente di Garibaldi, Nino Bixio, che fece fucilare 5 brontesi dopo un sommario processo. Ecclissi = disastro, avvenimento luttuoso. Eccommu = eccome, altro che. "Eccommu s'è ticchiu! Màngia suru ficarìndia cu pani". Efora = antichissimo lemma greco: fuori. Usato per dire “in campagna, fuori paese”. (M. R.) | Ma undi ha statu? Efòra? Érunu = erano. Esposti (da esporre)= neonati non riconosciuti e abbandonati dai parenti per essere raccolti dall carità pubblica. Per evitare che i bambini venissero lasciatio nelle strade o nelle campagne e divorati spesso da cani o da altri animali randagi, esisteva presso il Monasero di Santa Scolastica la cosiddetta Rrota ri projetti (o degli “esposti”). Ricevute le prime attenzioni dalle monache, battezzati, i piccoli (incogniti, figli della Ruota) erano affidati alle nutrici (quasi sempre alle stesse madri) con una paga mensile che corrispondeva l'Ospedale Grande e Nuovo di Palermo. La prassi delle madri che abbandonavano in maniera fittizia i loro bambini, per andare poi a riprenderseli assieme alla paga riservata alle nutrici era ovviamente una frode che consentiva però alle famiglie di vivere un tantino meglio. Giorgio Bocca, nel suo libro “L’inferno”, scrive che a Bronte prima del 1860 gli amministratori locali (quasi sempre ducali), tenevano a spese del Comune 38 balie per allattare i bastardi. Éssiri = essere (verbo) | Éssiri 'n sì (o ndò sì), essere di buon umore, disponibile a compiacere | A cchi simmu?, a che punto siamo? Non simmu a nenti! Non simmu nenti! | Ora sì chi ci simmu, ora sì che siamo d’accordo o riusciti a completare l’opera | Ora siti a cavallu, ora siete in una situazione favorevole | Ci amm’a èssiri! (putroppo, anche a se malincuore, questa cosa dovremo farla); commu fu fu! (comunque sia andata); fusti tu! (sei stato tu!); cu fu fu! (chiunque sia stato) | Ci ricorda N. Russo che latino, siciliano e brontese, diversamente dall’italiano, amano mettere il verbo alla fine: bruntiszi sugnu! Natri fummu! Est (o esti): 3 sing. pres. ind. del verbo èssiri: I sugnu, tu si, illu est, natri simmu, vatri siti, illi sunu | Alcune frasi: Tu fusti? Veru esti! (sei stato tu? E' vero!); Undè Braszi? Cuccatu est! (dov'è Biagio? E' coricato!) | Tutti i brontesi, con una punta di malizia, sanno poi da sempre che Bronti esti cchiù randi, ma Marettu esti cchiù bellu! Ma lo sanno solo loro e forse gli amici di Maletto, gli altri difficilmente capiscono il doppio senso della frase. (vedi) | 'A rrota ri projetti
I sugnu, tu si, illu est, natri simmu, vatri siti, illi sunu |
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